La Stampa, 1 giugno 2018
Un virile pronostico
Visto che qui stiamo come stiamo, perché non dare un’occhiata a che succede fuori dall’Italia, così per svago? Per esempio in Polonia. L’altro giorno il presidente dell’Ordine degli avvocati di Varsavia, Mikolai Pietrzak, ha mandato un video ai colleghi di Trento e Bolzano riuniti in congresso. Pietrzak ha spiegato come il partito al governo (si chiama Diritto e Giustizia, che meraviglia) abbia bloccato la Corte costituzionale e infilato una serie di leggi con cui sono stati congedati i giudici della Corte suprema, del Csm e di centoventi distretti di giustizia, e sostituiti con altri giudici più comprensivi delle ragioni governative e più rigorosi con i dissidenti, diciamo così. Sono a rischio «i diritti umani e le libertà fondamentali», ha detto Pietrzak chiedendo soccorso all’Unione europea e alle Nazioni Unite. Ma svaghiamoci un po’ pure con l’Ungheria, dove si discute una legge, voluta dal presidente Viktor Orban, per cui sarà vietato dare cibo, ricovero e assistenza legale agli immigrati clandestini. Si sta cercando di capire se la proibizione verrà estesa a chi allungasse loro un panino (probabilmente sì), mentre è indubbio che nessun avvocato delle organizzazioni umanitarie potrà assistere il richiedente asilo, che si terrà quello che il tribunale gli rifilerà. Tutto bene in Europa, no? Lo si ricorda giusto perché Matteo Salvini, poco più di un anno fa, ha definito l’Ungheria suo modello di Paese e Orban suo modello di leader. E quando Andrzej Duda vinse le presidenziali in Polonia, esultò alla vittoria del popolo con un virile pronostico: «Fra un po’ toccherà a noi».