la Repubblica, 2 giugno 2018
Michel Platini: «Sono stato perseguitato. Tornerò per combattere le buffonate della Fifa»
Michel Platini è seduto in una delle sale dell’hotel Real di Nyon. Rilassato. «Che posso fare per lei?». La lettera del procuratore del Ministero Pubblico della Confederazione elvetica ricevuta il 24 maggio continua a rallegrarlo. Nella lettera, Cédric Remund, gli riferisce che nei suoi riguardi non è in corso alcun procedimento in relazione alla presunta tangente di due milioni di franchi versatigli dalla Fifa in base a un accordo con Sepp Blatter. Per l’ex numero 10 della Juve, sospeso dalla Fifa fino all’autunno 2019, non è che una tappa.
Sarà stato bersagliato di telefonate, da quando è arrivata la lettera.
«Il telefono scotta. Ho ricevuto un numero incredibile di messaggi di solidarietà».
È stupito?
«Niente affatto. La gente sa fin dall’inizio che questa storia è stata una montatura della Fifa per impedirmi di diventare presidente. La conferma è arrivata nero su bianco. Tutto ciò mi dà un’energia incredibile che mi servirà per impegnarmi in una lotta che ho a cuore: mettere fine alle derive della giustizia sportiva».
Il portavoce di Mpc ha fatto intendere che il procedimento non è terminato, la situazione potrebbe evolvere ancora. Lei non sarà troppo ottimista?
«Il procuratore è stato molto chiaro. A mio carico non resta in sospeso alcuna accusa. L’aveva già comunicato a voce al mio avvocato, prima ancora di scrivergli».
Lei aveva confidato la volontà di lavare questa macchia. Si sente più vicino a questo obiettivo?
«La partita è appena all’inizio. Ho fatto causa ad alcune persone che hanno fomentato la cospirazione. Alcuni mi hanno fatto male. Non lascerò che la passino liscia. Mai. Che siano in carica o no. La giustizia sportiva di cui sono stato vittima è al servizio di alcuni amministratori, ossia il presidente della Fifa. Non lo tollero. Né posso accettare che la giustizia sportiva calpesti la presunzione d’innocenza: mi hanno sospeso dal mio incarico prima che fossi giudicato, mi hanno impedito di fare campagna per la presidenza della Fifa. Ero il favorito».
Sembra molto irritato…
«Vorrei vedere lei! Ci si sente come sotto l’inquisizione. È la Fifa ad accusarmi. È la Fifa a giudicarmi. Giusto per spiegarle come funzionano le cose: durante l’udienza della commissione d’appello, due giudici su quattro stavano facendo la siesta. Non avevano ancora capito che io avevo presentato una fattura per essere retribuito di quello che la Fifa mi doveva. In un secondo tempo, a giudicarmi è stato il Tribunale arbitrale dello sport, in gran parte finanziato dalla Fifa. È indispensabile porre fine a questo conflitto di interessi».
Sta pensando a un’apertura, per dare il via a riforme dall’interno?
«È indispensabile fare un passo alla volta. Se volessi dare il via a una riforma dall’interno, sarebbe necessario che la Fifa abrogasse la mia sospensione. Se la Fifa non prenderà decisioni in tal senso, sarà impossibile».
Pensa di chiederlo alla Fifa?
«Io non chiedo niente. Non cadrò una seconda volta nella trappola. Non mi appellerò alla Commissione etica perché riprendano la faccenda in mano. Non ho più fiducia alcuna».
Potrà perdonare?
«Perdonare forse. Dimenticare mai. Mi piacerebbe sapere chi potrebbe accettare di essere trattato da mascalzone davanti al mondo, con la complicità di persone della Fifa che centellinano le informazioni per infangare la mia reputazione. Su di me hanno detto tutto il possibile. Che ero corrotto. Che avevo falsificato i conti. Che ero morto professionalmente. Queste persone me la pagheranno».
Ne sta facendo una questione personale?
«Lungi da me. L’obiettivo è cambiare questa giustizia di parte e opportunista affinché in futuro non abbia la possibilità di mettere in disparte gli avversari. Voglio che non ci siano più ingiustizie, che la Commissione etica scompaia, il suo unico scopo è fungere da braccio armato della Fifa per far fuori gli avversari. Spero che il ricorso presentato alla Corte europea dei diritti dell’uomo permetta di porre fine a questo sistema in cui le stesse persone possono essere giudici e parti in causa per proteggere i loro affari e loro stessi».
Sarebbe una rivoluzione.
«Sarebbe onesto. Che la Fifa prenda in considerazione un conflitto tra tizio e caio non mi secca. Ma è follia che sia la Fifa a decidere quando è una delle parti in causa. Occorre porre fine a questa buffonata. Adesso sono io ad avere la palla: saprò farne buon uso».
Se lei tornasse sarebbe lo stesso dirigente del passato?
«Sono completamente diverso. Avevo passato gli ultimi 50 anni nel fermento, nella comunicazione, senza un minuto di tranquillità. Negli ultimi tre anni sono tornato nel mondo reale delle persone normali. Hai modo di prenderti il tempo di vivere, di riflettere, di pensare e questo ti consente di capire ciò che è davvero importante. Sono andato addirittura a teatro! Ho potuto prendermi i miei tempi, tempo per gli amici, il lavoro, la politica e la gratitudine. Sono tornato a essere come ero a sedici anni, prima di diventare famoso. Una persona normale».
Questo periodo quindi l’ha cambiata?
«Vedo la vita in modo diverso, ma non ho perso la mia combattività. Prima non avevo tempo. Oggi posso andare dove voglio senza dare spiegazioni. È l’unico punto positivo della faccenda. È stata dura nei primi mesi e incassare, soprattutto per le persone che mi sono vicine. Io ho la pelle dura. Se fossi stato un mascalzone, non sarei qui. Me ne sarei andato dicendo: “Ho fatto una stronzata. Addio”. E nessuno avrebbe più sentito parlare di me».
© Le Tribune de Genève/ 24 Heures/ LENA, Leading European Newspaper Alliance Traduzione di Anna Bissanti