Corriere della Sera, 31 maggio 2018
Aste Btp, il caos sui mercati ci è già costato 144 milioni
Sono costati agli italiani 144 milioni all’anno: non perdite teoriche su qualche investimento ma denaro vero, da reperire inesorabilmente attraverso le imposte di chi lavora e di chi risparmia. Gli sbandamenti ripetuti delle forze politiche in questa crisi di governo, l’aver rimesso in discussione l’euro quale moneta del Paese, l’aver diffuso il dubbio sull’intenzione di onorare il debito pubblico e i piani di spese e tagli alle tasse senza coperture stanno già dispiegando i loro effetti sul portafoglio degli italiani in maniera concreta.
L’aggravio in interessi sui titoli di Stato emessi martedì e ieri, dovuto all’instabilità finanziaria che si è creata, è appunto di circa 144 milioni di euro all’anno per la durata della vita di quei bond. Questa è la differenza che gli italiani dovranno sostenere in più, con le loro tasse, rispetto a ciò che quel nuovo debito sarebbe costato con i livelli di rendimento anche solo di poche settimane fa. L’asta dei Buoni ordinari del Tesoro di martedì ha segnato un aggravio, molto forte, di 55 milioni rispetto agli oneri che sarebbero stati pagati all’inizio del mese. Quella del Btp in scadenza nel 2028 costerà 23,6 milioni in più per i prossimi dieci anni; quella del Btp in scadenza al 2023 costerà 29,7 milioni in più e quella dei CcTeu costerebbero alla fine 35,4 milioni in più all’anno se le condizioni resteranno quelle di ieri.
In tutto fa un costo supplementare, appunto, per circa 144 milioni di ieri. Con quei fondi il Servizio sanitario nazionale avrebbe potuto tenere aperti 360 posti letto in un ospedale ogni anno e il sistema dell’istruzione pubblica avrebbe potuto portare dalla scuola materna alla laurea magistrale 850 giovani. Invece quelle risorse dei contribuenti finiranno in ulteriori interessi sul debito pubblico, più che proporzionalmente versati come cedole agli italiani più abbienti che hanno più risparmi investiti in titoli di Stato.
Questo è il costo concreto del caos politico in soli due giorni, fin qui. Sarebbe potuta andare anche peggio ieri, date le premesse di martedì, alle tre aste che si sono tenute in mattinata. Alla fine le banche specialiste incaricate di collocare i titoli sono riuscite a vendere i decennali con rendimenti del 3%, sotto i picchi drammatici di martedì. L’importo di titoli a dieci anni emesso ieri è risultato di 1,82 miliardi, un po’ sotto i massimi previsti di 2,25. A complicare le operazioni di collocamento peraltro hanno contribuito le continue schermaglie della politica a mercati aperti: dopo le 11 di mattina, a poche decine di minuti dalla chiusura dell’asta una dichiarazione del leader della Lega Matteo Salvini a favore di nuove elezioni ha improvvisamente fatto impennare i rendimenti dal 3,07% al 3,18%. Anche le aste dei Btp a cinque anni (rendimenti al 2,32%) e dei CcTeu sono andate meglio nel complesso meglio del temuto. A maggior ragione dato il terremoto del giorno precedente, che aveva visto uno dei tracolli più rapidi della storia nelle quotazioni del debito italiano. Secondo informazioni di mercato, al terremoto di martedì avrebbe contribuito anche la situazione di uno specifico hedge fund newyorkese, Field Street Capital, che aveva assunto a debito una posizione rialzista sui Btp.
Ieri invece lo spread, o differenziale, fra Btp e Bund a dieci anni ha chiuso in netto calo a quota 247 punti (era salito oltre 300 martedì). Anche le piazze azionarie ieri si sono almeno in parte riprese. Il Ftse Mib di Piazza Affari ha recuperato il 2,09%, ma è sempre in perdita del 13% dal 7 maggio. Per una figura chiave del mercato, questa resta una «tregua armata». A conferma della quale ieri Moody’s ha annunciato di aver messo sotto osservazione 12 banche italiane e alcune imprese per un possibile declassamento.