Corriere della Sera, 2 giugno 2018
Filippo Tortu va veloce: «I miei idoli Buffon e Patty Pravo»
Piè veloce va di fretta. In quella storia millenaria dell’evoluzione dell’uomo chiamati 100 metri piani dell’atletica, Filippo Tortu si è migliorato tre volte in tre gare. 10”16 a Rieti, il 13 maggio, a 296 giorni (un’enormità) dall’oro degli Europei Under 20. 10”09 (batteria) e 10”03 (finale) a Savona, il 23 maggio, quando le orecchie gli sono rimbombate di paragoni con la leggenda, sua maestà Pietro Mennea (record italiano in carica dal 4 settembre 1979 in 10”01), distante solo due minuscoli centesimi. E 10”04 giovedì sera a Roma, sotto i riflettori del Golden Gala, con l’Olimpico in apnea per il figlio di Salvino e Paola, venuto dalla Brianza per conquistare il tartan, capace di farsi largo tra gli dei della velocità e di mettere la punta del naso davanti all’argento mondiale in carica, quel Christian Coleman che a Londra 2017 si lasciò alle spalle Bolt.
Vent’anni da compiere (il 15 giugno, gemelli), Filippo abita serafico nell’occhio del ciclone mentre intorno a lui succede, letteralmente, di tutto. Interviste, inviti, superlativi, confronti: l’atletica azzurra che aspetta da sei lustri un campione vorrebbe spolpare da subito il fisichetto da quattrocentista rinforzato di Tortu («Non commetterò l’errore di riempirlo di muscoli» promette papà Salvino, ex sprinter, che lo allena con delicatezza, senza mai travalicare i ruoli), cui la Federazione permette di covare i suoi talenti nel fazzoletto di terra dove affonda le radici: Costa Lambro (casa di famiglia), Giussano (campo pratica), Monza (ex liceo: nel giorno in cui Gigio Donnarumma volava a Ibiza sull’aereo privato, lui si diplomava allo Scientifico con un tema sul rapporto tra uomo e natura), Carate Brianza (casa di nonna Titta, che quasi ogni giorno immola etti di pasta per sfamarlo). Filippo attraversa di corsa il suo romanzo di formazione con l’aria disincantata che gli auguriamo di non smarrire mai, battutaro incompreso («Nel mucchio, qualche freddura va a segno!»), ragazzo dai gusti antichi («Ascolto Deep Purple e Aerosmith, ma anche Lucio Battisti che piace a mamma, Mia Martini che piace a nonna, Mina, Califano e Patty Pravo che piacciono a me»), senza social finché il marketing non gli ha imposto twitter (da non perdere la foto con i baffi da Groucho Marx...) ma pieno di passioni sportive («Con mio padre e mio fratello Giacomo parliamo soprattutto di calcio: allo stadio siamo come tre bambini in un negozio di giocattoli»), una su tutte la Juve. Vietato parlare del quarto di finale di Champions contro il Real però il videomessaggio con cui Buffon e Chiellini gli augurarono in bocca al lupo prima dei 200 al Mondiale dell’anno scorso lo commosse. E l’incontro casuale con Dino Zoff, ieri a Roma, ha lasciato senza parole il portierone: «Gli ho ricordato la parata più bella del mondo, quella con cui fermò il colpo di testa di Oscar in Italia-Brasile 3-2 al Mundial ‘82». Gliel’ha ricordata lui: un diciannovenne (speciale) a un settantaseienne (immortale).
La notte del Golden Gala, dopo i 100 metri con cui si è affacciato di prepotenza e classe tra i grandi, è finita in trattoria da Pallotta, a Ponte Milvio: due tavoli da 17, alla faccia della scaramanzia, gli amici del liceo presenti (con bandiera dei quattro mori: papà Salvino è sardo e le vacanze sull’isola sono un must) più nonna Titta e tutta la famiglia. Gradini? «Nessuno: ho scelto un locale a livello strada» sorride Tortu senior, che ricorda bene la storta sulla scalinata di Piazza di Spagna che l’anno scorso rischiò di far saltare la stagione a Filippo. A lavorare al campo di Giussano si torna lunedì. Gare poche ma buone: i 100 a Madrid, i 200 a Mannheim, gli Europei a Berlino. «Va fatto riposare a livello nervoso» spiega il coach. Ci sarebbero anche due esami di Economia alla Luiss in programma a giugno. Da preparare con la musica di Patty Pravo in sottofondo e il sogno di un oro continentale (come Mennea) all’orizzonte. Pensiero stupendo.