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 2018  maggio 29 Martedì calendario

Un vantaggio ai duri e puri

Sono consapevole che questo pezzo è in dissonanza con le idee espresse su questo giornale da numerosi commentatori e dal direttore, un motivo in più per ringraziare quest’ultimo dell’ospitalità. La Lega era ed è in una botte di ferro. Andando alle elezioni a bocce ferme, avrebbe preso almeno il 5 per cento in più del 4 marzo; andandoci come vittima dell’establishment plutocratico- finanziario, delle agenzie di rating, dei signori dello spread, e dei cattivi tedeschi, prenderà ancora di più. Per questo alle orecchie di Salvini il discorso del presidente Mattarella, con i suoi riferimenti all’«allarme degli investitori e dei risparmiatori, italiani e stranieri», all’«impennata dello spread», e alle «perdite in Borsa», deve essere suonato come una sinfonia di Beethoven.Ma non è stato solo un errore di forma, è stato anche un errore di sostanza e di principio. Cominciamo dalla prima. È inutile nascondersi dietro un dito: nonostante le smentite di facciata, la Lega e una parte almeno dei 5S vogliono uscire dall’euro. Per rendersene conto basta leggere una miriade di violentissime dichiarazioni passate di tanti loro esponenti. Eppure, e anche se oggi lo dimentichiamo, complice la sconfitta della piattaforma no- euro di Marine Le Pen in Francia, il tema dell’euro era completamente sparito dalla campagna elettorale: la Lega prese i suoi voti su immigrazione e sicurezza. L’euro è tornato alla ribalta per il muro contro muro di questi giorni sul nome di Savona. Ma lui o un altro non avrebbe fatto la minima differenza nell’orientamento del governo, che in ogni caso sarebbe stato deciso da Salvini e dai suoi consiglieri.Anche se sono contro l’euro, i dirigenti della Lega e dei 5S non hanno mai compreso gli enormi costi che un’uscita comporterebbe, perché vivono in un mondo iper- semplificato fatto di slogan e di violenza verbale, dove tutto è sempre colpa delle banche e della Germania. Personalmente non credo che un governo Lega-5S avrebbe iniziato la pratica dell’uscita dall’euro: aveva troppe altre pratiche da sbrigare. Ma se l’avesse fatto, i suoi stessi elettori si sarebbero fatti carico di fargli capire che i tedeschi e le agenzie di rating non c’entrano proprio niente, e che uscire dall’euro ha costi enormi proprio per i più indifesi. La questione sarebbe stata chiusa per i prossimi dieci anni. È esattamente la stessa parabola di Tsipras in Grecia: partito per disfare tutto, messo di fronte alla realtà dopo pochi mesi addivenne a più miti consigli, e licenziò il più estremista, incompetente e vanesio dei suoi ministri, Varoufakis. Impuntarsi su Savona invece ha soltanto rafforzato la determinazione dei nostri no- euro duri e puri a tenere aperta la questione.Infine, è stato un errore di principio. Che ci piaccia o no, Lega e 5S hanno vinto una maggioranza parlamentare. C’è una tendenza assai diffusa tra molti politici e commentatori secondo cui l’euro è una questione troppo seria per lasciarla decidere alle masse ( non è detta così, ovviamente, ma questa è la sostanza). Quante volte abbiamo sentito sciocchezze come «l’Europa e l’euro non si discutono» ? Vero, l’euro è una questione maledettamente seria, ma chi decide di cosa si può e non si può discutere? L’ implicazione logica di questi argomenti è il voto multiplo, o la fine della democrazia.Invece di trattare come appestato o demente chi si permette di discutere l’euro, gli oppositori di Lega e 5S farebbero bene a riflettere sui propri errori. In questo senso, la vera notizia di queste due settimane è questa frase del presidente del Pd Orfini a proposito del lavoro di Minniti: «Alcune scelte di governo hanno favorito lo sfondamento a destra. Se andiamo in tv a dire che l’immigrazione è un pericolo si fa un assist a Salvini. La lettura sull’immigrazione data dal nostro governo ha sdoganato una lettura di destra del fenomeno». Mala tempora currunt, perché è ovvio che chi dovrebbe opporsi a Lega e 5S non ha capito niente, ma proprio niente, di quello che è successo.