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 2018  maggio 31 Giovedì calendario

Paralisi generale

Stiamo come i pistards al termine del primo giro o poco prima degli ultimi duecento metri: fermi in cima alla curva, coscienti che il primo che scatta spesso perde.  

I pistards sarebbero?
Mattarella e Di Maio. Mattarella, che aveva in parte respinto la lista presentata da Cottarelli martedì pomeriggio, ha fatto sapere che da quel punto di vista è tutto a posto: i ministri ci sono e aspettano solo di essere nominati. Ma proprio ieri pomeriggio, mentre il presidente della repubblica e il presidente incaricato discutevano, sono arrivate le prime grida di Di Maio, disperato all’idea che dopo tre mesi e col 32% dei voti non si portasse a casa niente. C’è stato prima il comizio a Napoli, di cui abbiamo riferito ieri, e poi una serie di dichiarazioni nel corso di tutta la giornata il cui tenore può essere riassunto così: presidente Mattarella, la maggioranza c’è, ti spostiamo Savona, richiamiamo Conte e il governo è fatto.  

«Ti spostiamo Savona»?
Così dice Di Maio. Purtroppo per lui, Salvini, che al Quirinale, a differenza di Di Maio, non s’è fatto vedere, non sembra dello stesso avviso. Senta qui: «Se mi tirano via anche un solo uomo di quella squadra di governo, il governo non ha senso che esista. C’è quel programma e quella squadra, se vanno bene ci mettiamo la faccia e lavoriamo. Se qualcuno per i motivi più bizzarri non va bene all’Europa, a Berlino, ai mercati, alla Merkel e alle banche, cosa possiamo farci?». Se ci pensa è logico: Mattarella, mettendosi a fare il duro sul nome di Savona, ha rivelato quello che magari è sensato ma non era lecito sapere: nella composizione dei governi e in generale nelle decisioni politiche di maggior rilievo, il parere dei nostri creditori conta. Anzi, è determinante al punto che il presidente della repubblica ha creduto di potervisi sottomettere pubblicamente. Su questo, Salvini ha davanti a sé una campagna elettorale in discesa, con percentuali che l’altro giorno stavano - secondo i sondaggi - al 27% e che continuano a crescere. Angoscia di Berlusconi, che essendo un imprenditore deve stare col governo e cioè prender ordini, sia pure schiumando, da Salvini. Angoscia di Di Maio che vede prossimo il sorpasso dell’avversario che il 4 marzo aveva quasi doppiato e che di queste sue sconfitte dovrà rendere conto a Casaleggio e a Grillo quando i giochi saranno chiusi. Angoscia, me lo lasci dire, anche di Mattarella, a cui Salvini non piace per niente. E però Salvini ha in mano il boccino e gli altri invece annaspano.  

Che cosa può succedere?
Salvini preferisce non votare a fine luglio, quando il Nord è in vacanza e non potrebbe sostenerlo. Punta ad arrivare a settembre, massimo ottobre. Per rendere possibile questo slittamento è quasi inevitabile far passare Cottarelli con una «non sfiducia tecnica generale», cioè si dovrebbero astenere tutti quanti, in modo da evitare che vi siano forze politiche capaci di trar vantaggio dallo stare all’opposizione. Di Maio ha già detto che non ci sta e che il M5s voterebbe contro qualunque gabinetto non politico. In questo caso non ci starebbe neanche Salvini, e tutti a casa. Il buffo di questa astensione generalizzata è che, non potendosi dire quali forze politiche stanno nella maggioranza e quali nell’opposizione, non si potrebbero formare le commissioni parlamentari e quindi camera e senato sarebbero di fatto paralizzati fino alle elezioni.  

Cose da pazzi. I mercati?
Ieri è andata molto meglio, forse perché il mondo ha creduto alla svolta che ci avevano fatto balenare l’altra sera. La borsa ha chiuso con un aumento-rimbalzo del 2,09%, con recupero consistente delle quotazioni bancarie, Lo spread è sceso a 275 dai 303 di martedì. Anche l’euro, da giorni indebolito dal dollaro, s’è ripreso. Vedremo oggi, ma ieri i mercati hanno tirato il fiato.  

Se si resta in questa situazione di stallo, chi andrà ai grandi appuntamenti internazionali dove tra l’altro si discuteranno argomenti e si prenderanno decisioni che riguardano anche noi?
Già. L’8 giugno è in programma il G7 in Canada, il 10 giugno è la volta delle elezioni amministrative in 783 comuni, di cui 21 capoluogo di provincia e uno anche capoluogo di Regione (Ancona). Il 28 giugno ci sarà il Consiglio europeo e l’11 luglio il vertice Nato. Dagli Stati Uniti fanno sapere che l’andamento delle nostre cose è monitorato. «Stiamo tenendo d’occhio l’Italia molto da vicino» ha detto la portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders ai giornalisti a bordo dell’Air Force One. Mentre il portavoce della Commissione Ue ha fatto sapere che «il presidente Juncker ribadisce la sua fiducia nell’Italia e in Mattarella».