Corriere della Sera, 29 maggio 2018
«Cara, ti racconto un genio». Rilke stregato da Cézanne
«Oggi volevo raccontarti un po’ di Cézanne. Egli affermava di avere vissuto sino ai quarant’anni una vita da bohémien e che solo a partire dalla conoscenza di Pissarro sarebbe emerso in lui il gusto del lavoro; ma così grande che per gli ultimi trent’anni della sua vita non ha fatto nient’altro che lavorare. Senza vera gioia, come pare, con una rabbia senza tregua, in dissidio con tutti i suoi lavori, dei quali nessuno gli pareva raggiungere ciò che lui riteneva essere la cosa più indispensabile». Così scriveva, fra l’altro, il poeta Rainer Maria Rilke, da Parigi, il 9 ottobre 1907, alla moglie, la scultrice Clara Westhoff, in Germania, a Brema.
Fra il 1902 e il 1910, Rilke (1875-1926) trascorre lunghi periodi a Parigi per scrivere una monografia su Auguste Rodin, di cui nel 1905 diventa segretario. Intanto viaggia per tutta Europa: resta nove mesi a Roma (1903-1904) e quattro in Svezia (1904). Nel 1906 litiga con Rodin e si trasferisce in una pensione di rue Cassette.
Sempre nel 1906, a 67 anni, muore Paul Cézanne, il quale aveva desiderato ardentemente di esporre al Grand Palais. La qual cosa avverrà, nel 1907, dall’1 al 22 ottobre, con un’antologica esemplare, che comprende Lettura d’un manoscrittod’Émile Zola (1869), La tentazione di Sant’Antonio (1877), Leda (1880), I giocatori di carte (1892), Bagnanti (1906), La montagna di Sainte-Victoire (1888). Ed ancora: nudi, paesaggi, nature morte.
Il trentaduenne Rilke si reca quotidianamente al Salon, dal giorno dell’inaugurazione alla chiusura della mostra (unica eccezione: lunedì 14), per vedere i 57 lavori del maestro di Aix-en-Provence e per scrivere le sue impressioni alla moglie: 20 lettere (più altre 11, inviate prima della rassegna o poco dopo), pubblicate la prima volta da Clara Westhoff nel 1952, cui sono seguite altre edizioni e ristampe. Le 31 missive escono adesso da Jaca Book (Rilke, Cézanne. Quadri da un’esposizione. Parigi 1907, pagine 102, e 50), con l’aggiunta di altre due indirizzate all’amica Paula Modersohn-Becker, datate 28 giugno e 21 ottobre 1907.
La novità di questa edizione? L’avere ricostruito una sorta di catalogo ideale con le riproduzioni dei quadri della retrospettiva del 1907. Lavoro di ricerca non certo facile – per mancanza di una documentazione fotografica dell’epoca – che si deve alla storica dell’arte, svizzera, Bettina Kaufmann, che ha dovuto recuperare le opere, disperse in varie collezioni pubbliche e private. Traduzione delle lettere e postfazione di Franco Rella, che nel 2007 ha curato Verso l’estremo. Lettere su Cézanne e l’arte come destino (Pentragon, pagine 147, e 14). Altre edizioni delle Lettere: da Electa (1984, a cura di Giorgio Zampa), da Passigli (1901, a cura di Buss-De Giudici) e da Abscondita (2011, sempre a cura di Zampa, appena ristampato).
La passione del poeta per Cézanne era cominciata qualche tempo prima della mostra parigina, in Germania, casualmente («Ho visto i quadri di un bizzarro francese, Cézanne»). Da Cassirer, a Berlino, aveva visto L’arlecchino che ritroverà al Salon del Grand Palais.
Simili a pagine di diario, le lettere di Rilke avrebbero dovuto essere convertite in un saggio, ma poi l’autore de I quaderni di Malte LauridsBrigge aveva cambiato idea: «Nulla mi sembra più inaffidabile dell’interpretazione letteraria della produzione pittorica e plastica», scriverà nel 1921 a Wilhelm Hausenstein.
Considerazioni iniziali estetiche, osservazioni su Van Gogh, Rodin, resoconti sul tempo («Qui già minaccia l’inverno. Questo mi rende triste. Nascono desolati ricordi. Come se la musica della città morisse in una dissonanza, come una rivolta di tutte le note», «Passeggiare lungo le vie è oggi meno pesante delle ultime settimane. Di cosa non è capace una piccola luna», «Piove, piove e domani chiudono il Salon, che negli ultimi tempi è diventato quasi la mia casa. Addio per oggi…»), prima di scandagliare temi e colori («In due o tre opere ben scelte di Cézanne si possono vedere tutti i suoi quadri», «Da quanto ora Cézanne mi dà da fare, noto quanto io sia diventato diverso», «È come se questi colori liberassero una volta per sempre dall’indecisione. La buona coscienza di questo rosso, di questo blu, la loro semplice verosimiglianza ci educano», «In questo Salon egli è solo, tanto solo, come non lo è stato nella vita»).
Il poeta resta quasi stordito dai colori. «Anche se io sono stato spesso davanti ad essi in modo attento e senza cedimenti, la grande costruzione dei colori della donna della poltrona rossa è tanto poco ripetibile nella mia memoria come un numero di moltissime cifre», annota per Madame Cézanne (1877).
Alla fine, le visite al Grand Palais rappresentano per Rilke una sorta di rinascita, che si ritrova puntualmente nelle Elegie duinesi: come sciogliere il colore in un canto lirico.