la Repubblica, 27 maggio 2018
In Iralnda sì all’aborto
Dal nostro inviato dublino Caroselli di donne che si abbracciano, esultano, piangono felici. L’Irlanda festeggia così la vittoria a valanga del sì all’abrogazione del divieto di aborto: la sua “rivoluzione tranquilla”, come la definisce il primo ministro Leo Varadkar. I risultati ufficiali del referendum cancellano la più restrittiva legge d’Europa 66,4 a 33,6 per cento, raggiungendo punte del 70 per cento nella capitale: due terzi degli elettori si sono dunque espressi a favore del diritto all’aborto, un’affermazione nettissima. Ora Varadkar promette entro fine anno una legge che consentirà l’aborto fino a 12 settimane di gravidanza e più a lungo in circostanze particolari. Le tre leader della campagna per il sì, Grainne Griffin, Orla O’Connor e Ailbhe Smyth, celebrano con una danza di gioia nel quartier generale di Together4Yees, il gruppo pro-aborto favorevole all’abolizione dell’articolo della costituzione che lo ha finora vietato. «Continueremo a manifestare dissenso quando apriranno le cliniche dell’aborto», avverte John Mc-Guirk, capo della campagna per il no. Ma tutti i partiti si erano schierati per l’abrogazione del divieto. «È l’alba di una nuova era», afferma Micheal Martin, leader dell’opposizione. Per Amnesty International si tratta di «una vittoria storica per i diritti delle donne che segna l’inizio di una nuova Irlanda». Influenzerà, predicono i commen-tatori, anche l’Irlanda del Nord britannica, che a differenza del resto del Regno Unito ha ancora norme molto limitative in materia di aborto: ora il governo autonomo di Belfast sentirà le conseguenze del voto di Dublino. «È stato il culmine di una rivoluzione tranquilla che si è sviluppata in questo paese negli ultimi 20 anni», osserva il premier Varadkar, alludendo ai referendum del recente passato sul divorzio e sul matrimonio fra persone dello stesso sesso. «Gli elettori irlandesi hanno espresso fiducia e rispetto per la capacità delle donne di fare la scelta giusta e di decidere autonomamente». In carica da un anno, oggi è lui, 39enne, figlio di un immigrato indiano e apertamente gay, ad avere completato l’odissea dell’isola di Joyce. E il padre di Savita Halappanava, la giovane donna morta a causa del divieto d’aborto, il caso che ha messo in moto la campagna per il referendum, ringrazia gli elettori: «Quello che è successo a mia figlia non accadrà più a nessuna altra donna». – E.F.