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 2018  maggio 31 Giovedì calendario

Scegliere il rovescio a una mano Thiem e i giovani controcorrente

Entrano in campo solo alle 19, sul campo numero 18: la periferia del Roland Garros. Dominic Thiem e Stefanos Tsitsipas. Suona come uno sgarbo, ma forse non c’è malafede. Si affrontano due ragazzi d’oro, che condividono qualcosa, un gesto tecnico: il rovescio effettuato con una sola mano. Il colpo che ha contraddistinto gente come Laver, e poi Sampras. E oggi Federer e Wawrinka. Il colpo che è stato dato per morto ma che, improvvisamente, viene scelto da qualche Next Gen: Tsitsipas, l’abbiamo detto. E poi Shapovalov. Ma ci sono anche Dimitrov, e Gasquet. E qualche altro meno noto, come Bolelli che ha ottenuto l’applauso da Nadal, l’altro giorno, per le sue accelerazioni. Oggi la maggioranza dei tennisti gioca il rovescio con entrambe le mani, ma ci ricordiamo però i colpi della Navratilova, della Schiavone, della Vinci, della Henin. Bellezza pura.
Il campo 18, nonostante fosse una sorta di banlieue del torneo, era strapieno di gente vogliosa di godere le “sbracciate” dell’austriaco e del greco. «Belli da vedere, esteticamente, ma resteranno animali in via di estinzione» dice senza dubbi Davide Sanguinetti, ex azzurro e oggi coach. Come fosse una sorta di evoluzione darwiniana del tennis. Eppure proprio Francesca Schiavone, nel 2010, vinceva Parigi. E tre anni dopo sembrava che il vecchio gioco si stesse risvegliando, con la metà dei giocatori giunti agli ottavi maschili del Roland Garros dotati di rovescio a una mano. Poi neppure uno ha raggiunto le semifinali, e Wimbledon successivamente ha confermato la tendenza: non c’era un solo giocatore nei quarti – femminile e maschile – che usasse il rovescio a una mano.
La fine. Craig O’Shannessy, noto analista delle cose tennistiche, ha motivato il declino del colpo più creativo con l’impazienza dell’educazione: «L’obiettivo di vincere fin dalla più tenera età, avere un successo immediato è più importante che persistere con una sola mano, con cui inizialmente si potrebbe non avere lo stesso successo». Un pensiero sposato anche da Dan Weston, che ne aggiunge il rammarico: «Avere due mani sulla racchetta aiuta i bambini prodigio a guadagnare consistenza e puntare alla compattezza. Poiché la parte posteriore della spalla non è forte come quella anteriore, sono necessarie due mani, mentre solo una è necessaria per il dritto. Peccato perché il colpo con una sola mano porta varietà con lo slice, la smorzata e le volée. I pochi che lo usano tendono a raggiungere la cima».
Dal 1970 al 1990 oltre il 60% dei vincitori degli Slam usava quel colpo. Negli ultimi dieci anni la tendenza è stata invertita. E se togliessimo Federer la percentuale scenderebbe sotto il 10%. C’è anche una ragione scientifica: lo ha dimostrato anni fa un medico, Jack Groppel. Analizzando la biomeccanica di entrambi gli scatti dei tennisti, concluse che per i colpitori con una sola mano il gioco fosse più difficile da padroneggiare: veniva richiesta maggiore sincronia tra fianchi, gambe, tronco, avambraccio e mano. Per dire, fu il piccolo Djokovic a chiedere al suo primo maestro, Jelena Gengic, di passare al rovescio bimane, perché con una sola si «sentiva debole».
Nessuna speranza allora? Non è detto. Proprio il futuro potrebbe venire in soccorso del passato: il governo del tennis ( Itf, Atp, Wta) tiene monitorato l’appeal dello sport nel mondo e sembra aver compreso che un eccesso di violenza ( intesa come forza e ricerca dei colpi) possa trasformarsi in un boomerang. Per questo, a livello di mini tennis, molte federazioni sono state “invitate”’ ad accorciare i campi, usare palline più leggere, così come telai più piccoli, e lo conferma Umberto Rianna, uno dei responsabili tecnici federali: «Lo dico istintivamente: chissà che le annunciate nuove regole non aiutino un ripensamento della didattica e della strategia di gioco».