Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  maggio 27 Domenica calendario

«Lasciami stare o ti denuncio». Elisa uccisa sotto casa dall’ex fidanzato calciatore


Cento metri a piedi con una pistola calibro 9 in mano, dalla sua macchina a quella della ex fidanzata appena giunta sotto casa dopo una serata con le amiche. Sono le 3 di venerdì notte a Galciana, una frazione di Prato, quando Federico Zini, 25 anni, entra a sorpresa nell’auto di Elisa Amato, 30. I testimoni sentono le voci che si alzano in un litigio, poi un grido e infine tre colpi. Sono spari. Il giovane, un calciatore di serie D, esce dall’auto, fa il giro per arrivare sul lato del guidatore, dà spinte vigorose al corpo senza vita o agonizzante della ex per spostarlo sul sedile del passeggero e parte verso San Miniato, il paese in provincia di Pisa dove abita, a 50 chilometri di distanza. Qui si ferma in un parcheggio sotto il paese, in mezzo al verde accanto a un campo sportivo, e si uccide. I corpi vengono trovati ieri mattina alle 9.«Sei un essere speciale e io avrò cura di te», scriveva Federico Zini su Facebook nell’ottobre del 2016, quando la storia con la commessa di un negozio di abbigliamento di Firenze era iniziata da poco. Sono stati insieme circa un anno, anche quando lui è andato a giocare all’estero, nelle Filippine dove ha avuto un grave infortunio al ginocchio e poi in Mongolia. Dodici mesi di foto insieme, viaggi e continue dichiarazioni di amore che sono diventati un’ossessione quando la storia è finita, l’estate scorsa.Lui vuole riprovarci, si presenta continuamente sotto casa di Elisa oppure fuori dal lavoro, è spesso a Prato anche la sera, per cercarla quando esce. «Non era minaccioso o violento. Non ha mai toccato Elisa con un dito ma era gelosissimo. Lei ci ha pure provato a rimettersi con lui ma era davvero troppo possessivo. Così litigavano spesso». A parlare è Ida, un’amica di tutti e due i giovani che ha incontrato Elisa proprio venerdì sera, poche ore prima che venisse uccisa. «Ci siamo viste in un bar e abbiamo fatto due chiacchiere. Lei mi ha parlato di Federico, non sapeva se fargli gli auguri per il compleanno di domani ( oggi, ndr). In questo periodo era molto insistente. Io le ho proposto di denunciarlo ma solo per spaventarlo, per allontanarlo per un po’ di tempo. E lei mi ha risposto: “Effettivamente se continua così lo denuncio”». Probabilmente quella stessa frase Elisa l’ha ripetuta a Federico alcune ore dopo, quando l’ha incontrato sotto casa sua. Potrebbe aver così scatenato la rabbia del giovane assassino, che comunque era già arrivato con la pistola, comprata appena una settimana prima, a dimostrazione che era pronto ad ucciderla.Il giovane, che era senza precedenti, aveva preso circa due mesi fa il porto d’armi sportivo. In famiglia però non se ne sarebbe accorto nessuno, come ha ripetuto ieri ai carabinieri il padre, un giornalista piuttosto noto nella zona di San Miniato. Anche il disagio del calciatore non sarebbe stato intercettato da parenti, amici e compagni di squadra della Tuttocuoio di Ponte a Egola. Qualcuno, vedendolo andare a Prato molto spesso, credeva che la storia di Federico con Elisa non fosse del tutto finita. E nemmeno la vittima, spiegano i carabinieri di Prato, si era resa conto del pericolo che stava correndo. Non solo non ha fatto denunce o segnalazioni ma continuava anche a vedere il suo ex e qualche volta ci è andata a cena. Sembrava una di quelle storie che finiscono senza un taglio netto. Sui telefonini dei due gli investigatori non hanno trovato messaggi con minacce o accuse pesanti. Alcune amiche però dicevano a Elisa che lui stava esagerando con tutti quegli appostamenti e quell’insistenza. Era asfissiante e lei proprio poche ore prima di morire avrebbe pensato finalmente di coinvolgere le forze dell’ordine. Troppo tardi.«Serve che le donne denuncino, e che le istituzioni non facciano cadere nel vuoto le denunce», ha commentato dopo l’episodio di Prato il capo della polizia, Franco Gabrielli: «Anche qui, come in altri campi, c’è una questione culturale: fino a che ci sarà una concezione proprietaria delle persone e degli affetti queste tragedie continueranno ad esserci».