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 2018  giugno 01 Venerdì calendario

Mosca allunga i tentacoli in Centrafrica. Armi in cambio di miniere d’oro e diamanti

Fucili, lanciarazzi e addestramento in cambio dello sfruttamento dei giacimenti di oro, diamanti e uranio. La Russia ha posato il suo stivale nella Repubblica Centrafricana e rischia di destabilizzare ulteriormente un Paese da anni in balia di gruppi armati illegali e in cui la popolazione vive in condizioni disperate.
L’incontro di Sochi I legami tra il Cremlino e il presidente Faustin-Archange Touadéra si stanno facendo sempre più forti. Lo scorso fine settimana, il capo di Stato centrafricano è stato ospite del Forum economico di San Pietroburgo e ha discusso con Putin dello sviluppo dei rapporti bilaterali. Ma l’incontro più importante che Touadéra ha avuto in Russia risale al 7 ottobre dello scorso anno, quando a Sochi ha siglato una serie di accordi con il ministro degli Esteri Sergey Lavrov: il primo passo verso il sostegno militare russo al suo governo, a quanto pare basato anche sull’invio da parte di Mosca di mercenari spacciati per «istruttori civili» delle forze armate. E – stando a diverse fonti – schierati strategicamente in prossimità dei principali giacimenti di risorse naturali. Proprio come in Siria erano dispiegati in difesa dei pozzi di petrolio.La guerra civileLa Repubblica Centrafricana è divorata dagli scontri tra le milizie; si registrano episodi di pulizia etnica, violenze di ogni genere, oltre un milione di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case e secondo la Croce Rossa metà della popolazione del paese ha bisogno di aiuti umanitari. Le forze governative controllano appena un quinto del territorio nazionale e mantenere l’ordine nella capitale spetta ai caschi blu dell’Onu. In questo delicato contesto, le Nazioni Unite hanno imposto alla Repubblica Centrafricana un embargo sulle armi in modo da evitare nuove e sanguinose impennate nell’uso della forza.Via libera dalle Nazioni UniteMosca lo scorso dicembre ha però ottenuto dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu il permesso di addestrare alcune unità dell’esercito centrafricano e fornire loro delle armi portatili. Dalla Russia i governativi hanno ricevuto 900 pistole Makarov, 5.200 kalashnikov, 840 mitragliatrici, 140 fucili di precisione e 270 lanciagranate. Una svolta per i militari centrafricani, che prima dovevano per lo più accontentarsi di vecchi fucili Mauser, mentre i miliziani ottenevano armi ben più moderne dai trafficanti. Ma «fonti umanitarie» citate da El Mundo sostengono che il Cremlino si prepara a vendere a Bangui anche armi pesanti che al momento si trovano dall’altra parte della frontiera con il Sudan, un altro paese in cui sarebbero presenti mercenari russi.Le basi dei contractorIl ministero degli Esteri di Mosca ha precisato di aver inviato le armi leggere in Centrafrica tra fine gennaio e inizio febbraio. E, assieme a loro, cinque istruttori militari e ben 170 istruttori civili. Tutto nel rispetto delle regole internazionali, assicurano i russi. L’obiettivo ufficiale è quello di addestrare due battaglioni che già hanno ricevuto formazione militare dal contingente Ue presente nel paese. Il sospetto però è che gli «istruttori civili» russi siano in realtà mercenari del Gruppo Wagner: una compagnia privata di combattenti considerata legata a doppio filo al Cremlino. E non è detto che siano solo 170, visto che alcuni sarebbero arrivati in Africa illegalmente e con passaporti falsi. Questi contractor sono già stati nel Donbass al fianco dei separatisti, e Mosca se ne serve per avere una presenza armata in Siria limitando il numero ufficiale dei propri caduti. Dietro i mercenari di Wagner pare vi sia un imprenditore del settore ristorazione vicino al presidente russo e per questo noto come «lo chef di Putin»: Evgenij Prigozhin, accusato pure di essere l’ideatore della «fabbrica dei troll» di San Pietroburgo, che pagava centinaia di giovani per diffondere sui social network messaggi e commenti graditi al Cremlino.Gli istruttori russi alloggiano a 60 chilometri dalla capitale, nell’enorme tenuta di Barengo che una volta apparteneva a Jean-Bédel Bokassa, presidente dal 1966 al 1979 e autoproclamatosi imperatore. Con loro Putin «sta prendendo due piccioni con una fava», spiega il politologo Didier Francois, secondo cui Mosca sta così perseguendo sia i propri interessi economici sia quelli geopolitici in Africa, che rischiano però di essere in contrasto con quelli di Cina, Stati Uniti e Francia.