la Repubblica, 2 giugno 2018
Ma Salvini ha più frecce dei 5 Stelle
Sarebbe un errore immaginare che il neonato governo Conte non sia percorso da una dialettica interna. Già ora se ne colgono tutti i segnali. Salvini non ha perso tempo per attirare l’attenzione sul tema prioritario dei migranti. È la sua bandiera e non esiterà a sventolarla per almeno due ragioni. La prima è che si tratta della via più breve per mandare un chiaro messaggio all’elettorato non solo della Lega, ma di un centrodestra allargato.
La seconda è che il costo dell’operazione è limitato. Addirittura si può far passare l’idea che si risparmiano soldi: «Cinque miliardi all’anno per gli immigrati sono troppi, daremo una bella sforbiciata», parole del nuovo ministro dell’Interno (in realtà sono fondi europei).
Quali saranno i risultati concreti di questa svolta non è ovviamente dato sapere. Né sembra che Salvini si preoccupi troppo del capitolo compreso sotto il titolo “Diritti Umani”. Ma tant’è: considerando che la maggioranza del consenso leghista è figlia di una cattiva gestione degli immigrati sul territorio nazionale, il vicepremier-ministro può facilmente dare il tono politico al governo con qualche mossa a effetto. Vorrà incidere anche sugli sbarchi, ma qui trova una situazione diversa e migliore rispetto a due anni fa perché la gestione Minniti – pur contestata nel Pd – ha dato frutti. In definitiva, la flat tax è tema complesso e nella migliore delle ipotesi di lenta attuazione; idem l’abolizione della legge Fornero. Con gli immigrati si può invece dare soddisfazione a una certa opinione pubblica in tempi rapidi ed efficaci sul piano mediatico.
La domanda è se Di Maio sarà altrettanto veloce nello sforzo di dare all’esecutivo Conte l’impronta dei Cinque Stelle. Forse sì, ma il terreno su cui si muove il superministro dello Sviluppo e del Lavoro è più impervio. Il reddito di cittadinanza, come è noto, non è solo un punto controverso ma forse anche irrealizzabile, se non in forme molto più circoscritte di quelle intraviste durante la campagna elettorale. L’Ilva è un labirinto da cui non si esce in pochi mesi, ammesso che si abbiano le idee chiare sul “ che fare”. In altre parole i Cinque Stelle, al di là della retorica, dispongono di meno frecce al loro arco per impressionare gli elettori.
Salvini peraltro è avvantaggiato da un altro dei suoi temi: non solo l’immigrazione e la sicurezza pubblica, ma anche l’Europa. La polemica ora rientrata sull’uscita dall’euro è servita ad alimentare il fuoco intorno all’interrogativo che all’estero tutti si pongono: cosa intende fare Roma rispetto all’Unione? Salvini parla di «rinegoziare le regole» e si compiace del tandem Tria-Savona. Non sono chiare le sue intenzioni, ma è ovvio che l’Europa verrà usata all’occorrenza per eccitare un sentimento nazionalista (sovranista). Prospettiva che racchiude il rischio di un confronto, se non di un conflitto, con il capo dello Stato.
Non va dimenticato, del resto, che la strategia leghista mirava a ottenere le elezioni anticipate. Il fatto che sia invece arrivato il governo Conte, non significa che quell’ipotesi sia scomparsa. Si è adattata alle circostanze: per Salvini si tratta di proseguire la campagna elettorale in altre forme. Senza bruciarsi del tutto i vascelli alle spalle per quanto riguarda il rapporto con Berlusconi (e con Fd’I: non a caso voleva coinvolgere Giorgia Meloni). E poi nel 2019 ci sono le elezioni europee, dove si vota con il proporzionale. Entrambi, Lega e M5S, vorranno marcare le rispettive identità. Conte è avvisato: non sarà facile per lui evitare che la tela del governo si strappi.