Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  maggio 29 Martedì calendario

Confessioni di Mario Giuliacci, l’uomo del meteo

Ha trasformato la vecchia cameretta del figlio Andrea in una stazione meteo, con computer, fax, stampanti e tutte le strumentazioni necessarie. E da lì, in una villetta di Segrate, Mario Giuliacci non ha smesso un attimo di fare previsioni. Ne sono passati di anni da quando era una star dei tg Mediaset, lui e la sua «mossa» celebrata dalle trasmissioni satiriche. Ora il colonnello lavora in autonomia e gestisce un sito che porta il suo nome. Ma lo fa solo per mezza giornata. Di pomeriggio si occupa tassativamente di un altro tipo di «uragani»: i suoi quattro nipoti. 
Dura l’attività del nonno?
«Impegnativa e bellissima. Io e mia moglie Valeria abbiamo una tabella in cui segniamo tutti gli impegni dei nostri nipoti. Quando andare a prendere Achille, a che ora escono da scuola Adriano, Anna Gaia e Carlo. Ci siamo segnati quando vanno portati a pianoforte, atletica, inglese, calcio». 
Però la mattina è dedicata per intero al meteo, come negli ultimi 40 anni. Ci racconta come ha iniziato?
«Per puro caso. Ho fatto liceo classico e avrei voluto fare medicina a Perugia. Però mio papà durante un viaggio incontra un professore dello scientifico, che gli consiglia di iscrivermi a Fisica e gli dice che l’Italia sta per essere tappezzata di centrali nucleari. È il 1960. Io mi iscrivo, convinto di fare il fisico nucleare. Poi arriva il referendum che boccia le centrali. Mi sento perso. Che faccio ora? Mi chiedo. E qui subentra un’altra coincidenza. Un giorno sono nei giardini della Sapienza a Roma, un amico mi parla di un corso di fisica dell’atmosfera. Lì scopro la passione della mia vita». 
E poi ha seguito tutto l’iter per diventare un meteorologo (vero).
«Sì, ho vinto il concorso e sono diventato un ufficiale del servizio meteorologico dell’aeronautica. Questo per dire che i veri meteorologi sono quelli con una laurea in Fisica, gli altri sono di serie B o del tutto improvvisati. Solitamente i meno preparati sono quelli che creano allarmismi inutili». 
Tipo su Internet? Quelli che fanno previsioni a 15 giorni o sparano notizie acchiappa-clic?
«Diciamo che ancora ancora è possibile fare previsioni sul tempo a 10 giorni ma con un’attendibilità del 65%. Io le faccio ma solo per dare un’idea generale e preciso sempre la percentuale di attendibilità. Con Internet si è abbassata la qualità del servizio. O meglio, ci sono due categorie: i laureati in Fisica, seri, che lavorano per il servizio meteorologico dell’aeronautica, le Arpa regionali, 3b Meteo, Epson Meteo. E ovviamente Meteo Giuliacci. E poi ci sono quelli che danno il nome alle perturbazioni: Caronte, Burian. Che dicono con sei mesi di anticipo quale sarà il giorno più caldo o freddo dell’anno. Quando insegnavo Fisica atmosferica a Milano ho avviato gli studenti più appassionati: tra loro sono nati quelli seri, Paolo Corazzon, Daniele Izzo, Flavio Galbiati».
Quindi, la domanda che tutti le fanno, al netto delle bufale, come sarà questa estate?
«Non credete a chi prevede un’estate calda come quella passata. La probabilità che ci sia un’estate come nel 2017 è una volta ogni otto anni. Nel 1970 la probabilità era ogni 135 anni perché la temperatura media estiva era due gradi e mezzo in meno. L’anno passato c’è stata una siccità di 8 mesi che ha amplificato il fenomeno. Su un suolo umido il sole spreca tutto il suo calore per far evaporare l’acqua in profondità. Se il suolo è secco, il calore riscalda il suolo che a sua volta arroventa l’atmosfera. Il 2003 ha battuto il 2017 come temperature perché oltre alla siccità, c’era il Ninjo, anomalo surriscaldamento delle acque del Pacifico fra Australia e Perù. Questo calore, spalmato sull’emisfero Nord, ha reso l’estate ancora più calda». 
Quest’anno invece niente siccità, giusto?
«Non solo. Anche il sole è meno forte. Mi spiego. Consideriamo che l’attività del sole è ciclica e cambia il numero di macchie solari e l’energia che invia. Ora stiamo viaggiando verso il minimo del ciclo (che dura 11 anni): sarà nel 2020 e registriamo un’attività che è la più bassa degli ultimi 100 anni. Ogni volta che il sole ha avuto queste scivolate verso il basso, la terra si è raffreddata. Non andremo al fresco ma questo raffreddamento può mitigare il forte surriscaldamento. Entro il 2030, a causa del surriscaldamento del pianeta, dovremmo avere due gradi in più, ma se il sole ci dà una mano, saremo solo a un grado in più». 
Sul meteo le fake news si sprecano. Qual è la più grossa che ha sentito?
«È stata lanciata da un sito molto noto: a settembre 2017 hanno detto che a gennaio ci sarebbe stata un’ondata di freddo con temperature fino a meno 20 gradi a fine mese. Ovvio che il sito abbia fatto una marea di visualizzazioni. È una bufala in malafede. Chi vuole essere corretto non avrà mai tutte quelle visualizzazioni. Ci vuole onestà. Anche nel meteo».
Ha mai fatto una previsione sbagliata? 
«Sì e mi è costata un tapiro d’oro. Siamo alla Pasqua del 2004. Le festività risultano con tempo molto brutto. Fa brutto dalla Versilia in giù. Ma gran parte del Nord Italia è libera da nubi. Esplodono le lamentele degli operatori turistici. Striscia la Notizia dà il tapiro a me perché in quel momento sono il meteorologo più in vista».
Di tapiri poi ne ha avuti altri due.
«Uno per il mio buonasera. E uno per la polemica sulle meteorine». 
Cosa pensa delle meteorine?
«A me sta bene che leggano il meteo ma dovrebbero anche essere laureate in fisica. La maggior parte invece non ha la qualifica in meteorologia e questo il pubblico dovrebbe saperlo. Vedere una bella ragazza fa sempre piacere, perché no. Ma non va tolta scientificità al meteo. L’unica laureata in Fisica è Serena Giacomin del Meteo.it. Le femministe si organizzano quando pare a loro. Quello delle meteorine è un mercimonio bello e buono perché si pensa di attirare più pubblico maschile».
Però diciamolo, lei come audience ha battuto tutte le meteorine del mondo, anche senza minigonna. 
«Vero. Ho mixato scientificità e simpatia. Facevo battute e parlavo in modo molto semplice, come se stessi parlando a mia mamma. Ho deciso di essere umile e sorridente, con qualche battutina. Dicevo: pioverà dalle Alpi alla Piramidi, dal Manzanarre al Reno, così per non essere ingessato». 
E poi il suo indimenticabile inchino. Come nacque?
«In Umbria ci si saluta sempre, anche solo se ci si incrocia, con semplicità. Quando ho dovuto leggere le previsioni ho pensato che dire buongiorno stesse male, fosse un po’ desueto. Allora è nato il mio inchino sbilenco, accennato. Tanti pensavano fosse una falsa mossa per fare audience ma non era così. Poi mi sono inventato la mossa della penna. Volevo vedere se qualcuno si accorgeva. Ogni tanto, tenendola in mano, la mettevo in verticale. Dopo un po’ Striscia la notizia l’ha lanciata come la mossa del biro-biro. Aspetti giocosi per cui mio divertivo».
Ha avuto un maestro da cui ha preso spunto?
«Ovviamente il colonnello Bernacca. Umile, mai borioso, molto terra terra e spontaneo, usava un gergo semplice».
Il linguaggio meteo secondo Giuliacci abolisce la parola precipitazioni.
«Meglio dire pioggia. Mi dica cosa capisce se parlo di precipitazioni temporalesche? C’è chi pensa di essere più bravo se usa termini difficili. Io uso il linguaggio della gente. Generalmente nuvoloso per nubi a prevalente sviluppo cumuliforme? Diciamo nuvoloso, basta. Che senso ha dire tempo variabile? È come ammettere che sai e non sai. Bisogna trovare i dati per potersi sbilanciare da una parte o dall’altra. Bello o brutto. Ai miei meteorologi ho proibito di usare tutte queste parole e le frasi fatte».
Suo figlio ha imparato questa lezione?
«Secondo me si, ha un po’ il mio stile, forse per questo è rimasto l’unico uomo tra le meteorine». 
Ad Andrea come ha trasmesso la passione?
«Andrea studiava Fisica con l’idea di entrare nel servizio meteo dell’aeronautica. Ma tutto va in maniera diversa. La sua è la storia di come arrivo al centro Epson meteo. Quindi devo raccontare prima di quello». 
Prego. 
«Anni Novanta. Collaboro con l’osservatorio di Milano Duomo e avvio una collaborazione con Europe Assistence, che dà le previsioni ai clienti. Lavoro per Telelombardia, TeleMilano, sempre in divisa. Nasce Rete A. Poi Canale 5, che mi intervista spesso: in quel periodo il meteo viene annunciato dalla speaker, non c’è ancora l’angolo meteo. Poi l’Osservatorio chiude. Nel 94 resto a spasso. Fortunatamente da un paio di anni scrivevo per la pagina meteo del Corriere e quello per un po’ resta il mio unico lavoro. Visto che avevo insegnato all’università a Milano, prendo uno dei miei allievi, esperto modellista. Vado alla Epson e dico: Vi offro la maniera più avanzata di fare previsioni del tempo. Mi danno fiducia». 
Andrea cosa c’entra in tutto questo?
«In quel periodo lui e mia figlia vengono con me ogni mattina per accendere i computer. Andrea già sa usare il computer perché io a casa programmo in Basic su un Ibm. Mi aiuta a stampare le cartine. Ecco come comincia». 
Era più difficile fare le previsioni un po’ di tempo fa?
«I computer hanno dato un contributo significativo. Da quando li abbiamo programmati per applicare l’equazione delle leggi del moto sono in grado di vedere come si sposta l’aria e creare una mappa è più facile. Una previsione a 72 ore richiede 150mila miliardi di operazioni. Se mettessimo gente che sa fare conti alla svelta e li facessimo lavorare 24 ore, senza soste e col panino in mano, impiegherebbero 5 anni per dare la risposta che un computer dà in tre ore. Prima, in epoca Bernacca, per la previsione sull’Europa si raccoglievano ogni sei ore le rilevazioni di tutti i Paesi. E via telescrivente tutto arrivava in codice a un centro di elaborazione meteo. Il cartografo, con una penna biforcuta rossa e blu, segnava pressione, corrente calda, fredda e traduceva tutto. Poi il meteorologo segnava le linee isobare individuando dov’erano alte o basse pressioni. Dopo altre sei ore vedevamo dove si spostavano i cicloni, seguendo i loro percorsi e tratteggiavamo il loro ipotetico percorso. Metodo laborioso, oltre 24 ore non si andava. La percentuale d’errore era altissima: se uno tentava le previsioni a 48 ore, non ci azzeccava nel 60-70% dei casi. Ma le pretese del telespettatore erano più basse». 
Le hanno mai fatto pressioni per una previsione su misura?
«Si, ci hanno provato, non dico chi. Soprattutto gli operatori turistici. Mi hanno anche chiesto di non parlare della loro zona. Non sapendo com’è il tempo, la gente parte lo stesso. Io mi sono sempre rifiutato. Se non posso parlare di nessuna regione che mi metto a fare? Le previsioni dell’Albania?». 
Lei, uomo di scienza, ha saputo inserire nel meteo anche poesie d’amore. 
«Io e Barbara D’Urso, durante i collegamenti, ci eravamo inventati una gag, molto carina, in cui facevamo finta di essere innamorati e io le leggevo poesie con il tema del meteo in sottofondo. Una corrispondenza meteo-amorosa».
E sua moglie Valeria non era gelosa?
«No, rideva. Mi ha sempre sostenuto. Lavorare in tv mi ha portato ottimi vantaggi economici per la famiglia, ho aiutato i miei figli a prendere casa». 
Tornerà in tv?
«Solo partecipazioni estemporanee. Mi divertono. Per comunicare scientificamente uso il mio sito».
Ha mai annunciato sole in tutta Italia?
«Come no? E ho anche intonato O sole mio mentre le annunciavo».