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 2018  giugno 02 Sabato calendario

I primi vent’anni della Bce, sempre in difesa dell’Eurozona

Un compleanno movimentato, quello della Bce ieri. La Banca centrale europea ha festeggiato 20 anni di attività, il primo di chissà quanti ventenni se seguirà il destino delle banche centrali che si vantano di essere pluricentenarie. Ieri stesso, la Bce ha accolto il nuovo vice-presidente, lo spagnolo Luis de Guindos che molti vedono voltare pagina nella storia della giovane banca, per via del suo curriculum più politico e meno tecnico rispetto a quello dell’ex numero due Vítor Constâncio. E infine è uscita ieri la notizia di un incontro a Berlino, lunedì prossimo, tra il presidente della Bce e la cancelliera Angela Merkel, in un momento incandescente nella storia dell’euro, anch’essa una valuta quasi ventenne e afflitta dall’ennesima crisi di crescita. Il Consiglio direttivo Bce esorta da tempo e con vigore i politici “ad adottare misure specifiche e incisive per il completamento dell’unione bancaria e dei mercati dei capitali”: ma i tempi dell’agenda Europa, già stretti a causa delle elezioni europee, rischiano di essere condizionati ora dall’instabilità tornata nell’Eurozona con l’insediamento del primo governo italiano guidato da due partiti populisti, che devono dare prova di non essere anti-europeisti tanto quanto anti-establishment.  
In soli venti anni, la Bce è cresciuta ed è diventata un gigante nell’area dell’euro, per come ha gestito la Grande Crisi e per come ha colmato il vuoto lasciato dalla politica che non è andata avanti con unione fiscale, ministro delle Finanze europeo, budget europeo per svariati punti di Pil come negli Usa, emissione di titoli di debito europei o safe assets, Fondo monetario europeo o rainy day fund, Unione bancaria e dei capitali. 
La Bce è nata il primo giugno 1998 come una banca centrale senza eguali al mondo perchè fin da subito ha rappresentato la voce di 11 banche centrali nazionali, poi divenute 19. Protegge una moneta nata dalla fusione di prima 11 ora 19 valute nazionali e mira a un target di inflazione in 19 economie. Dal 2008, compiuti appena 10 anni, per portare avanti la sua missione di garante della stabilità dei prezzi non le bastava più lo strumento di politica monetaria convenzionale, il rialzo o ribasso dei tassi guida. Per arginare e gestire prima la Grande Crisi bancaria e di liquidità e poi la Grande Crisi del debito sovrano europeo e dell’euro, tra il 2008 e il 2015 la Bce ha dato prova di invidiabile flessibilità e creatività. Assumendosi anche la responsabilità della vigilanza bancaria europea, dal 2014 su 118 istituti.  
Così via via la Bce ha utilizzato strumenti sempre più straordinari come un sistema di credito illimitato a tasso di interesse fisso (FRFA, fixed rate full allotment) per arginare la crisi scatenata da Lehman brothers, il Securities markets programme per acquistare i titoli di Stato dei Paesi colpiti dalla speculazione nel 2010, sterilizzandone però la liquidità. Sono poi arrivate le VLTRO a 36 mesi anni, a pieno soddisfacimento, assegnate per circa 1000 miliardi alle banche in crisi di liquidità, scadute tra gennaio e febbraio 2015 e seguite nel marzo 2015 dall’avvio del QE. Il programma di acquisti sul secondario di attività finanziarie che comprendevano i titoli di Stato ruppe un tabù, ma nel pieno rispetto dello statuto che vieta alla Bce il prestito diretto agli Stati. Per potenziare la politica monetaria ultraaccomodante e domare il rischio di deflazione la Bce si è avventurata nel mondo dei tassi negativi fino a portare le deposit facilities a -0,40% dove stanno ancora.  
Lo strumento principe che nessun’altra banca centrale ha è però il “whatever it takes” di Mario Draghi per proteggere e affermare l’irreversibilità dell’euro: le OMT (Operazioni Monetarie Definitive) sono state annunciate nel 2012 come strumento di politica monetaria per eliminare il premio finanziario dovuto uno specifico rischio sistemico, la “ridenominazione” data dalle aspettative sulla fine della moneta unica. Le OMT sono rimaste nel cassetto, bastarono le parole e i toni di Draghi, del suo “believe me, it will be enough”. Dal novembre 2019, se dovesse servire, spetterà al nuovo presidente trovare le parole e i toni del whatever it takes. La Bce ha le spalle curve, sotto il peso delle sue cresciute responsabilità, ma non teme sfide. È l’Eurozona e l’euro che vanno ora rafforzati per affrontare nuove Grandi Crisi: spetta alla politica farlo.