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 2018  giugno 02 Sabato calendario

Il lievito madre

A Natale su Internet si animò una catena di soccorso, colma di buoni sentimenti, per cui in molti andarono a comprare il pandoro della Melegatti con l’obiettivo di scongiurarne la chiusura. Probabilmente altre aziende produttrici di pandoro, coi conti messi meglio, non l’avranno presa benissimo, ma non è il punto. Il punto è che la Melegatti ha chiuso lo stesso: pochi giorni fa il tribunale ne ha dichiarato il fallimento. Di certo la colpa non è degli operai. La Melegatti andava male perché gli eredi di Salvatore Ronca, che fu imprenditore avveduto, presero a litigare in disputa dello scettro: si accusavano a vicenda di insipienza e ribalderia, riversando le conseguenze sui bilanci. Finché una fazione non prese il potere, ma il nuovo presidente nulla sapeva di intrapresa e dolciumi, era solo gonfio della protervia dei dilettanti, e l’industria è finita all’aria. Forse tutto questo vi ricorda qualcosa, ma andremo oltre. Ieri, a Roma, un sovreccitato operaio della Melegatti ha chiesto sostegno al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Più o meno nello stesso momento, un altro operaio della Melegatti entrava in fabbrica senza compenso, per puro amore di sé e del suo lavoro, per girare e tenere vivo tutto ciò che resta della Melegatti: il lievito madre che ogni mattina si gira dal 1894. Non è che un operaio avesse ragione e l’altro torto. Hanno sicuramente ragione entrambi. Il primo operaio rivendicava quelli che ritiene i suoi diritti, il secondo assolveva a quello che ritiene un suo dovere. Della stoffa del primo ce ne sono a bizzeffe, della stoffa del secondo pochi. Ma ce ne sono ancora, per fortuna.