La Lettura, 3 giugno 2018
Foto di famiglia (con ritocco). Wolf , l’altro papà di Pingu
«Un giorno, per caso, sfogliando le pagine di un libro trovammo le nostre facce. Fu una sorpresa: c’era un cane che non abbiamo mai avuto; mio padre aveva i capelli che aveva perso da tempo e io ero una bambina. Tutto il resto è casa: lui in poltrona che fuma la pipa, mio fratello con lo stesso pigiama che indossava la sera, davanti al camino, e mamma a vigilare su tutti». Questo disegno speciale (in alto a destra in questa pagina), pubblicato nel cartonato della celebre enciclopedia per bambini Tante domande tante risposte (ultima edizione: Dami, 2016), è di Antonio Lupatelli, in arte Tony Wolf, illustratore di personaggi per ragazzi come Pingu e Pandi e di altre indimenticabili creature delle Storie del bosco, scomparso lo scorso 18 maggio a Cremona. «Un disegnatore normale, tranquillo», amava definirsi lo stesso Tony Wolf, celebrato fino al 10 giugno nella mostra Ciao ai Musei di Nervi, nelle sale genovesi delle Raccolte Frugone a Villa Grimaldi Fassio, accanto ai più importanti illustratori contemporanei.
Luca Lupatelli, oggi professore di 57 anni, è il figlio ritratto come una femmina nel disegno della famiglia, a significare forse il desiderio per una bambina che non arrivò. Cremonese d’adozione, nato nel 1930, la carriera di Tony Wolf comincia con gli schizzi a matita sui banchi di scuola: «Papà si era iscritto a geometri – racconta Luca a “la Lettura” —. A scuola, però, disegnava sui bordi dei libri invece di seguire le lezioni». All’inizio ci furono le illustrazioni per il giornalino dell’oratorio di Sant’Agata, a Cremona, i disegni per le etichette dei vestiti, poi le prime occasioni che contano. Lupatelli venne chiamato prima dai fratelli Toni e Nino Pagotto a Milano per disegnare gli storyboard dei filmini del cinema e poi da Dami Editore (oggi nel Gruppo Giunti).
«Papà – dice Luca – raccontava che si sentiva ancora un novellino, mentre cominciava pian piano a inserirsi nell’ambiente». Collaborò anche alla Fabbri per alcune pellicole da 36mm che raccontavano le fiabe con il proiettore. Nel frattempo Antonio diventò Tony e Lupatelli Wolf («lupo»). E con Tony Wolf arrivarono i disegni di Pingu e una certa popolarità, il lavoro fitto, la testa china sulla scrivania e la luce dello studio che si spegneva solo per qualche ora. Il tempo di dormire per poi ricominciare: «Papà se ne stava sempre nel suo studio, alla scrivania di legno, la matita in mano anche quindici, sedici ore al giorno; non si stancava mai».
Tony aveva modelli chiari, come l’illustratore olandese Dick Bruna, padre della coniglietta Miffy. Lupatelli si era ispirato a lui per disegnare Pandi: un personaggio ideato dalla Dami a cui lui diede un volto, un panda-bambino che gioca spesso da solo, soprattutto con la fantasia. Diversa la storia che lo lega a Pingu: in quel caso l’editore Dami gli chiese di fare i disegni a partire da una serie animata scritta dal regista tedesco Otmar Gutmann e trasmessa in tv nel 1986. Protagonista un pinguino spiritoso, era una serie innovativa: non c’erano parole ma suoni, usava la tecnica della plastilina animata, trattava temi allora inusuali come la morte del nonno e rappresentava un padre che lavorava a maglia. In Italia usciva in quegli anni il «Corriere dei Piccoli», dove i personaggi di Tony Wolf muovevano i primi passi. E poi c’è il ciclo delle Storie del bosco, ispirate al lavoro di due olandesi, Will Huygen e Rien Portvliet, che avevano illustrato Il segreto degli gnomi.
«A papà – racconta il figlio – è sempre piaciuta l’idea di poter inventare un mondo parallelo popolato da animali del bosco. Così aveva cominciato a dar vita a fate, gnomi e folletti. Per noi tutto questo era una magia. Avevamo la possibilità di toccare con mano il suo lavoro quando ci chiedeva di colorare parti dei disegni». Gli schizzi, Tony, li buttava via. Ma l’altro suo figlio, Matteo, ogni sera andava a raccoglierli nel cestino. Sono proprio quelle bozze che l’hanno fatto diventare ciò che è oggi: ribattezzato «Matt Wolf», è l’erede della passione paterna. Oltre a Luca e Matteo c’è anche il terzo figlio Lorenzo. E Licia, la moglie di Wolf, una storia d’amore cominciata a bordo di un treno e durata tutta la vita.
Luca e i fratelli sorridono pensando a quanto Tony fosse creativo. «Negli anni Cinquanta – racconta Luca – recuperò una moto abbandonata dall’esercito tedesco. Era molto bella ma si spezzava in due di continuo. Mio padre unì le due parti con il filo di ferro che toccava la strada. Del resto, lui era quello che girava con le auto più instabili. La Renault grigia con cui andavamo in vacanza a ogni curva si apriva, con il rischio che i passeggeri volassero in strada. Per tenerla in equilibrio fece arrivare in garage una fornitura speciale di mattoni. Li mise nel bagagliaio perché fossimo più stabili».
Tony Wolf si era ammalato qualche mese fa e aveva smesso di disegnare. «Diceva che era ora di smettere, che era arrivato il momento che le sue storie continuassero a parlare per lui». Anche Licia sorride guardando i disegni appesi al muro e i bozzetti incollati all’album sulla scrivania dello studio, accanto a quel Piccole Donne cartonato che nonno Tony ha regalato alla nipote prima di andarsene. A parlare adesso sono i ricordi, insieme a Pingu, Pandi e agli animali del bosco che continueranno ad affollare l’infanzia dei più piccoli.