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 2018  giugno 02 Sabato calendario

Fca, ecco l’ultimo piano industriale Marchionne

BALOCCO (Vercelli) Ai 16 miliardi di profitti operativi che Fiat Chrysler Automobiles produrrà al 2022 il marchio Fiat e Chrysler contribuiranno in maniera marginale. Il perno attorno a cui ruoterà la Fca del futuro sarà Jeep. Brand già chiave ma destinato ad avere un peso crescente all’interno del gruppo, fino a sfiorare il 50% del giro d’affari tra cinque anni. Al punto che l’obiettivo finale è che una vettura su 12 nel mondo porti il marchio del fuoristrada americano, a tendere addirittura 1 su 5. Altro tassello fondamentale, seppure con numeri differenti, sarà il blocco Maserati-Alfa Romeo per il quale Marchionne ha obiettivi chiari e strategici: raggiungere le 500 mila unità vendute (400 mila per Alfa e 100 mila per Maserati). Con Maserati, in particolare, pronta a competere con Porsche e Tesla. 
L’esistenza del marchio Fiat, invece, sarà legata alla permanenza nel mercato europeo e sud americano, con sfumature assai diverse. Mentre Chrysler sarà operativa solo negli Usa. Per dare l’idea dello spirito che regge il progetto industriale Marchionne ha voluto citare Hemingway: «La verrà nobiltà è essere superiore a chi eravamo ieri». E Fca lo è nella misura in cui oggi, ha annunciato Marchionne, non ha più debito, nel 2022 produrrà tra i 7,5 miliardi e i 10 miliardi di free cash flow industriale e nel mezzo tornerà pure alla cedola. Un abisso rispetto alla vecchia Fiat del 2004 che perdeva 2 miliardi l’anno. Un’evoluzione che il presidente John Elkann ha voluto commentare usando una metafora calcistica: «È come aver giocato per anni con il rischio retrocessione, cioè il fallimento, e oggi poter giocare in Champions League».
I target finanziari 
La Fca illustrata ieri da Marchionne, che in Borsa ha riportato uno scivolone del 4,5% (dopo un rialzo del 90% negli ultimi 12 mesi), vedrà i ricavi crescere a un ritmo del 7% l’anno. Ed è un gruppo che punta a produrre nell’arco del business plan 10 miliardi risparmi di costo, per lo più grazie a efficienze negli acquisti, e 75 miliardi di cassa industriale. Di questi, 45 miliardi saranno destinati agli investimenti, di cui un 30% per il rinnovo della gamma e un 20% per il processo di elettrificazione dei prodotti. Altri 6 miliardi saranno distribuiti ai soci, sottoforma di dividendo a fronte di una politica di pay out del 20% degli utili. Restano 20 miliardi, denari destinati da un lato ad assicurare la gestione ordinaria e dall’altro a realizzare potenziali piani di buy back. Ma volendo, se si creeranno le condizioni, anche a promuovere la costituzione di una Finco in America capace di favorire le politiche commerciali (e un dialogo è già in corso con Santander). Con questa montagna di liquidità Fca sarà in grado di generare un risultato operativo compreso tra i 13 e i 16 miliardi alla fine del 2022, con un margine compreso tra il 9 e l’11% e un utile per azione di 5,9-7,3 euro. Un primato non ancora raggiunto nell’industria automobilistica mondiale ma al quale Fca può ambire perché «non ricordo che questa azienda sia mai stata in una posizione così buona come oggi», ha sottolineato il ceo. Questi numeri, peraltro, non tengono conto dell’effetto Magneti Marelli. Al momento sul tavolo resta come prioritario il progetto di scorporo da realizzare entro fine anno al più tardi a inizio 2019. Tuttavia, ha spiegato Marchionne, «se arrivasse un assegno... grande, molto grande, vedremo». Evidentemente un’opzione di questo tipo andrebbe a incidere sulla posizione di cassa e di conseguenza potrebbe accelerare il processo di creazione della Finco piuttosto che il riacquisto di azioni proprie. Si vedrà. Nell’attesa, il ceo ha voluto ribadire con forza il concetto già espresso nel 2015, ossia che un comparto ad alto assorbimento di capitale come quello dell’auto, a maggior ragione in questa fase di rivoluzione tech, deve guardare al consolidamento. «La tesi di allora è ancor più valida oggi», ha detto Marchionne. 
I target industriali 
Il primo obiettivo, cruciale, oltre al raddoppio dei volumi della Jeep destinata a ridurre ulteriormente la sua dipendenza dal mercato Nafta a favore di un’ascesa in Cina e di un ulteriore consolidamento in Europa, sarà l’abbandono del diesel su tutta la gamma entro il 2021. Il che, evidentemente, implicherà forti investimenti nell’elettrificazione dei prodotti: 9 miliardi. Sono questi i denari che la società intende impiegare per gestire la trasformazione delle vetture di gruppo e proiettarle nell’era green. Fiat in Europa punterà tutto sulla famiglia 500, con diversi gradi di elettrificazione, a partire dalla 500 Green per arrivare al mild-hybrid di 500 X e 500 L. Panda, invece, subirà un restyling sia in termini di estetica che di motorizzazioni, destinati a diventare a combustione ecologica. In Latam invece occhi puntati sui veicoli commerciali. Quanto a Chrysler, come detto, il mercato di riferimento saranno gli Usa.