Corriere della Sera, 27 maggio 2018
I giocatori di carte di Bartolomeo Manfredi tornano dopo 25 anni al loro posto
Q uando torna di fronte al pubblico dopo 25 anni, mostra con orgoglio tutte le sue cicatrici, un po’ come faceva Anna Magnani rivendicando le proprie rughe. Mentre cade il velo nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio per un istante è il silenzio. Tutti gli occhi sono per «I giocatori di carte», il quadro di Bartolomeo Manfredi, l’ultima opera ancora da restaurare, tra quelle colpite dal tritolo della mafia nell’attentato agli Uffizi del 27 maggio 1993 quando morirono cinque persone e fu ferito il nostro patrimonio culturale. Ieri i «giocatori», dopo un restauro lungo undici mesi, sono tornati in mostra a Firenze, grazie al crowdfunding «Cultura contro terrore» promosso dal Corriere Fiorentino con le Gallerie degli Uffizi e Ubi Banca.
«Un’immagine che vale molto più di mille parole – dice il sindaco di Firenze Dario Nardella aprendo la cerimonia – perché i terroristi cercano di colpire al cuore l’identità e i valori di una comunità e con questo gesto Firenze dice no, anche se colpiti noi ci rialziamo sempre».
L’opera nel giorno del ricordo è sotto lo sguardo dei fiorentini e non solo, per raccontare una nuova storia: «Il restauro non poteva restituircela com’era prima della bomba – aggiunge il direttore del Corriere Fiorentino, Paolo Ermini – ma ha fatto di più. Ha trasformato un quadro considerato un’opera morta e irrecuperabile in un dipinto che ci trasmette una straordinaria forza, quella di resistere al terrore che ha ucciso cinque persone, la famiglia Nencioni e lo studente Dario Capolicchio». Per gli Uffizi, come ha ricordato il direttore della Galleria, il tedesco Eike Schmidt, non era la prima volta: «Già la guerra aveva colpito duramente il Corridoio Vasariano, dopo il terrorismo di Stato dei nazisti, nel ’93 fu la volta del crimine organizzato. Si bersagliava il luogo di un collezionismo, quello dei Medici, che era universale prima ancora che il concetto stesso di universalità venisse coniato, e che metteva insieme pezzi cinesi, europei e islamici».
Ma come si è arrivati al ritorno di un quadro su cui pochi avrebbero scommesso? Lo stesso Corriere della Sera, due giorni dopo l’attentato del ’93, inserì l’opera tra «i capolavori che non vedremo più», come titolava un articolo di Luigi Baldacci. E invece la caparbia di una giovane restauratrice fiorentina, Daniela Lippi, unita alla tecnologia ha reso possibile la nuova vita dei «Giocatori». Determinante un’immagine in altissima definizione, fornita dagli archivi Scala.
Su quella foto, stampata a dimensione naturale, Daniela ha costruito una battaglia navale durata 300 giorni, ricostruendo l’esatta posizione di oltre 500 pezzi recuperati la mattina dopo la bomba dagli addetti degli Uffizi grazie alla caparbia dell’allora direttrice Annamaria Petrioli Tofani. Una vera simbiosi quella vissuta dalla restauratrice col quadro, tanto che, come ha spiegato ieri emozionata, ha dato un nome ai personaggi di cui via via ricomponeva i volti.
La partita dei «Giocatori» è ricominciata ufficialmente la scorsa notte, dopo il corteo che ogni anno alle 1.04 – ora dell’esplosione – omaggia le vittime della strage. Nel cuore della notte la Galleria ha aperto eccezionalmente l’Auditorium Vasari per mostrarli al pubblico: qui resteranno una settimana, mentre al termine dei lavori previsti per la riapertura al pubblico del Corridoio Vasariano, torneranno dove si trovavano quella notte. Per raccontare una nuova storia.