Corriere della Sera, 31 maggio 2018
Io, marziano sulla Terra
«Mi hanno chiamato dalla redazione londinese del Guinness World Records per sapere se fosse vero che alla fine del 2017 avevo pilotato per oltre 16 chilometri i rover marziani Spirit, Opportunity e Curiosity della Nasa. Verissimo; anzi oggi ho superato i 17 chilometri».
Paolo Bellutta, 60 anni, sorride confermando il record di pilotaggio rispetto agli altri suoi colleghi americani del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa a Pasadena, in California. «Dal 2004, quando i primi due rover sono arrivati sul Pianeta Rosso, vivo anch’io ogni giorno su Marte – aggiunge —. È quasi diventata una routine ma questo non ha spento la mia curiosità e dopo 14 anni mi sento un po’ un marziano sulla Terra».
Al mattino Paolo arriva al Jpl con la sua auto dalla targa personalizzata sulla quale c’è scritto «rovrdrv» che sta per rover driver, autista di rover. Entra in una stanza dalle pareti grigie senza finestre e siede attorno ad un tavolo, prima con altri cinque piloti di Opportunity, poi con i 15 di Curiosity. Assieme, scrive il piano della giornata che viene poi trasmesso ai due rover in attesa sulle sabbie rosse.
Spirit è ormai fuori gioco e non fa più sentire la sua voce dal 2010. «Riceviamo le richieste dai geologi – racconta —. Vediamo come realizzarle compatibilmente con l’ambiente da attraversare e le capacità dei veicoli. Poi scriviamo gli ordini in un software adeguato e lo spediamo lassù. Da quel momento il cervello dei rover provvede alle operazioni in completa autonomia». Curiosity, grande come un Suv e con un generatore nucleare a bordo, è l’ultimo arrivato, nel 2012. Di fatto è un laboratorio biochimico su ruote e si muove nel grande cratere Gale. «Ha bisogno di più piloti – spiega Paolo – perché avendo una fonte continua di energia lavora senza sosta ma è anche più complicato nonostante abbia più capacità rispetto ai predecessori dall’altra parte del pianeta. Io, però, sono più affezionato a Opportunity. Lo trovo più interessante da pilotare: essendo meno dotato richiede maggiore impegno e degli accorgimenti maturati in anni di lavoro. E poi lui e Spirit sono i primi che ho governato, mi hanno cambiato la vita».
Paolo ha varcato la soglia del mitico Jpl, dove nascono e si controllano i viaggi delle sonde interplanetarie, iniziando a occuparsi di veicoli automatici terrestri per il dipartimento della Difesa. «Un’esperienza preziosa – nota – che mi ha permesso di salire su Marte ed esten-dere la mia passione per l’esplorazione. Ogni giorno è una meraviglia guardare nuovi panorami rossi, paesaggi fantastici con orizzonti vuoti dove ci sono solo io che guardo, sia pure da Terra, e sono il primo a vederli». Qualche volta sono corsi dei brividi nella sala grigia. «Opportunity scendeva lungo un canalone scosceso del cratere Endeavour. Sembrava che non riuscisse e stesse per scivolare rovinosamente. Abbiamo temuto di averlo perso, ma manovrando con qualche rischio le ruote lo abbiamo portato in salvo».
Paolo, nato a Rovereto ed esperto di computer science, volò negli Stati Uniti nel 1992 entrando alla Oregon Health Science University per decifrare immagini mediche. «Vidi un annuncio del Jpl su Internet, mandai il mio curriculum e mi assunsero. Mi è parso un sogno».
I rover della Nasa hanno scritto capitoli fondamentali dell’esplorazione marziana confermando l’antica presenza di acqua e un ambiente favorevole alla vita. «Nel 2020 partirà un altro rover americano – conclude Paolo – ma, a questo punto, mi piacerebbe di più pilotare il rover europeo Exomars in partenza nello stesso anno, perché perforando il suolo fino a due metri compie un’impresa mai tentata. Inoltre ha a bordo molta tecnologia italiana, si controllerà dall’Italia e io mi sento sempre orgogliosamente italiano».