la Repubblica, 2 giugno 2018
Hans Zimmer: «Al Colosseo riporterò il Gladiatore a casa sua»
«Finalmente il Gladiatore torna a casa: è stato il nostro sogno durante le riprese. E la sua vera casa è il Colosseo». Il compositore premio Oscar Hans Zimmer freme perché il tempo stringe: deve ancora consegnare le musiche del nuovo film di Steve McQueen Widow «e molte pagine sono ancora bianche». Il 6 giugno il film di Ridley Scott verrà proiettato all’anfiteatro Flavio: in platea ci sarà Russell Crowe, l’Orchestra italiana del cinema diretta dal maestro Justin Freer suonerà dal vivo la colonna sonora, Lisa Gerrard canterà le sue parti e Zimmer, 60 anni, al telefono da Los Angeles confessa che non vorrebbe proprio perdersi lo spettacolo. Il più grande fan dell’evento è però il Gladiatore in persona. Su Twitter Crowe ricorda che l’evento voluto dal presidente dell’Orchestra del cinema Marco Patrignani ha uno scopo benefico: raccogliere fondi per “End Polio Now” e per realizzare un ascensore all’interno del Colosseo per i portatori di handicap. «Poi l’8 e il 9 giugno tutto verrà replicato al Circo Massimo» aggiunge orgoglioso il tweet dell’attore.
Maestro Zimmer, la sua musica risuonerà nel Colosseo.
«Sono onorato e molto emozionato. Non avendo avuto i permessi, Ridley ha dovuto ricostruirlo a Malta: per me è stato fantastico poter seguire da vicino il lavoro dello scenografo Arthur Max. La serata sarà senz’altro affascinante: ci sarà una conversazione a quattro tra la storia del film sullo schermo, il sotto-testo emozionale della musica suonata dal vivo dall’orchestra, la reazione del pubblico e infine lo spazio del Colosseo con la sua storia».
Partecipò molto alle riprese?
«Cominciammo in Inghilterra per la scena iniziale della battaglia che in realtà nel film è ambientata in Germania. La girammo nel Surrey perché lì potemmo girare la scena bruciando davvero parte di una foresta, che doveva essere sottoposta a disboscamento per essere curata. Poi il set si spostò in Toscana, quindi in Marocco, infine a Malta dove potei seguire a lungo la ricostruzione del Colosseo».
Come avete lavorato al film con Ridley Scott?
«A parte quelle di Christopher Nolan, che è anche un magnifico scrittore, non leggo mai le sceneggiature prima di mettermi al lavoro sulla colonna sonora. Di solito chiedo ai registi di raccontarmi la storia. Ricordo io e Ridley seduti nella sua tenda in Inghilterra mentre la foresta di Bourne bruciava e gli attori si preparavano alle riprese della battaglia. Influenzato dalle sue parole, mi sono sforzato di evitare la banalità di una musica semplicemente minacciosa per arrivare a scrivere qualcosa di veramente selvaggio, una battaglia tra lupi. Scrissi la parte mentre Ridley girava la scena».
Lisa Gerrard firma con lei la colonna sonora.
«Tutto il film risente positivamente della sua presenza. La volemmo perché a un certo punto ci rendemmo conto che al film mancava un’anima femminile. Arrivò per restare tre giorni e invece restò sei mesi, ci ha permesso di diventare poetici, inizia e completa il viaggio del film».
Si può dire che in alcuni casi la colonna sonora ha portato un film a vincere l’Oscar?
«Penso di sì perché lo completa. Noi musicisti lavoriamo utilizzando un linguaggio misterioso e per questo capita spesso che occorra qualche anno affinché la musica venga compresa appieno. Un caso esemplare è il più grande di tutti, Ennio Morricone: qualcuno mi sa spiegare perché la sua musica per Mission quell’anno non vinse l’Oscar? Per me è il vero Maestro: Morricone e la musica di C’era una volta il West che vidi a 12 anni sono il motivo per cui cominciai a scrivere colonne sonore».
Tra quelle che ha scritto, quale ama di più?
«Cambia ogni giorno, oggi credo potrei dire Interstellar. Ho amato molto e amo ancora The gladiator ma credo che abbia più a che fare con l’esperienza vissuta e con l’amicizia cresciuta sul set».
Lei ha portato le sue colonne sonore in tour con l’orchestra: cosa accade alla musica da film quando viene eseguita lontana dallo schermo?
«Volevo vedere se la musica avrebbe retto il concerto e se il pubblico avrebbe gradito. E così è stato, perché la musica vuole solo aprire le porte a un’emozione. E volevo anche dare nuova linfa alle orchestre, visto che negli ultimi anni a causa dei loro costi hanno cominciato a scomparire: entrare in una sala da concerto è diventata un’esperienza élitaria, per questo l’anno scorso ci siamo esibiti al Coachella, eravamo headliner al fianco di Beyoncé, nessuno prima aveva portato un’orchestra e un coro a suonare nel deserto. Ma non vado volentieri in tour, ho paura del palco, mi sono chiuso per 30 anni nella mia stanza per evitarlo».
Lei teorizza che il lavoro sulla colonna sonora è sempre un lavoro di team.
«Collettivo come il lavoro sul film. Fare musica significa suonare insieme: i crediti di una colonna sonora non riflettono mai ciò che è accaduto nel momento creativo».
Approccio anni 70, quando lei suonava come session man con gli Ultravox e i Krisma.
«Ah Maurizio Arcieri, che musicista delizioso, creativo e audace. Per qualche tempo abbiamo vissuto una vita folle, tornavamo a casa alle 4 del mattino e continuavamo a suonare per tutta la notte. Del resto in quegli anni eravamo punk rock».