Il Sole 24 Ore, 31 maggio 2018
Dai veicoli elettrici risparmi di petrolio pari a forniture Iran
I veicoli elettrici – auto e non solo – tra poco più di dieci anni potrebbero ridurre la domanda petrolifera di 2,6 milioni di barili al giorno, volumi superiori all’intera produzione dell’Iran e pari a circa il doppio dei consumi italiani. La previsione è dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), un organismo che almeno finora non aveva manifestato un eccessivo ottimismo sull’impatto dei motori a batteria. Il suo direttore Fatih Birol, in un’intervista rilasciata meno di un anno fa al Sole 24 Ore, aveva anzi messo in guardia dai facili entusiasmi, perché rischiano di lanciare «segnali sbagliati» e distogliere l’attenzione da altri temi più critici per il futuro dell’energia.
A far crescere la domanda di greggio, avvertiva Birol, non sono più le auto ma i camion e l’industria petrolchimica, responsabili in parti uguali dell’80% dell’incremento atteso nei prossimi anni. L’avvento dell’auto elettrica, insomma, non basta da solo a innescare il declino dei combustibili fossili. Ma l’effetto sui consumi di petrolio promette comunque di essere importante, specie se il fenomeno continuerà a diffondersi rapidamente.
Nel rapporto diffuso ieri l’Aie registra un nuovo poderoso balzo in avanti delle immatricolazioni nel 2017: il numero di auto elettriche (compresi ibridi plug-in) in circolazione nel mondo è salito a 3,1 milioni, da 2 milioni nel 2016 e 1,1 milioni nel 2015. Il 40% sono in Cina, ma è la Norvegia – che ha introdotto per prima una serie di agevolazioni – a vincere per rapidità di penetrazione, con il 39% delle nuove immatricolazioni. Seguono a distanza Islanda e Svezia, rispettivamente con l’11,7% e il 6,3% delle vendite (in Cina la percentuale è del 2,2%).
La mobilità elettrica non riguarda comunque solo le auto. Al conto l’Aie aggiunge 250mila furgoni a batteria e più di 370mila autobus (solo l’anno scorso ne sono entrati in funzione 100mila, quasi tutti in Cina), per arrivare a un totale di 3,7 milioni di veicoli. La previsione è che possano più che triplicare nel giro di due anni, raggiungendo quota 13 milioni.
Poi c’è il capitolo due ruote. Nel mondo i motoveicoli a pile sono già ben 250 milioni, anche se forse non ce ne rendiamo conto, perché di nuovo si tratta di un fenomeno quasi esclusivamente cinese. Il numero è aumentato di 30 milioni di unità solo nel 2017.
La flotta dei veicoli elettrici, benché tuttora modesta, l’anno scorso ha permesso di risparmiare 380mila barili di benzina e diesel al giorno (in compenso ha fatto consumare più corrente dell’intera Grecia: 54 terawattora).
Nel 2030 la domanda petrolifera “spiazzata” sarà di 2,57 milioni di barili al giorno nello scenario centrale dell’Aie, che prevede l’attuazione delle politiche di sostegno già in atto e di quelle annunciate, oltre a una continua riduzione dei costi. In quell’anno l’Agenzia stima che ci saranno 125 milioni di veicoli elettrici leggeri in circolazione. Ma il numero potrebbe addirittura salire a 220 milioni, secondo l’organismo dell’Ocse, se venissero perseguite politiche più ambiziose, coerenti con gli Accordi di Parigi sul clima. In tal caso la domanda petrolifera si ridurrebbe di 4,74 mbg.
Il problema delle materie prime non deve comunque ritenersi archiviato. Con la diffusione delle batterie infatti aumentano vistosamente i consumi di diversi metalli e in particolare c’è allarme per il cobalto: «Anche tenuto conto degli sviluppi nella chimica delle batterie – avverte l’Aie – si prevede che la domanda di cobalto per i veicoli elettrici sarà da 10 a 25 volte superiore a quella attuale entro il 2030».
Infine, ma non da ultimo, i governi dovranno tenere conto dei rischi per i bilanci statali: consumi ridotti di carburanti significano meno entrate fiscali e secondo l’Agenzia dell’Ocse potrebbe crearsi un “buco” tra 47 e 92 miliardi di dollari nel 2030, a seconda della rapidità di diffusione dei veicoli elettrici, che bisognerà probabilmente colmare con qualche nuova tassa.