Corriere della Sera, 29 maggio 2018
«Non potevo essere io il ministro dell’Economia» dice Giorgetti
«Mettiamola così: io di solito mi faccio la barba ogni tre settimane: domenica, la barba me l’ero fatta. Convinto». Giancarlo Giorgetti smentisce così il gran sospetto: quello, cioè, che la Lega avesse deciso di rompere. E che l’impuntatura su Savona sia stata creata ad arte per disimpegnarsi dal governo.
Perché non ha fatto lei il ministro all’Economia? Cosa sarebbe cambiato?
«Perché Paolo Savona interpretava il punto di contatto e la sintesi tra noi e i 5 Stelle. Due movimenti politici diversi che si cimentavano nella difficile prova di governare insieme. Chiaro che Giorgetti, vicesegretario della Lega, tra i 5 Stelle poteva suscitare l’obiezione: e perché allora non uno di noi? La verità è che avevamo trovato una figura di spessore assoluto che poteva essere il perno del governo».
E ora, «governerete» dalle commissioni a colpi di maggioranza parlamentare?
«Questa era un’idea che avevamo già valutato a inizio legislatura. Si era proposto di dare subito operatività al Parlamento. Purtroppo, la fase delle consultazioni ha fatto sì che si attendesse il governo».
Governo che non governa e opposizione che legifera?
«Certo, a questo punto diventerà plastica la centralità del Parlamento, i provvedimenti di Cottarelli non potranno diventare legge e al contrario potranno diventarlo quelli di un’ipotetica maggioranza formata da Lega, 5 Stelle, Fratelli d’Italia e Leu».
I provvedimenti saranno quelli del «contratto» con i 5 Stelle o quelli del programma di centrodestra?
«Nel contratto, abbiamo infuso molti punti del programma di centrodestra. Ma è vero che il contratto ha ordinato le posizioni dei due partiti, dietro c’è tanta maturazione politica. È stato sottoposto ai nostri e ai loro elettori e ha ricevuto grande consenso... Se questa maggioranza corrobora la maggioranza parlamentare, diventa complicato non tenerne conto».
Dicono: Lega e 5 Stelle prenderanno le presidenze di tutte le commissioni.
«Se il Pd e Forza Italia appoggiano il governo di Cottarelli, è evidente che ci sarà un contrappeso a questo nelle commissioni parlamentari».
Berlusconi ha già detto che non lo sosterrà.
«A me sono venuti dei dubbi l’altra sera, con la dichiarazione di Berlusconi. È stata un’ulteriore sorpresa in una giornata da brivido».
Giorgetti, non giriamoci intorno. Il centrodestra si presenterà ancora unito alle prossime elezioni?
«Io non lo so. Qui c’è stato un terremoto, una discontinuità storica nella politica che sta riposizionandosi su categorie nuove, popolo contro élite. Magari si andrà a finire su binari consueti, ma io ho la sensazione che chi fa politica da tempo non colga la trasformazione italiana».
E poi, con i 5 Stelle tutti i collegi sarebbero o vostri o dei 5 Stelle...
«Ma è inutile fare calcoli aritmetici. Si fanno questi conti e poi al governo ci va chi non ha vinto...».
Le vostre manifestazioni del 2 giugno saranno un No Mattarella day?
«Ma no, al di là della rabbia e dell’ingiustizia subita, bisogna semplicemente ragionare su quale sia la cosa migliore. Certo, sarebbe inaccettabile se venisse fuori che si tenta di posticipare le elezioni».
Quale la data giusta?
«Fine settembre, inizio ottobre. A dicembre, verrebbe meno il nostro primo principio, che è la coerenza».
Conferma, niente richiesta di impeachment?
«Sarebbe un manifesto senza nessuna conseguenza pratica. Ci interessa di più spostare la questione su un tema reale, se conta il popolo sovrano oppure i mercati. Il tema centrale è quello».
Confessi: il Piano B, l’uscita dall’euro, esisteva?
«Macché. Tra noi, qualcuno spingeva. Ma l’opzione non è mai entrata nel contratto. Peraltro, Savona ci aveva detto che lui era disponibile solo in assenza di questa opzione: lui intendeva solo trattare con Bruxelles».