Affari&Finanza, 12 marzo 2018
Mrs. Walton arte e 46 miliardi all’ombra dei supermarket
New York È al sedicesimo posto tra gli uomini più ricchi del mondo, ed è una donna. È una figura ibrida nel variegato panorama del business (e dei miliardari) d’America, allo stesso tempo una figlia del mondo rurale (dove è cresciuta e a cui fa ancora riferimento) e del jet-set (con i suoi riti, le sue ricchezze e le sue opere d’arte). 68 anni e un patrimonio di 46 miliardi – secondo la recente classifica di Forbes che ha visto Jeff Bezos scavalcare Bill Gates diventando il primo Paperon de’ Paperoni con oltre 100 miliardi di dollari di fortuna personale – Alice Louise Walton non è particolarmente nota al grande pubblico americano (meno che mai in Europa e in Italia). Molto nota è certamente la sua famiglia, o per meglio dire il brand cui suo padre ha dato vita. Perché le prime tre lettere del suo cognome sono anche le prime tre della più grande, più conosciuta e forse più amata catena di grandi magazzini, supermercati e negozi d’America: Walmart. Quando Sam Walton, figlio di contadini dell’Oklahoma cresciuto con la povertà della Grande Depressione (è morto nel 1992, oggi avrebbe esattamente cento anni) diede vita al suo primo negozio, Alice non era ancora nata. Era il 1945, Sam riuscì a farsi prestare 20mila dollari dal suocero e con i 5mila che aveva messi da parte durante il servizio militare rilevò un piccolo negozio di una catena ‘five and dime’ (Ben Franklin, quelli che vendevano un po’ di tutto a meno di un dollaro) a Bentonville, piccola cittadina (allora aveva poche miglia di abitanti) dell’Arkansas. Uno degli Stati più poveri della Federazione, perfetto come banco di prova per un concetto (rivoluzionario per la vendita al dettaglio dell’epoca) che Sam mise subito in opera: fare in modo che gli scaffali fossero sempre pieni e ben forniti di tutti gli articoli in vendita. Alice, ultima (e unica femmina) dei quattro figli di Sam e della moglie Helen nacque nel 1949, quando i negozi erano già diventati più d’uno, rilevando altri Ben Franklin in città e nei dintorni, fino a quello di Kansas City, Missouri che gli diede la prima notorietà locale. Il marchio Walmart aprirà il primo negozio solo nel 1962 (come Wal-Mart Discount City) a Rogers, Arkansas ma per la bambina che si avviava all’adolescenza quello dei negozi non era il mondo che aveva sognato. Così, al contrario dei fratelli, non si è mai voluta occupare direttamente dell’azienda di famiglia e la sua ricchezza è fonte della (grande) eredità e di una oculata gestione del patrimonio miliardario. Poco conosciuta al grande pubblico ma una vera celebrità nel suo Stato (e in quelli limitrofi delle Grandi Praterie). I viaggiatori che arrivano nella hall principale dell’aeroporto Northwest Arkansas Regional, nell’ondulata campagna a pochi chilometri da Bentonville, vengono accolti da un grande busto di bronzo che raffigura proprio lei, Alice. I capelli tirati all’indietro, come si vede nelle foto che la ritraggono, i forti tratti del viso proprio come suo padre – scolpiti nel metallo. E del resto anche quell’ala dell’aeroporto porta il suo nome: Alice Walton Terminal Building. Glielo devono, perché è lì, dove la Walmart è nata ed è diventata una delle grandi potenze americane, che si trova il Walmart Visitor Center, voluto da Alice e costruito proprio in quella piazza di Bentonville dove c’era l’originale ‘Walton’s Five and Dime’. A pochi passi dalla sede dell’azienda familiare (quindici edifici in fila lungo il Walton Boulevard) e a poca distanza dal Crystal Bridges Museum of American Art, creato dall’ereditiera nel 2011. Un museo che contiene diversi capolavori delle varie epoche dell’arte americana, comprese alcune opere che fanno parte della collezione privata di Alice. Quella dell’arte è una delle sue due grandi passioni. Secondo la rivista specializzata ArtNews, è tra i primi dieci protagonisti del collezionismo d’arte al mondo, a fianco di personaggi del jet set miliardario come Hélène e Bernard Arnault, Debra e Leon Black, François Pinault o Eli Broad. Una passione iniziata da bambina e consolidata ai tempi del college e dei suoi studi con tanto di due master. Uno in encomia e finanza (quasi d’obbligo per la ricca ereditiera), l’altro in arte, ottenuti ambedue alla Trinity University di San Antonio, in Texas. Se la sua carriera inizia nel mondo finanziario (ha lavorato come broker per una società che si occupava di investimenti bancari e assicurazioni, ha fondato nel 1988 la banca d’investimento Llama Company di cui è stata presidente e amministratore delegato) e poi nel Northwest Arkansas Council (prima donna a esserne presidente) con cui ha realizzato il progetto dell’aeroporto regionale che oggi porta il suo nome, coprendo gli investimenti iniziali con il proprio patrimonio, nel 1990 decide di assecondare la sue passioni (la seconda sono i cavalli). È in quell’anno che decide di chiudere la Llama Company e si ritira in Texas, in una grande tenuta di mille e trecento ettari nei pressi di Millsap, piccolo villaggio (cinquecento anime o poco più) dove negli anni del Far West selvaggio c’era una piccola stazione per carri e cavalli. È da lì, dal Rocking W Ranch, che guida il suo impero artistico- finanziario. La leggenda narra che avesse solo dieci anni quando acquistò la sua prima “opera d’arte”, una riproduzione del celebre ‘nudo blu’ di Picasso acquistato (non poteva essere altrimenti) in uno dei ‘Five and Dime’ paterni. In realtà inizia ad acquistare quadri verso la metà degli anni Settanta, partendo con gli acquerelli di artisti americani più o meno noti per arrivare (ma siamo già negli anni Novanta) alle grandi collezioni: a partire dai 35 milioni – in un’asta privata – per ‘Kindred Spirits’, un olio di di Asher Brown Durand, grande paesaggista americano di metà Ottocento. In quella stessa asta compra anche un’opera di Edward Hopper e di lì in avanti opere di grandi contemporanei (e non solo) con l’obiettivo di mettere assieme una delle più importanti collezioni pubbliche d’arte americana. E con il desiderio di far sviluppare, attraverso l’arte, l’economia e il turismo della propria città. Sposata due volte e due volte divorziata (non ha figli) la donna più ricca del mondo ha vissuto gli ultimi anni dividendosi tra le grandi città d’arte e i cavalli del; suo ranch, purosangue con i quali ha partecipato anche ad alcune corse. Ha finanziato anche la politica, prima – da repubblicana convinta – con laute donazioni alle campagne di George W. Bush e dei candidati del Grand Old Party sconfitti da Obama (John McCain e Mitt Romney), nel 2016 – forse spaventata dai successi alle primarie di Trump finanziando un gruppo legato ad Hillary Clinton. Arte, cavalli e automobili. Quest’ultima non è una passione ma le ha portato diversi guai. È rimasta infatti coinvolta in vari incidenti, uno anche mortale. Nel 1983, quando andò con la famiglia a trascorrere il Thanksgiving in Messico fini con la jeep (che guidava) in un burrone, spezzandosi una gamba, cosa che le costò una ventina di interventi chirurgici. Nel 1989 investì (e uccise) un pedone in Arkansas, ma nessuno sporse denuncia e la cosa venne messa a tacere. Nel 1998 si schiantò, dopo aver bevuto troppo, contro un contatore del gas. Se la cavò con una multa da 925 dollari. Una bazzecola per la donna più ricca del mondo.