la Repubblica, 29 maggio 2018
Intervista a Giuseppe Conte
Professor Conte come sta?
«Sono un po’ stanco. Sono stati giorni di lavoro intenso e di grande concentrazione».
Deluso? Triste?
«Sono deluso come tutte le persone che non vedono avviare una esperienza di governo che si riprometteva di operare forti cambiamenti. Sono anche triste, perché avevo previsto che il Paese avrebbe subito un forte contraccolpo nel caso in cui questa speranza fosse andata delusa».
Che effetto le fa tornare alla vita del professore?
«Il periodo dell’incarico è stato molto breve. Una settimana fa insegnavo e riprenderò subito a farlo».
Ha dei rimpianti?
«Ci ho pensato. Ma quando opero mi sforzo di ponderare subito tutti gli aspetti in modo da prevenire rimpianti successivi».
Oggi ha parlato con Salvini e Di Maio?
«Ho parlato con loro sino a domenica sera tardi. Oggi è una giornata dedicata a mio figlio Niccolò: nei giorni scorsi l’ho visto poco e sto recuperando».
Senta, ma perché non ha accettato l’interim dell’Economia?
«La lista dei ministri che ho proposto a Mattarella conteneva un elenco di persone, concordate con i leader della maggioranza, con la massima attenzione. Era una squadra equilibrata, forte di figure di rilievo politico e di qualche innesto di elevatissima competenza. Una diversa composizione non avrebbe garantito il raggiungimento degli obiettivi politici e operativi fissati nel contratto».
Perché questa ostinazione su Savona?
«Quando con gli esponenti delle forze di maggioranza abbiamo valutato il suo nominativo come ministro dell’Economia, mi sono sentito subito rassicurato, perché figura di grande rilievo scientifico e di grande esperienza anche istituzionale. Ho poi effettuato vari riscontri con importanti economisti, traendo un giudizio sempre positivo».
Ma lei con Savona aveva parlato?
«Ho avuto con lui un incontro riservato che è durato oltre un’ora e mezza. Volevo capire meglio. Sono uscito dal colloquio profondamente rassicurato: Savona era ben funzionale al nostro progetto politico, che prevedeva la promozione di una nuova politica economica, meno legata all’austerità e più orientata a rilanciare gli investimenti produttivi. Anzi, con lui ho ragionato di come rafforzare alcuni aspetti del sistema europeo, rendendolo più equo. Di uscita dall’euro nessuno ha mai parlato e comunque non era nel contratto di governo. È per questo che mi sono potuto fare garante, con il presidente della Repubblica, della permanenza del Paese nel sistema-euro, ma anche della nostra determinazione a rinegoziare le politiche economiche».
Non ha avuto l’impressione che insistere su Savona nascondesse la voglia di rompere e andare alle elezioni?
«Se avessi avuto questa impressione non mi sarei speso così tanto. Ero però consapevole che sia per M5S sia per la Lega non era solo importante formare un governo, ma farne uno che potesse perseguire gli obiettivi politici riassunti nel contratto».
Cosa prova un uomo normale nel diventare premier in 24 ore?
«Superata la sorpresa iniziale, è prevalsa subito l’attitudine professionale a tuffarsi nella soluzione dei problemi».
Non ha temuto, vista la sua inesperienza politica, di diventare uno strumento senza autonomia decisionale nelle mani di Salvini e Di Maio?
«Il rischio c’era e per questo l’ho subito affrontato: con Di Maio, che già conoscevo, ma anche con Salvini, si è instaurato un rapporto molto franco, anche dal punto di vista umano. Ci siamo confrontati sugli obiettivi politici e sul modo con cui avrei diretto e coordinato l’azione di governo. Nessuno ha mai posto in discussione il mio ruolo e questo ho anche spiegato al capo dello Stato, confermando la mia risolutezza a esercitare tutte le prerogative del presidente del Consiglio».
Davvero pensava di poter decidere qualcosa da solo?
«Non ho l’ambizione di decidere da solo. Sono persuaso che le decisioni migliori scaturiscono dai tavoli intorno ai quali siedono personalità diverse, dotate di differenti sensibilità e competenze, mentre a capotavola siede una persona capace di sintetizzare le soluzioni più efficaci».
Ha detto che in passato il cuore batteva a sinistra. Come avrebbe fatto a stare con la Lega?
«Non conoscevo personalmente gli esponenti della Lega, ma il confronto con loro è stato subito molto diretto. Non ci siamo incontrati per dissertare di questioni ideologiche, ma per confrontarci su questioni pratiche, collegate al contratto di governo. Ho detto anche al presidente della Repubblica che formando questo governo con Lega e M5S avremmo dato un forte contributo a rafforzare la fiducia dei cittadini».
E cosa vede di “sinistra” dentro M5S?
«Non credo molto ai vecchi schemi ideologici. Ma, a volerli seguire, nel contratto ci sono molte istanze di “sinistra” trascurate dalle forze politiche che pure si dichiarano di sinistra».
Lei ha davvero lavorato al contratto di governo? Neppure una perplessità?
«Non mi sono mai seduto al tavolo, ma sono stato costantemente aggiornato sulle varie questioni e ho dato anche vari suggerimenti. Qualche perplessità? È nella logica di un contratto che si debbano trovare punti di incontro anche rispetto a posizioni differenti».
Cos’ha provato quando ha parlato con Macron?
«Il tono è stato subito confidenziale e questo mi ha fatto capire che la tutela degli interessi del nostro Paese passa anche attraverso la capacità dei leader di instaurare e mantenere rapporti personali franchi e diretti. Peraltro, ci siamo scambiati anche delle prime impressioni su misure di politica economica meno recessive».
Come giudica l’impeachment di Mattarella?
«Oggi non ne parlo».
Lei si candiderà con M5S?
«La proposta non è arrivata. Se e quando arriverà, valuterò».
Il curriculum pensa di aggiornarlo?
«Quello che circola su internet risale a diversi anni fa ed è stato redatto frettolosamente. Lo aggiornerò anche alla luce delle cose che avevo dimenticato e che voi giornalisti in questi giorni mi avete ricordato».