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 2018  marzo 13 Martedì calendario

Giudizio universale show: Michelangelo è così vicino

Per i romani, ma anche per i turisti, ancor più stranieri. Per i giovani, perché dice il demiurgo Marco Balich “Michelangelo è un supereroe, un vero figo, altro che – ha quattro figli, se ne intende – Avengers e Uomo Ragno”. Ma è anche per il generone e, ovvio, le scolaresche (15 mila gli studenti già confermati). Insomma, uno spettacolo per tutti, uno show da larghe intese: l’importante è partecipare, lo spirito olimpico impera, e di cerimonie a cinque cerchi il produttore e direttore artistico Balich ne sa, da Torino 2006 a Rio 2016. Giudizio Universale. Michelangelo and the Secrets of the Sistine Chapel debutta il 15 marzo all’Auditorium Conciliazione, e spera nella più lunga tenitura possibile: la co-regia è di Lulu Helbek, la voce di Michelangelo prestata da Pierfrancesco Favino, il tema principale di Sting e la consulenza scientifica dei Musei Vaticani.
Tanta roba, con qualche dato sorprendente: i 9 milioni di euro del budget provengono tutti da privati, le prevendite hanno già toccato quota 40 mila, il biglietto medio costerà 18 euro, giacché – notano dall’Artainment Worldwide Shows che produce – “a Roma non c’è né West End né Broadway, non si è pronti a sborsare 100 euro per uno spettacolo”. Appunto, che spettacolo è? Arte e teatro, musica e tecnologia, tanta tecnologia: effetti speciali, proiezioni a 270°, immersività – ammesso significhi qualcosa – per parola d’ordine, 60 minuti per durata, la Cappella Sistina per assoluta protagonista. Dalla sua un Dream Team con Gabriel Vacis (supervisione teatrale), John Metcalfe (musiche), Luke Halls (video design), Fotis Nikolau (coreografie), Balich echeggia Walter Gropius ed Erwin Piscator, parla non di teatro ma di “show totale, la summa di tutte le esperienze che abbiamo maturato nel mondo: potente e intenso, con traiettorie emotive fortissime. Per noi è un punto d’onore parlare alle giovani generazioni, e il nostro contagio linguistico va in questa direzione, penso al Dies Irae cantato in latino da Sting”. Si parte dalla genesi degli affreschi del Buonarroti, tornando digitalmente alla Roma del 1508, per arrivare al Conclave, “un rito – dice la Helbek – uguale a se stesso da 500 anni”.
Importante per questo tonitruante carrozzone non abbandonare la carreggiata della verosimiglianza, se non veridicità, storica, e qui entrano in gioco i Musei Vaticani: imprimatur di monsignor Nicolini e dell’allora direttore Antonio Paolucci nel 2015, le sinergie sono state perfezionate dall’attuale direttrice Barbara Jatta, che in ossequio “al nostro binomio di tradizione e innovazione” ha fornito “immagini ad altissima risoluzione della volta del Giudizio e dei Quattrocentisti e una collaborazione di valenza filologica, seppure val bene ricordare come non si tratti di un documentario”. A dare residenza massmediale al progetto, viceversa, è monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, che osserva come “da qualche tempo l’arte sia divenuta protagonista delle narrazioni cinematografiche e televisive, penso per esempio a Caravaggio – L’anima e il sangue e Stanotte a San Pietro, facendosi così spazio eletto per il recupero del dialogo, luogo di una nuova educazione a sguardo e parola.
Qui si vuole dire il meglio nel miglior modo possibile: richiamando un momento della storia della salvezza, Giudizio Universale è un evento totalmente nuovo, un complesso testo di tipo multimediale immersivo”.
Reduce dal successo del Festival di Sanremo, Favino elogia “l’idea di partecipazione, inclusione e richiesta emotiva. E poi, è una storia nostra: da romano sottovaluto spesso la fortuna di vivere in questa città, viceversa, Giudizio Universale incarna la meraviglia dell’avvicinarsi alla creazione di Michelangelo. Il suo spirito, la voglia di rappresentare l’assoluto, quel biblia pauperum che dev’essere ancora oggi, credo, lo sforzo di qualsiasi artista onesto”.
Tutto bene, dunque? Insomma. Nell’antipasto di una manciata di minuti offerto alla stampa, Giudizio Universale non ha entusiasmato: sbagliato farne pars pro toto, ma l’estratto del Diluvio ha mostrato un po’ di fiato corto sia rispetto alle contemporanee esperienze di Realtà Virtuale – su tutte, il padiglione VR dell’ultima Mostra di Venezia – sia al migliore 3D nativo, dall’insuperato Avatar a oggi.
Nulla di grave, se tra uno scroscio e un rovescio venisse comunque l’acquolina allo spettatore: dall’Auditorium Conciliazione l’originale Cappella Sistina dista solo un chilometro e 200 metri, ovvero un quarto d’ora a piedi. Forza, Michelangelo vi aspetta.