Il Sole 24 Ore, 3 giugno 2018
L’era Marchionne, i due salvataggi e le cose non dette
Le cose già raccontate del piano Fca si possono sintetizzare in tre punti. I marchi: insieme a Dodge, quelli che danno il nome all’azienda ne sono usciti in sordina; gli investimenti si focalizzeranno su Jeep, AlfaRomeo, Maserati e Ram. Jeep continuerà a crescere con nuovi prodotti ed in nuovi segmenti. I risultati finanziari: la cravatta eccezionalmente indossata da Marchionne e le caramelle distribuite ai partecipanti con la frase «Net cash how Sweet it is» hanno sottolineato la fine del debito. Il raddoppio dell’Ebit nell’arco di piano, da 8,2 miliardi a 13-16 miliardi, il 20% di ritorno sul capitale investito e il ritorno al dividendo, sarebbero stati nei titoli della sera non fosse che Fca ha abituato a dichiarazioni ambiziose e, a quanto pare dalla reazione del titolo, ha abituato anche a darne per scontato il raggiungimento.
I cambiamenti imminenti e rivoluzionari che l’industria dell’auto ha di fronte sono stati il terzo protagonista evidente. Nel 2022 il settore sarà cambiato in modo radicale: alcuni attori si saranno affermati prepotentemente grazie alla padronanza di tecnologie nuove, dalle batterie all’artificial intelligence; i clienti avranno definitivamente cambiato gusti e occasioni d’uso; alcune aree del mondo, vecchie o nuove, si saranno affermate come la culla di questo cambiamento. Il piano affronta questo cambiamento con coraggio (elettrificazione e connettività), con buon senso (stringendo partnership) e con la volontà di sperimentare.
Tre sono le cose non dette. Jeep in Europa deve ancora avere successo: la straordinaria crescita in Usa e la fulminante leadership ottenuta in Sud America sono segni evidenti del potenziale europeo del marchio, potenziale che deve essere attuato nell’arco di questo piano. Durante le presentazioni ufficiali e nelle chiacchiere nei capannelli di membri del Gec durante i due break nessuno ha parlato di alleanze o di operazioni straordinarie. Forse in passato l’argomento era di interesse, oggi, davanti alla imminente grande trasformazione, Fca ha bisogno di capire quali tecnologie avranno successo, di indagare i cambiamenti dei gusti del consumatore, di sperimentare, di creare accordi di collaborazione: la presenza neanche molto discreta di molte Waymo e delle colonnine EnelX nell’area prove di Balocco chiarivano su quali tipi di collaborazione si sta lavorando.
Il nome del successore è stata la terza cosa non detta. Ci sono risultati ambiziosi da ottenere nel 2018, la successione è in agenda per il 2019 è stato il commento di Marchionne. Ciò che era così evidente da non vedersi era il luogo: a Balocco il 26 luglio del 2004 Marchionne presentò il primo piano, «A Commitment to Execution». Impegno che è stato mantenuto in questi anni: tornare dove fu preso ha significato volerlo ricordare, riconoscere e riconfermare. La Fiat indebitata e indebolita di allora è diventata, grazie a quell’impegno, una delle protagoniste dell’industria nel mondo. E negli Stati Uniti Fiat da acronimo «Fix It Again Tony!» è diventato l’acronimo di «Fix the Industry of Automobile Thanks!». Osservando le prime due file della sala, dove sedevano i membri del Gec, e sentendo l’affiatamento del gruppo manageriale che ha scritto il piano si è potuto capire l’importanza del luogo. È a Balocco nel 2004, che è nato questo gruppo, gruppo che si è poi forgiato in due turnaround, prima Fiat e poi Chrysler, che ha guidato la crescita globale, che si è unito attorno ad un leader che è stato capace di formare e far lavorare insieme molti altri leader.
Chi sarà alla guida di Fca nella primavera del 2019 dovrà essere in grado di mantenere unito questo gruppo che è stato in questi anni il segno distintivo della Casa. Il futuro promette uno stravolgimento del contesto competitivo, una profonda modifica della struttura del settore e una guerra senza precedenti tra protagonisti attuali e nuovi entranti: sarà necessaria la stessa determinazione nata a Balocco 2004. Il rinnovo di quell’impegno è l’intimo significato di Balocco 2018.