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 2018  marzo 13 Martedì calendario

Torino e la crisi olimpica





«Domani si vota la delibera sul “prato dei conigli”. Speriamo che i conigli si presentino». La battuta velenosissima di un consigliere comunale fotografa più di molti discorsi il clima che da ieri mattina avvolge la finora granitica maggioranza Cinquestelle in Comune. Una profonda frattura umana prima ancora che politica. Quattro consiglieri – gli ortodossi – che disertano il Consiglio comunale in cui è all’ordine del giorno la mozione pro olimpiadi presentata da Mimmo Carretta del Pd. Tre (Damiano Carretto, Daniela Albano, Viviana Ferrero) giustificano l’assenza in mattinata. La quarta, Marina Pollicino, non si presenta proprio. Tutti staccano i telefoni o si rendono irraggiungibili ai colleghi che li cercano per trovare una soluzione che non renda plastica la spaccatura.
Hanno diversi argomenti per convincerli. Primo: la mozione del Pd è una mossa politica, si può anche non votare spiegando che è una provocazione irricevibile. Secondo: in Consiglio si deve votare la delibera sul nuovo supermercato in corso Brunelleschi, il “prato dei conigli”, su cui pende un ricorso al Tar e se non lo si fa entro il 14 marzo si rischia addirittura il commissariamento della Città. Niente da fare: i quattro, sempre presenti ai lavori di Palazzo Civico, si defilano. Disertano anche il vertice di maggioranza convocato come tutti i lunedì a fine Consiglio. 
Una spaccatura vera. Pubblica. Oggi è stato convocato un Consiglio straordinario per votare la delibera sul “prato dei conigli”. Solo quella. Il resto, a cominciare dalla mozione olimpica, è rinviato. Oggi i quattro dovrebbero partecipare. Ma il clima è teso, tesissimo. Ed è la prima volta che accade dopo quasi due anni di governo.
Il problema non è il merito – la possibile candidatura di Torino alle Olimpiadi, di cui i quattro non vogliono nemmeno sentire parlare – ma il metodo. Più di uno, tra i consiglieri del Movimento, cita l’esempio di Maura Paoli, la consigliera vicina al centro sociale Gabrio e allineata ai quattro dissidenti, con cui condivide molte posizioni compresa la netta contrarietà ai Giochi 2026. A differenza degli altri tre Paoli è in aula per senso di lealtà.
Gli altri no. E così i capogruppo del Pd Stefano Lo Russo piazza la zampata. Chiede la verifica del numero legale, che ovviamente non c’è. a farlo saltare contribuisce anche Deborah Montalbano, uscita una settimana fa dal Movimento 5 Stelle e ora nel gruppo misto. Fermamente contraria ai Giochi, alla prima occasione utile rifila un ceffone ai suoi ex colleghi. «Appendino non ha più una maggioranza», attacca Lo Russo, che comunque sulla mozione olimpica mette – provocatoriamente – i voti del Pd a disposizione della sindaca. «La maggioranza ha sconfessato Grillo e Appendino, il percorso ora è in salita, Torino ostaggio di quattro consiglieri», polemizza Carretta. 
Le battono sulle divisioni interne, emerse pubblicamente per la prima volta: «In tempi non sospetti avevo sollecitato Appendino a imboccare una svolta coraggiosa e a sottrarsi all’ingessatura imbarazzante dell’ideologia grillina», dice Osvaldo Napoli di Forza Italia.
La sindaca è furiosa. Coglie il succo della polemica: dimostrare che i Cinquestelle sono irresponsabili e non lavorano nell’interesse della Città. Esattamente il contrario di quel che lei si sforza di comunicare da quando è stata eletta. Annuncia che domani, se ci sarà il via libera del Consiglio della Città metropolitana, invierà al Coni, il comitato olimpico italiano, la lettera con la manifestazione di interesse di Torino. Un atto che non impegna né vincola. Ecco perché lo strappo dei quattro a Palazzo Civico suona ancora più brutale.