Claudio Antonelli per “la Verità”, 1 giugno 2018
LA SPONDA DEI FONDI AMERICANI AL GOVERNO SALVINI-DI MAIO – BRIDGEWATER, CITI, BLACKROCK, AL VIA UNA CAMPAGNA DI ACQUISTI MASSICCI DEI TITOLI DI STATO ITALIANI – ALGORITMO O VOLONTÀ POLITICA? BASTA UNIRE I PUNTINI PER CAPIRE COME L’ARIA SIA CAMBIATA IMPROVVISAMENTE CON UNA VENTATA DI SOSTEGNO ARRIVATA FIN DENTRO LE STANZE DI MATTARELLA – E LA GERMANIA... -
Martedì sera, mercoledì e pure ieri. I grandi fondi americani hanno dato il via ad acquisti massicci di titoli di Stato italiani. A far scattare il «buy» sono stati inizialmente gli algoritmi che hanno letto lo sfondamento della soglia al ribasso e hanno azionato le operazioni automatiche.
Bridgewater, Aqr, Glg e Ahl sono in prima fila, ma a ingrossare il gruppo, dopo gli avanposti, di Citi e Jp Morgan, si sono messi nella giornata di ieri Blackrock, Pimco, Prudential e Dodge & Cox.
Tutti fondi pronti a entrare nella fase due degli acquisti: attendere che la volatilità si stabilizzi al ribasso per fare man bassa di titoli a prezzi scontati. Per chi operino, soprattutto le banche d' affari come Citi e Jp Morgan, non è dato sapere.
Sono infatti dealer primari che si muovono per conto di terzi. Certamente interessati al nostro debito deprezzato ci sono i fondi pensione americani, ma anche quelli inglesi. Il primo effetto dell' ingresso massiccio americano è stato quello di bilanciare i rendimenti e di mitigare al ribasso l' andamento dello spread sul bund tedesco.
Ben 4 miliardi di Bot su un paniere di poco superiore ai 5 scriveva ieri Il Messaggero sarebbe finito a Citi e Jp Morgan. Ma a indicare che oltre al fattore prezzo c' è anche un segnale politico è il prosieguo del trend e ancor più l' intenzione di entrare con posizioni lunghe e di medio termine.
Alcuni osservatori suggeriscono che tra i nomi dei buyer spuntano manager vicini al mondo repubblicano. Non è un caso se nella lista non compaia Goldman Sachs, storico simpatizzante del versante democratico. Probabilmente è una coincidenza, che rispecchia però le nuove posizioni del Partito repubblicano degli States.
Una parte, allineata a Donald Trump, vedrebbe l' Italia sempre più allontanarsi dalla Germania, mentre gli uomini del partito che ancora oggi rispondono alla famiglia Bush preferirebbero che Roma rimanesse in scia a Berlino. O meglio che il nostro Paese mantenesse un ruolo complementare all' economia tedesca per evitare che la Germania abbia contraccolpi economici.
L' Italia resta infatti il primo partner commerciale di Angela Merkel. In questo preciso momento geopolitico aiutare il nostro Paese a evitare un tracollo finanziario con acquisti mirati e ancor più con un segnale di fiducia (Se gli Usa credono nel nostro debito perché altre nazioni dovrebbero dubitarne?).
Lungi da noi fare fantafinanza. Al contrario basta unire i puntini per comprendere come l' aria sia cambiata improvvisamente con una ventata di sostegno che deve essere arrivata sicuramente fin dentro le stanze di Sergio Mattarella. La giornata di ieri è stata, infatti, anche caratterizzata da una guerra aperta tra Washington da una parte e Berlino con Bruxelles dall' altra.
Una bomba diplomatica oltre che politica. L' amministrazione Trump applica da oggi importanti dazi doganali sulle importazioni di acciaio e alluminio dall' Ue, dal Messico e dal Canada. Gli Stati Uniti hanno deciso di non prorogare l' esenzione temporanea concessa all' Europa due mesi fa di applicare imposte del 25% sull' acciaio e del 10% sull' alluminio. Una batosta per il Vecchio continente per il quale si è espresso il presidente Ue Jean Claude Juncker con un' uscita abbastanza bolsa: «Puro e semplice protezionismo, non ci resta che prendere contromisure».
Angela Merkel ha parlato di «tariffe illegali» e di «rischio escalation» senza specificare che cosa debba attendersi Trump. In realtà Berlino sa benissimo che su questo specifico fronte l' Ue non ha armi da affilare così come si aspetta che trascorso un mesetto la Casa Bianca, probabilmente per voce di Wilbur Ross, il segretario al Commercio degli Usa, avvierà trattative parallele con l' intento di rivedere l' intero impianto commerciale tra i due blocchi.
Proprio quello che gli Usa stanno facendo con la Cina che, dopo aver accusato il colpo dei dazi e lo stop -seppur temporaneo - alle vendite dei telefoni Zte in America ha avviato un tavolo parallelo. Pechino ha messo in campo ieri misure di segno opposto in risposta al rinnovato protezionismo americano: il Consiglio di Stato, presieduto dal premier Li Keqiang, ha annunciato che dal primo luglio verranno tagliati i dazi sull' importazione di una serie di beni di consumo.
Abbigliamento, lavatrici, cosmetici: il ventaglio è ampio. Non solo: in arrivo anche la nuova black list degli investimenti stranieri, che secondo il Financial Times risulterà di gran lunga sfoltita, allentando le restrizioni in settori tradizionalmente protetti: energia e trasporti in primis. Per arrivare a occupare una posizione di forza, Trump sa che prima bisogna colpire duro.
E ciò che è stato per la Cina Zte, è per la Germania Deutsche Bank. Praticamente in contemporanea con l' annuncio dei dazi mirati alla Germania più che alla Francia e all' Italia, la Federal Reserve ha definito come «problematiche» le condizioni delle attività americane dell' istituto di Francoforte.
Lo status «condizioni problematiche» - il gradino più basso espresso dalla Fed - ha condizionato le scelte dell' istituto di credito nel ridurre l' assunzione di rischi in aree come il trading e la concessione dei prestiti. Questo status significa anche che le decisioni del gruppo tedesco sulle assunzioni e sui licenziamenti di top manager in Usa devono passare dalla Fed.
Una sorta di commissariamento che sembra avere poche motivazioni al di fuori di quelle politiche. Difficoltà della banca tedesca negli Usa vanno indietro negli anni, ma chi segue il dossier sa che il ramo estero è stato da diverso tempo messo in ordine e in sicurezza. Il titolo alla Borsa di Francoforte ha perso il 7% raggiungendo il minimo storico di 9,16 euro.
Se si considera che la Casa Bianca ha pronte una serie di misure «straordinarie» per penalizzare anche Volkswagen e tutte le vetture di lusso tedesche, appare ormai chiaro che gli Usa non vogliono mollare l' osso.
In questo panorama rivoluzionario per il Vecchio continente, Donald Trump non ha avuto problemi a dare un segnale netto a favore dell' Italia. Essere percepito come una sorta di prestatore di ultima istanza fiducioso nei titoli di Stato italiani ha dato una spallata finale e ha favorito definitivamente la nascita del governo gialloblu. Non più considerata come un' entità reietta da tutta l' Europa ma come un blocco politico che in caso di necessità potrebbe avere un santo nel paradiso a stelle e strisce.