la Repubblica, 31 maggio 2018
«L’Italia fuori dall’euro? Per voi significherebbe una grande bancarotta». Intervista a Lars Feld, uno dei saggi della Merkel
Professor Feld, lei è uno dei “saggi” di Angela Merkel. È preoccupato per i rapporti tra Italia e Germania alla luce delle campagne d’odio e le incaute dichiarazioni di alcuni politici? «Sì, temo che i rapporti stiano peggiorando. Credo che in entrambi i Paesi occorrerebbe un po’ più di cautela».
Cosa pensa del commento dello Spiegel sull’Italia degli “scrocconi”?
«Una catastrofe. Però mi interesserebbe anche capire chi ha fatto uscire la notizia, durante la definizione del contratto di coalizione italiano, dei 250 miliardi di cancellazione del debito. O della clausola per l’uscita dall’euro. La mia impressione è che la Lega volesse aizzare gli animi già allora per impedire una coalizione con i 5Stelle. E già quello ha reso nervosi i mercati».
Cosa farà la Germania ora?
«Sarà cauta. Ed è un bene».
L’euro è in pericolo?
«Ancora no. È soprattutto l’Italia ad essere in pericolo».
L’eurozona potrebbe sopravvivere, nella peggiore delle ipotesi, senza l’Italia?
«Sì. In un caso del genere, tuttavia, bisognerebbe limitare i rischi che provengono dall’Italia, attraverso la Bce, l’Esm o l’Unione bancaria. Ciò isolerebbe maggiormente l’Italia, da un punto di vista economico».
In Europa che succederà?
«Al vertice Ue di giugno non verranno prese decisioni importanti, perché chiunque sarà il presidente del Consiglio italiano, non potrà prendere decisioni importanti».
Quale sarebbe lo scenario peggiore secondo la Germania?
«Quello di una campagna convintamente anti europea che trascinasse l’Italia sull’orlo dell’uscita dall’euro. Finora non è avvenuto. E un aspetto positivo è che ora i partiti dovranno essere espliciti sull’uscita o no dalla moneta unica».
Cosa provocherebbe l’uscita dall’euro?
«Un crollo dell’economia e un’alta disoccupazione. I crediti e il debito pubblico verrebbero affossati e bisognerebbe fare una riforma valutaria. Anche se tutto fosse minuziosamente preparato in anticipo, equivarrebbe a una grande bancarotta. La stragrande maggioranza dei titoli di Stato è in euro, bisognerebbe determinare un tasso di conversione per il 70% del debito che è in mano italiana. La paura di scenari del genere sta facendo aumentare i rendimenti sui titoli a breve: sono tornati ai livelli del 2012. Il cambio tra euro e franco svizzero si è mosso da 1,20 a 1,14, verso la parità. Le banche italiane sono piene di titoli di Stato. Se si diffonde il timore che i bond sovrani potrebbero non valere più nulla, un giorno, è ovvio che il capitale delle banche si squaglierebbe rapidamente. Per non parlare di tutti i contratti in essere che sarebbero messi in discussione. L’Italia è intrecciata con il resto dell’Europa da intensi scambi commerciali, esistono commesse e impegni futuri da riconvertire in euro: un incubo».
Ma sulle riforme europee Merkel frenava da tempo… e la garanzia sui depositi sembra un’utopia da sempre. “Quella discussione non mi è mai piaciuta. Io ho sempre trovato più importante che l’Europa si doti di un fiscal backstop solido per il fondo di risoluzione delle banche. Non abbiamo bisogno di un deposito comune per le banche».
Lei ha twittato che per l’Italia andrebbe forse pensato un cordone sanitario…
«Sì, ma l’Italia è troppo grande perché si possano arginare del tutto gli effetti che può scatenare. Però dobbiamo ridurre lo stesso i rischi. Perciò sarebbe importante decidere un fiscal backstop per il fondo di risoluzione delle banche. Servirebbe a proteggere il sistema bancario europeo».
La Germania si sente ricattata dalla discussione in Italia sull’uscita dell’euro, come sostiene qualcuno?
«No. L’Italia sarebbe la più colpita da un’uscita dall’euro. Se penso all’alto tasso di disoccupazione al Sud e alle perdite per le banche, nel caso di un’uscita, penso che l’abbandono della moneta unica non sia un’ipotesi credibile. Il rischio dell’80% dei bond comprati dalla Bce nell’ambito del Qe è a carico della Banca d’Italia».