La Stampa, 29 maggio 2018
La doppia opzione di Matteo
Il conflitto fra il Presidente della Repubblica da un lato, la Lega e il Movimento 5 stelle dall’altro cristallizza, divarica brutalmente e infine trasferisce in cima allo Stato la frattura fra una parte ormai maggioritaria dell’elettorato e gli assetti politici e istituzionali tradizionali – italiani ed europei. Come sappiamo ormai fin troppo bene, la frattura ha cominciato ad aprirsi anni fa, per lo meno nel 2011, e da allora non ha fatto che allargarsi. E se pure non s’è aperta soltanto in Italia – basti pensare agli Stati Uniti o alla Gran Bretagna -, in un Paese fragile come il nostro rischia di avere conseguenze ben più serie che altrove.
È lecito ritenere che questo conflitto sia inevitabile e che lo si debba lasciar sfogare fino in fondo, quale che ne sia il prezzo. Sembrano pensarlo le nutrite tifoserie delle due opposte fazioni che in queste ore spingono verso la radicalizzazione (soltanto politica e verbale, per fortuna) dello scontro. Ma se è senz’altro vero che il conflitto ha radici profonde, non era affatto inevitabile che esplodesse con questa virulenza. Non è già decisa la maniera nella quale si svolgerà nei mesi a venire. Ed è lecito dubitare con forza che il suo aggravarsi convenga al Paese. In una democrazia è impensabile che gli assetti politici e istituzionali sopravvivano a lungo a dispetto della maggioranza degli elettori. Ma anche i tribuni del popolo sanno bene (e in privato lo ammettono senza difficoltà) che per modificare quegli assetti è comunque necessario comprenderne e saperne gestire i meccanismi.Se siamo arrivati a questo punto, dunque, è stato anche per una serie di scelte non obbligate. Tirandosi fuori dai giochi, il Partito democratico ha spinto il M5S fra le braccia della Lega. Poiché il Movimento è un camaleonte, e prende il colore di chi gli sta accanto, in virtù di quest’operazione sconsiderata le posizioni sovraniste più radicali, che dalle urne erano uscite col 17%, hanno conquistato di colpo la maggioranza assoluta. Berlusconi, per parte sua, pur di scongiurare il voto ha consentito alla Lega di tentare il governo coi Cinque Stelle. Per non parlare poi di come, più in generale, egli abbia tenuto fermo il centrodestra per anni, aprendo a Salvini vaste praterie politiche. Il presidente Mattarella ha agito nel pieno rispetto del dettato costituzionale, infine, ed esasperare ulteriormente gli animi chiedendone l’impeachment è un atto d’irresponsabilità pura. Col senno di poi tuttavia, e pur tenendo conto della grande difficoltà della sua posizione e della sua solitudine, non possono che sorgere dubbi sull’opportunità politica di certe sue mosse. Se non altro perché alla fine è stato costretto allo strappo, e a strappare per giunta sul terreno più favorevole al leader leghista.Così come non era scritta in partenza la storia che ci ha portati fin qui, non lo è ancora quella che da qui comincia. Il passato tuttavia condiziona il futuro, e fa sì che a questo punto tocchi soprattutto alla Lega, e in misura minore al M5S, decidere in che direzione portare il sistema politico italiano. Se i due partiti si presenteranno alleati alle prossime elezioni, la frattura fra una larga maggioranza del Paese e gli attuali assetti politici e istituzionali diverrà definitiva. L’alleanza sovranista che si presume trionferebbe alle urne si troverebbe a quel punto in controllo, ma pure esposta ai contraccolpi dei molteplici vincoli esterni, che è senz’altro legittimo voler allentare o anche spezzare ma che, se sfidati incautamente da una classe politica inadeguata, hanno il potere di danneggiare il Paese in maniera irreparabile. Se invece dovesse andare al voto dentro lo schema del centrodestra, alleata con una Forza Italia che appartiene al Partito popolare europeo e ha respinto l’ipotesi dell’impeachment del Capo dello Stato, la Lega potrebbe allora tentare la via di un mutamento anche profondo delle strategie nazionali, che sappia però recuperare e valorizzare una parte almeno delle risorse politiche e istituzionali oggi disponibili, e cerchi di evitare al Paese traumi eccessivi.