Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  maggio 29 Martedì calendario

Come salvare la lingua italiana secondo il presidente della Crusca

Il presidente dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini ha scritto un libro dal titolo entusiasta, che in realtà si rivela come un report inquietante sulla involuzione e la marginalità della lingua nazionale. L’italiano è meraviglioso. Come e perché dobbiamo salvare la nostra lingua mostra un italiano sensibilmente sotto attacco, anche da parte delle istituzioni. E non basta a ridargli vita il caso di petaloso, una delle cinque parole più cliccate su Google all’epoca della famosa lettera della redattrice dell’Accademia, sembrata ad alcuni italiani colti una concessione stucchevole. Il presidente sottolinea che «occorre contestualizzare. Si trattava di una lettera scritta ad un bambino influenzato forse dalla suggestione pubblicitaria dell’inzupposo usato da Antonio Banderas per una nota ditta di biscotti. Il registro era colloquiale e affettuoso, non scientifico-normativo». 
I RISCHII pericoli per l’italiano sono ben altri secondo Marazzini, vengono dalla classe dirigente del paese: «Il Ministero dell’Istruzione e dell’Università incentiva oltremodo l’uso dell’inglese, dimenticando che alla fine del percorso scolastico i ragazzi scrivono male, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente. La sentenza della Corte Costituzionale del febbraio 2017 ha interpretato con ragionevolezza le righe della riforma Gelmini che prevedono il rafforzamento dell’internazionalizzazione anche attraverso l’attivazione di corsi di studio in lingua straniera, che però non devono sostituire la didattica erogata in lingua italiana. Ma intanto il Miur ha diffuso un bando Prin obbligando alla compilazione dei progetti esclusivamente in inglese, promuove il progetto CLIL sull’apprendimento linguistico integrato con l’affermazione dei licei Cambridge che sostituiscono i programmi previsti dalla normativa italiana con metodi e libri usati nelle scuole inglesi. Si tratta, per usare un opportuno anglismo!, di una mera operazione di business che sfrutta le attese di genitori e studenti».
Questa mitologia dell’inglese rivela un’identità debole degli italiani divisi tra localismo e fascinazione della globalità, incapaci di orgoglio nazionale. «Certamente! Io non dico di fare come i francesi che usano ordinateur al posto di computer, ma ricordare che pure Microsoft consente le istruzioni in italiano di Word. Il vero nemico non è l’inglese, ma il globish, un’interlingua franca molto annacquata che scimmiotta il vero inglese che alla fine nessuno impara davvero». 
Nemmeno Italo Calvino, nemico dell’antilingua dei burocrati e della retorica politica aveva previsto che il vero pericolo per l’italiano sarebbe venuto dall’inglese-mania. «Si quella che fa dire ai grillini di voler refreshare il Paese, che porta all’uso compulsivo di step, food, che ci fa trovare dovunque competitor al posto di avversari, location al posto di siti, convention al posto di raduni, fake news al posto di fandonie. Per non parlare del Jobs Act». Senza che si abbia nulla contro l’uso di anglismi utili come wi-fi, stent o tollerabili come taggare, chattare. Ma col rischio che in futuro non conosceremo bene né l’inglese, né tantomeno l’italiano. 
«I mass media per esempio esibiscono un uso spesso non corretto e poco creativo della lingua. E così affondare è usato transitivamente per dire fare un affondo, attaccare. Renzi affonda è ambiguo e si intende in un senso molto diverso di perdere potere. Paventare perde il significato di temere che e assume quello di minacciare in un perfetto rovesciamento di senso. I fiumi non straripano più, ma esondano»
CARENZA NORMATIVAEppure l’italiano meraviglioso è stato fatto dai mass media. La nostra lingua infatti soffre di una stabilizzazione normativa, avvenuta nel Cinquecento ad opera di Fortunio e Pietro Bembo, che rifiuta la mediazione tra parlate e grammatica sostenuta nel Quattrocento da Leon Battista Alberti e configura le norme sulla lingua letteraria di Dante, Petrarca, Boccaccio, anche se scrittori del Cinquecento come Guicciardini e Machiavelli scrivevano più liberamente di quanto volessero i grammatici coevi. Occorre ricomporre questa frattura, i mass media potrebbero essere un adeguato strumento per farlo come è stato per la televisione nella seconda metà del secolo scorso.
L’INTEGRAZIONE
«Io propendo per la tesi di Tullio De Mauro in Storia linguistica dell’Italia unita, secondo cui l’italiano popolare nasce dopo la seconda guerra mondiale. Occorre cercare questa integrazione tra popolo e lingua, io preferisco una lingua imbastardita, contaminata piuttosto che una lingua abbandonata, la cui bellezza è buona solo per esporla in un museo. La nostra lingua ha sofferto di un’ estrazione colta di una marca troppo letteraria. Questa frattura era dovuto al fatto che è sempre stata una lingua senza nazione e per questo poteva diventare ostaggio dei letterati. Il paradosso è che oggi che l’italiano ha una nazione, questa gli volta le spalle insieme alla sua classe dirigente e al suo stesso popolo». Per cui, concludiamo noi, rischiamo di passare da una lingua senza nazione ad una nazione senza lingua.