Affari&Finanza, 12 marzo 2018
Merci, le navi senza pilota sopra il Pacifico
Genova
Nel cuore dell’Oceano senza un equipaggio chiamato a governare la nave. Non è la scena di un film, ma la prospettiva quanto mai concreta di quello che potrebbe accadere già nel 2019, con una nave portacontainer giapponese pronta ad attraversare il Pacifico e raggiungere la costa ovest degli Stati Uniti. Proprio così, anche se pare davvero fantascienza, per non dire altro. Perché in un futuro più vicino di quanto ci si possa immaginare non saranno soltanto le auto, gli aerei e i treni a non aver più bisogno di piloti e macchinisti, ma anche le navi. Possibile? Certo. Già da anni grandi gruppi industriali, come il colosso britannico Rolls Royce, stanno studiando prototipi in grado di muoversi nelle acque attraverso comandi impartiti da terra. Adesso, però, la sfida tecnologica si è spostata a largo raggio, coinvolgendo ovviamente i Paesi asiatici, Corea del Sud e Giappone in testa. Proprio il Giappone ha addirittura fissato una data entro la quale si potranno commercializzare navi senza equipaggi, il 2025, cioè domani. Navi costruite in patria dai cantieri e vendute in tutto il mondo. Per arrivare a mettere in pratica una simile strategia bisogna muoversi per tempo, non si può certo improvvisare. Da anni, infatti, il governo ha deciso di finanziare con programmi specifici la ricerca di navi senza equipaggio. Capofila del progetto è il ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture giapponese che ha raccolto opinioni nel settore e avviato piani per la promozione e l’introduzione di nuove tecnologie nel trasporto navale. Chi vincerà una sfida che, inevitabilmente, chiama a riflettere sul ruolo della tecnologia nel lavoro umano e sulle sue implicazioni non solo economiche, ma anche sociali? Come saranno bilanciati i risparmi dei costi e gli standard di sicurezza offerti in mari sempre più trafficati dove ogni giorno si incrociano migliaia di navi? Interrogativi che troveranno risposte man mano che i progetti si concretizzeranno. Di quello realizzato dalla Rolls Royce c’è già traccia evidente. Lo scorso anno un rimorchiatore della Svitzer Hermod ha manovrato nel porto di Copenaghen senza l’ausilio di un equipaggio, visto che il comandante lo ha guidato dalla control room sulla banchina, con un telecomando praticamente identico a un joystick. Ovviamente si è partiti da un’unità di dimensioni contenute, ma l’obiettivo è realizzare navi senza pilota ed equipaggio di grandissima stazza come portacontainer e petroliere. Navi droni? Qualcosa di simile. Sta di fatto che con grande tranquillità il rimorchiatore danese, lungo quasi 30 metri, ha effettuato una rotazione di 360 gradi prima di attraccare alla banchina e ormeggiare. Siamo al punto di partenza della collaborazione fra Rolls Royce e Svitzer perché l’obiettivo, come si diceva prima, è quello di arrivare a una totale digitalizzazione della navigazione per consentire il controllo del mezzo da postazioni terrestri, prefigurando prima della partenza rotta e velocità. Scontati i vantaggi, a cominciare appunto dal costo del personale, ma anche da quello del carburante perché la nave sarebbe messa sempre nelle condizioni di seguire la rotta migliore durante il tragitto. La risposta asiatica alla mossa nordeuropea non si è fatta attendere. Anche perché, su questo fronte, Corea del Sud e Giappone sono già attive da tempo. Il governo giapponese, in particolare, sta incentivando la ricerca con interventi governativi a favore delle compagnie armatoriali private. Da questo punto di vista, stiamo parlando dei colossi del settore armatoriale, compagnie che per inciso si preparano a unire i loro sforzi e a dar vita a uno dei giganti dei giganti del mare. Dal primo aprile, infatti, le tre compagnie giapponesi Nippon Yusen Kaisha (Nyk), Kawasaki Kisen Kaisha (K LIne) e Mitsui Osk LIne LInes (Mol) si fonderanno dando vita a un nuovo gruppo, “One”, candidato fin da subito a diventare uno dei protagonisti della scena globale. Ed è proprio sull’Oceano Pacifico che si vivrà con ogni probabilità la prima grande sfida della navigazione senza equipaggio. Lungo queste 5.500 miglia marine che separano il Giappone della costa ovest degli Stati Uniti il prossimo anno dovrebbe iniziare la sua navigazione una nave della Nyk destinata appunto a trasportare il suo carico attraverso il Pacifico: venti, venticinque giorni di navigazione (i nomi dei porti non sono ancor stati indicati) per compiere la traversata senza equipaggio. O, meglio, senza l’intervento dell’equipaggio che nella circostanza sarà a bordo, ma non interverrà sulle operazioni, tenuto conto che la navigazione verrà seguita da una control room del porto giapponese prescelto. Gli uomini sarebbero chiamati a intervenire solo in caso di pericolo di collisione, sostituendosi a questo punto al computer. L’obiettivo finale è appunto quello di arrivare al 2025 con la possibilità di commercializzare navi all’interno del quale si possa rinunciare all’equipaggio. Una trasformazione copernicana, questa, perché non può sfuggire che il personale imbarcato non ha solo la responsabilità della “guida” della nave, ma si occupa di una serie allargata di funzioni, fra la macchina e la coperta, che nel corso dei decenni si è sempre più digitalizzata, ma che ancora ha necessità dell’intervento umano. La nave drone impone quindi una totale rivisitazione del modello attuale, già altamente tecnologico al punto che ha ridotto la presenza umana a poche unità. Il salto definitivo verso il futuro sarebbe appunto la rinuncia alla presenza umana. Qualcosa che sta avvenendo anche sulle banchine dei porti, dove la presenza dei “camalli” di tutto il mondo è andata via via assottigliandosi, fin dall’arrivo alla fine degli anni Sessanta dei container, che hanno finito per cannibalizzare gran parte della merce prima caricata e scaricata alla rinfusa.