Corriere della Sera, 31 maggio 2018
Intervista a Didier Deschamps
Didier Deschamps, domani c’è Francia-Italia. Una volta era una finale Mondiale, adesso gli azzurri vi fanno da sparring partner. Che effetto le fa?
«È strano. Un Mondiale senza Italia non è la stessa cosa, perché il calcio da voi è passione. Bisogna capire le ragioni di questo cataclisma e ripartire. La qualità c’è. In campo e in panchina: Mancini mi sembra l’uomo giusto».
Che valore ha la gara?
«Per l’Italia non so, ma per noi è molto importante e sfidare gli azzurri è sempre qualcosa di particolare. E a Nizza, così vicina al confine, lo sarà ancora di più. Tutto conta nell’avvicinamento alla Coppa».
Quella del calcio italiano è una crisi profonda?
«Non credo. Saltare un Mondiale è un momento durissimo, ma sono convinto che l’Italia riprenderà la strada giusta: ci incroceremo di nuovo all’Europeo».
La serie A si è indebolita: è una delle cause della crisi?
«Una volta il vostro campionato era l’obiettivo di tutti i calciatori, adesso non più. Mi sembra però sempre competitivo. In Francia ci sono meno mezzi economici, ma a 17-18 anni i ragazzi giocano. Da voi bisogna essere dei fenomeni per debuttare così giovani».
Lei di giovani fenomeni ne ha tanti: siete tra i favoriti?
«Penso che alcune Nazionali siano davanti a noi, sia per qualità che per esperienza: Spagna, Brasile, Argentina e Germania».
Si tira indietro?
«Non mi voglio nascondere. Ma siamo molto giovani. Abbiamo molta qualità e talento, ma metà della squadra scoprirà solo adesso cosa è una Coppa del Mondo».
Cosa la preoccupa di più?
«Quella di avere dei momenti di rilassamento, perché magari le cose ci sembrano facili. Non c’è niente di facile. E tutto si gioca sui dettagli».
Su alcuni giocatori pesano certi prezzi folli?
«Il costo di Pogba, Dembelé o Mbappé non fa di noi dei favoriti. Anche perché nei loro club alcuni non sono ancora uomini chiave. Oggi nel calcio va tutto a una velocità folle, meglio per loro. Ma l’apprendistato non è finito».
Il lato positivo dei giovani?
«L’incoscienza della nuova generazione può essere un valore aggiunto: non si interessano molto della critica o di quello che si scrive di loro. Passano subito alla cosa successiva, senza scomporsi».
Le critiche nei suoi confronti sono sempre pesanti, specie per l’esclusione di Benzema. Fare il c.t. della Francia è stressante?
«Non per me. L’adrenalina, quella sì è molto forte. Ma noi viviamo in una bolla. Non ci confrontiamo con la dura realtà della vita di tutti i giorni. I tifosi invece sì. E a volte rischiano di andare oltre nelle critiche. Stabilire un confine è fondamentale. E vale anche per gli ex giocatori che ora fanno i commentatori».
Questa Francia ha qualcosa dei campioni del ’98?
«No, eravamo molto più esperti: i leader erano tanti».
Pogba si è fermato?
«Non è regredito, di questo sono convinto. Forse si è troppo esigenti con lui: può essere decisivo anche se non segna o non produce assist».
Allegri diceva che doveva «gigioneggiare» meno.
«Deve coniugare efficacia e creatività, perché a volte si perde. Poi il fatto che sia un personaggio mediatico, con un lato eccentrico, fa sì che si parli sempre di lui. E chi lo odia dirà sempre cose sgradevoli su di lui. Ma io non ho dubbi: è un giocatore top».
E Mbappé?
«Di lui mi piacciono molte cose, se non tutte. La sua velocità può fare la differenza».
Lei è l’unico c.t. in Russia che ha vinto il Mondiale da giocatore. È utile?
«Io non parlo mai di quello che ho fatto. E i miei giocatori vivono nel presente e non mi domandano nulla. A un ragazzo di oggi non interessano Deschamps, Zidane o Thuram. Forse solo Zidane è una personalità che attraversa le generazioni».
Lo juventino Matuidi che ruolo ha nel suo gruppo?
«È fondamentale, sul campo e nella vita di gruppo. Conto molto su di lui e sulla sua leadership naturale. Può succedere che non giochi sempre, ma resta un leader».
Il girone della Francia, che affronterà Perù, Australia e Danimarca, sembra tra i più facili. Che ne dice?
«Come ranking sono tra le avversarie migliori. Di sicuro per noi sarebbe inconcepibile non fare gli ottavi. Ma questo non basta per fare la differenza: bisogna lottare anche contro se stessi».
Che ne pensa della Var?
«È una novità importante, ma complessa. Se rende giustizia ben venga, ma deve essere regolamentata bene».
La Francia ha tantissimi giocatori di colore. E avete già avuto i vostri problemi in Russia. Il razzismo può essere un problema?
«La Fifa e il governo russo credo che abbiano lavorato per risolverlo. Mi auguro che sia così perché è qualcosa che noi non possiamo tollerare».
Lei tornerà ad allenare un club dopo il Mondiale?
«Sto benissimo in Nazionale, la domanda non me la pongo. Poi nel futuro chissà: la sola cosa fondamentale per me è poter parlare la lingua dei giocatori. Me lo hanno insegnato alla Juve, dicendomi che in due mesi avrei dovuto imparare l’italiano. Me la cavo ancora bene, no?».