il Giornale, 29 maggio 2018
I catto-vegetariani alla conquista della Chiesa
Cristiani e vegani è un binomio che si sta consolidando al di là della rima. Fedeli al Vangelo fino al punto da trarne indicazioni rigorose su che cosa mangiare. Il tema scorre sotterraneo come un fiume carsico. San Girolamo, il padre della Chiesa che nel quarto secolo tradusse la Bibbia in latino, era un intransigente asceta che nell’Adversus Jovinianum condannò «il veleno della carne animale». L’eremita calabrese san Francesco di Paola si cibava di erbe. André Frossard, l’intellettuale francese amico di papa Paolo VI, guardando i mosaici di Ravenna si era convinto che il paradiso è affollato anche di animali. Ai primi del Novecento il gesuita Pierre Teilhard de Chardin, teologo non sempre ben visto al Sant’Uffizio, sosteneva che tenere lontana la carne appartiene a una «coscienza ecologica che l’umanità deve fare propria se non vuole condannarsi all’autodistruzione».
I «cattovegani» sono sempre stati una sparuta minoranza di volontari. Il cristianesimo è l’unica religione al mondo che non ha cibi proibiti; la Chiesa al massimo obbliga all’astinenza dalla carne nei venerdì di quaresima come espressione di penitenza senza farne una regola quotidiana di vita. La Bibbia non è percorsa da fervori animalisti. Il diavolo tentatore è un serpente; dal montone immolato da Abramo agli agnelli di Pasqua, l’Antico Testamento pullula di animali sacrificati; gli stessi apostoli erano pescatori: del resto, Dio ordinò ad Adamo di «soggiogare la terra», bestie comprese. Gesù, che entrò a Gerusalemme a cavalcioni di un asino, non ha mai detto parole o compiuto gesti che autorizzino a immaginare una forma di «salvezza» o di redenzione per gli animali. San Paolo nelle sue lettere scrive che non è necessario essere vegetariani per essere cristiani.
TUTTI SULL’ARCA
Ma è anche vero che già nella Genesi gli animali sono compagni all’uomo, Noè li accoglie nell’arca, Gesù si paragona a un pastore che va in cerca delle pecore, lo Spirito Santo scende sotto forma di colomba sulla Madonna e i discepoli, san Francesco parlava agli uccelli e addomesticava i lupi anche se nel Cantico delle creature accanto a sole, luna, acqua e fuoco non citò le bestie. Insomma, è una convivenza pacifica in cui l’uomo rispetta gli animali ma se ne ciba senza troppi scrupoli e comunque tollerando chi preferisce privarsi della carne. Fino a qualche decennio fa, tuttavia, non si era posta una questione teologica e ora si moltiplicano le riflessioni favorevoli a una maggiore considerazione degli animali. Le persone che tengono a casa un «pet» non rinunciano a pensare che anche Fido possa avere un suo angolo di paradiso. La coscienza ecologica si è fatta largo con un’avversione verso gli allevamenti intensivi e il loro inquinamento ambientale, mentre la crescente diffusione di vegetariani e vegani ha preso piede anche tra i cattolici.
ASSOCIAZIONI «NO CARNE»
Nel 2009 è nata l’Associazione cattolici vegetariani (Acv) «che si propone di diffondere i principi di compassione e carità verso ogni essere vivente». Benedetta da papa Ratzinger nel 2010, promuove gruppi di preghiera per il creato e convegni con la supervisione di un comitato teologico composto da tre ecclesiastici. Gli atti del convegno 2013 dell’Acv sono stati pubblicati due anni dopo da Lindau. Anche l’editoria cattolica si occupa sempre più da vicino di vegetarianismo e animalismo cristiano. Le Edizioni Messaggero Padova, che fanno riferimento alla comunità francescana di Sant’Antonio, hanno appena pubblicato tre titoli molto significativi nella collana Smart Books: Anche gli animali pregano, del teologo Gianfranco Nicora; I diritti degli animali, di Alma Massaro; Per un vegetarianesimo cristiano, di Paolo Trianni. I tre volumi sono curati dal Centro studi cristiani vegetariani, un’associazione ecumenica che ha sede a Prato nel monastero San Leonardo della Comunità dei ricostruttori nella preghiera. Massaro ne è la presidente, Trianni il vice.
È questa la frontiera intellettuale più avanzata del movimento «catto-vegan-animalista». Tra i fondatori si annoverano un monaco laureato alla Gregoriana, l’università pontificia dei gesuiti; un docente al Pontificio ateneo Sant’Anselmo e all’Università urbaniana; un laureato in teologia con master in Pet therapy; un pastore avventista e una pastora valdese. La domanda alla quale cercano di rispondere è se sia possibile, accanto a una prassi che risparmi gli animali, fondare anche una teologia cristiana del vegetarianesimo, degli animali e di una «ecologia spirituale».
Secondo il Centro studi, l’esigenza nasce dal combinato tra la crisi ecologica e dallo sviluppo animalista del diritto e ha avuto un forte impulso con il pontificato di papa Francesco, in particolare dall’enciclica Laudato Si’ in difesa del creato. «Il cristianesimo deve farsi vegetariano», scrive Trianni, «il vegetarianesimo è una verità implicita del messaggio cristiano». E come mai lo si scopre solo ora? «È opportuno ipotizzare che la sua rivelazione esplicita Cristo stesso l’abbia affidata alla storia e al dono pentecostale dello Spirito», è la risposta. «La cultura semitica del tempo non era pronta ad accogliere un ammaestramento di questo tipo», mentre «l’attuale crisi ambientale porta a leggere la parola del Cristo riscoprendone intime valenze ecologiche».
«UOMINI E ANIMALI SONO FRATELLI»
Nicora sostiene che nel racconto biblico della creazione «il rapporto uomo/animali si può ricondurre al modello della fraternità», che «anche gli animali che popolano la terra per volontà di Dio sono considerati a tutti gli effetti figli», che nella Bibbia si riconosce «il valore esistenziale dei vegetali e delle piante» al punto che «anche gli alberi e gli animali pregano». La disapprovazione morale arriva a comprendere circhi e zoo, caccia sportiva e pellicce, vivisezione e sperimentazioni farmaceutiche (che però sono ammesse dalla Laudato Si’ se contribuiscono a curare o salvare vite umane).
Resta il fatto che in nessun versetto biblico è scritto che il credente deve essere vegetariano. Né che gli animali sono nostri «fratelli minori», come scrisse il teologo Paolo De Benedetti. Nella mente dei fedeli (e non solo) restano le enormi immagini proiettate sulla facciata della basilica di San Pietro la sera dell’8 dicembre 2015, giorno di apertura del Giubileo straordinario della misericordia: leoni, leopardi, scimmie, tigri. Un inno alla natura, secondo i promotori dell’iniziativa. Un precipizio verso il panteismo, secondo i difensori della dottrina tradizionale.