Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  marzo 13 Martedì calendario

Il tappo al vulcano Faida a Ramallah sul dopo Abu Mazen

La cosa più difficile per un leader è capire quando il suo tempo si è compiuto. Intercettare quei segnali, spesso inequivocabili, che indicano il tramonto, la fine di un’era politica. Il Medio Oriente non è diverso dall’Europa in questo e anche qui a Ramallah finalmente qualcuno se ne è accorto”. Benché celata nel linguaggio criptico palestinese, la rivelazione di un alto funzionario dell’Autorità palestinese è chiara: il presidente Abu Mazen si presenterà dimissionario alla sessione del Consiglio nazionale palestinese convocato per il 30 aprile. Il massimo organismo palestinese che non si riuniva dal 1996. Abu Mazen chiederà ai 700 membri del Cnp di scegliere un successore in grado di prendere in mano le redini dell’Anp e affrontare le sfide attuali: la morte del processo di pace di Oslo, la riunificazione con Gaza, le conseguenze delle decisioni di Trump che stanno mettendo le ambizioni palestinesi di uno Stato nel dimenticatoio e, appena oltre i confini, la “tempesta” che dilania la Siria, avvolge il Libano, minaccia la Giordania.
Sfide per le quali serve uno slancio, un’energia che Abu Mazen – a fine mese compirà 83 anni – sente venire meno. Negli ultimi mesi c’è stato un chiaro deterioramento della salute e nonostante le smentite di rito – “sono voci per creare confusione”, chiosa come un funzionario russo ai tempi dell’Urss Ahmad Majdalani, membro anziano del Cnp. “Il presidente non dorme abbastanza e per questo appare molto stanco”, sostiene il suo portavoce ufficiale.
In febbraio il presidente palestinese è stato ricoverato alcune ore al John Hopkins di Baltimora per un mancamento durante la visita negli Usa. Al rientro è tornato per dei controlli nell’ospedale di Ramallah, dove era già stato per qualche giorno nel luglio 2017. Test di routine, continuano a dire i suoi. Gli esami negli Usa avrebbero invece rivelato un serio problema medico all’apparato digerente in fase avanzata.
Abu Mazen ha comunque ridotto le ore di lavoro alla Muqata e le persone intorno a lui dicono che ultimamente sembra più irascibile e polemico con assistenti e funzionari dell’Anp.
Nonostante la crisi politica, la cooperazione di sicurezza fra Stato ebraico e Anp sta funzionando bene. Ma Israele si sta preparando alla possibilità che il continuo peggioramento delle condizioni di Abu Mazen intensifichi le guerre di successione dentro l’Autorità palestinese e minacci la relativa stabilità che ora prevale in Cisgiordania. Le agenzie di sicurezza dell’Anp stanno continuando a coordinarsi strettamente con le Forze di Difesa israeliane e il servizio di sicurezza Shin Bet per prevenire atti di terrorismo. Ma è come stare seduti su un vulcano. Israele teme l’instabilità, che le tensioni interne incidano sul grado con cui i servizi di sicurezza dell’Anp saranno in grado di prevenire attacchi contro l’Idf o contro i coloni in Cisgiordania.
Su questo sfondo è iniziata la battaglia fra i contendenti che sperano di succedere ad Abu Mazen. Ci sono quasi dieci fra politici palestinesi e capi della sicurezza che si sentono pronti e potrebbero nascere anche alleanze fra alcuni di loro nel tentativo di conquistare la leadership dell’Anp. Giovani Leoni e Vecchia Guardia. In pista ci sono nomi di peso della galassia palestinese. Nasser Al Kidwa, nipote di Yasser Arafat, ex ministro ed ex ambasciatore all’Onu. Mohammed Dahlan, potente ex delfino di Arafat, ora rifugiato nel Golfo Persico, sostenuto anche da Egitto e Arabia Saudita. Jibril Rajoub, attuale presidente del Comitato Olimpico palestinese ed ex capo dei servizi segreti in Cisgiordania. Il generale Majdj al Faraj, attuale capo della “Preventive Security” palestinese. Ma se le indiscrezioni che si raccolgono a Ramallah sono veritiere, è un veterano di Al Fatah il candidato principale alla successione di Abu Mazen. È Mohammed al-Aloul, 68 anni, nominato il mese scorso vice-presidente di Fatah. Appartiene alla Vecchia Guardia e ha ricoperto in passato diversi incarichi delicati nel movimento palestinese, di quelli poco pubblicizzati ma noti alla comunità dell’intelligence. Suo figlio maggiore, Jihad, venne ucciso negli scontri con l’Idf durante la seconda Intifada. Come Abu Mazen è convinto che gli Usa non siano più qualificati per agire da mediatori onesti in qualsiasi processo di pace con Israele. Al Aloul potrà garantire il controllo della Vecchia Guardia dell’Olp sul processo decisionale palestinese e sul panorama politico. Ma lotta per la successione è aperta e si annuncia senza esclusione di colpi.
L’unica cosa certa è che il successore di Abu Mazen non sarà scelto attraverso elezioni libere – come avvenne per lui quando venne eletto – ma da funzionari di Fatah e dell’Olp a Ramallah. Con Gaza nelle mani di Hamas non è possibile organizzare nessuna consultazione elettorale credibile.