Il Sole 24 Ore, 31 maggio 2018
Calcio e diritti tv Sorpasso francese sulla Serie A
Nell’anno zero del calcio italiano, senza Mondiali, non arrivano notizie confortanti neppure dai freddi numeri dei bilanci. Tra quelli sciorinati nel Reportcalcio 2018 – presentato ieri a Milano da Michele Uva, vicepresidente Uefa e Dg della Figc, Emanuele Grasso, partner di PwC, Carlo Dell’Aringa (Arel) e Niccolò Donna (responsabile del Centro studi della Federcalcio) – qualche segnale di tenuta c’è, ma non basta. Specie se gli altri si mettono a correre.
Mentre la Lega è impantanata da un anno nella vendita dei diritti tv per il triennio 2018/21 assegnati per un miliardo e 50 milioni a Mediapro e ora di nuovo in bilico dopo la rescissione del contratto con i catalani, tra vertenze giudiziarie e fideiussioni non depositate, la Ligue 1 francese ha ufficializzato la cessione dei diritti televisivi 2020/24. Per il nuovo quadriennio si è raggiunta la cifra annuale di 1,15 miliardi, con un aumento del 60% rispetto al precedente accordo. Non solo per la prima volta quello francese supera il campionato italiano ma lo fa, per ironia della sorte, grazie al consorzio composto proprio da Mediapro e dai qatarioti di beIN Sports (oltre che da Free, società della transalpina Iliad appena sbarcata anche in Italia). È stato così spodestata Canal+, storica emittente delle partite Oltralpe, provocando un ribasso in Borsa del 3,6% della controllante Vivendi.
Proprio i diritti tv restano, d’altro canto, l’ancora di salvezza dei club italiani assicurando 1,2 miliardi di introiti annuali, su un fatturato di Serie A, Serie B e Serie C pari a 3,3 miliardi. Il peso dei diritti tv è ancora più marcato di quanto appaia. Se il valore della produzione complessivamente è migliorato del 17% nella stagione 2016/17 rispetto a quella precedente, in gran parte questo è frutto del boom delle plusvalenze da calciomercato passate da 437 a 749 milioni. In questo formidabile incremento svolgono un ruolo rilevante i trasferimenti multimilionari di Higuain dalla Juve al Napoli per 90 milioni e di Pogba dal club bianconero al Manchester United per 105 milioni, ma dentro il calderone dei surplus di mercato sono tornati a essere immessi i proventi di affari realizzati a prezzi non esattamente di mercato, come portato alla luce anche da alcune inchieste giudiziarie in corso. Operazioni che portano alla memoria i non encomiabili maquillage contabili che hanno funestato il calcio italiano all’inizio degli anni Duemila.
In attesa di capire come finirà la vendita dei diritti tv, tra le poche note liete del Reportcalcio emerge l’incremento dei ricavi commerciali (+12,8%), anche se non ai ritmi della concorrenza europea (si veda l’articolo in basso).
I ricavi da stadio, al contrario, sono ancora al palo. Il botteghino ha portato nelle casse dei club italiani 278 milioni, ma se ci fosse stato un tasso di riempimento vicino al 100%, come accade in Inghilterra e Germania, ne sarebbero arrivati altri 290. Tanto costano i posti vuoti sulle tribune degli ultrasessantennali impianti della Penisola. Se in Europa sono stati costruiti o ristrutturati 139 stadi tra il 2007 e il 2017 con circa 14 miliardi di investimenti, soprattutto in Polonia, Germania, Turchia e Francia, e in Italia nello stesso periodo ne sono stati inaugurati appena tre, c’è poco da meravigliarsi.
L’equilibrio economico delle tre Leghe è stato in qualche modo protetto dal tentativo di tenere a bada i costi operativi, cresciuti dalla stagione 2015/16 a quella 2016/17 del 3,5% a 2,6 miliardi (con ingaggi per 1,7 miliardi). L’ingrossarsi degli ammortamenti – l’altra faccia delle plusvalenze – a quasi 700 milioni ha però determinato l’erosione di un Ebitda positivo, altrimenti raddoppiato in un anno a 734 milioni.
Il deficit complessivo del comprato calcio si è attestato a soli 156 milioni rispetto ai 372 dell’anno precedente, con la Serie A capace di registrare un rosso “light” di soli 29,5 milioni, aggregando però da sola il 90% (673 milioni) delle plusvalenze iscritte a bilancio. Senza queste entrate straordinarie il sistema professionistico (Serie A, B e C) resta in affanno. La serie cadetta ad esempio fattura poco più di 300 milioni e ne perde 50, la Lega Pro ha avuto, nella stagione 2016/17, 134 milioni di ricavi con 77 milioni di disavanzo.
Come conseguenza di questa sofferenza strutturale, i debiti totali nella scorsa stagione hanno oltrepassato la soglia dei 4 miliardi (di cui 3,6 miliardi appartengono alla massima categoria) con un incremento di 500 milioni.
«Dalla prossima stagione anche in Italia per iscriversi al campionato si dovrà rispettare il pareggio di bilancio – ha spiegato Uva, che ieri ha anche introdotto con il responsabile Uefa Andrea Traverso le nuove norme sul fair play finanziario in vigore dal 1° giugno 2018 -. Gli effetti di queste misure di controllo contabile li vedremo nel medio-lungo termine. Ma ci saranno e saranno positivi».