Corriere della Sera, 2 giugno 2018
Le mitiche trattorie dei camionisti nella favola di Chef Rubio
Mangiare bene e spendere poco è sempre stata un’aspirazione diffusa: da studenti, da precari, da turisti fai da te, da accenditori di mutuo… Difficile che le due cose si concilino, quanto meno bisogna avere uno stomaco di ferro. Chef Rubio, all’anagrafe Gabriele Rubini, ci crede e ripropone la favola delle trattorie dei camionisti: ristoranti in prossimità delle reti stradali, che offrono il miglior rapporto qualità/prezzo, vere «chicche» conosciute solo da una ristretta clientela di affezionati (DMax, giovedì, ore 21.25). È così? Chiedo scusa se parlo di me, ma da piccolo sono cresciuto con due miti che presto si sono dissolti nel nulla: il vino dei contadini e le trattorie dei camionisti. Il vino dei contadini è sempre stato il peggiore dei vini. Per due ragioni molto semplici: era fatto con le uve di scarto (allora non esisteva la pratica del diradamento e le uve migliori erano vendute per pagare i debiti); era fatto male, con scarsa attenzione alla cantina. Mai mangiato bene in una trattoria dei camionisti: spendi poco, mangi tanto ma la qualità è quella che è. Passi la sera (i camionisti si chiudono nel salottino del loro camion e dormono), ma di giorno come si fa a digerire tutta quella roba?
Il format di Camionisti in trattoria è molto semplice: arrivato sul luogo, Rubio interagisce con cuochi e proprietari, entra nelle cucine, si fa raccontare le specialità del posto e poi, insieme agli altri avventori, prova il menù suggerito dal camionista che l’ha accompagnato. Prima va al Sud, a Caserta, e poi al Nord, a Vado Ligure. Che Rubio, un passato da rugbista professionista e un presente da mago dello street food, non è propriamente un mostro di simpatia: per lui l’impiattamento conta poco, l’approccio al cibo è grezzo e pulp, le pietanze grondano calorie, sono fatte con materie prime semplici e «umili». Però è bravo ad «alimentare» ancora la leggenda delle trattorie dei camionisti.