il Giornale, 13 marzo 2018
Quel reticolo banche-coop che trasforma i rifiuti in oro
Non stanno facendo quasi nulla. Potreste, almeno, pagarli di più? La richiesta viene formalizzata in assemblea l’11 settembre 2017. I consiglieri d’amministrazione della Sei, la società che gestisce i rifiuti nelle province di Siena, Arezzo e Grosseto, sono commissariati da otto mesi. Otto mesi passati a osservare altre persone, i commissari per l’appunto, che prendono quasi tutte le decisioni. Otto mesi passati a guardare il soffitto interrogandosi con angoscia: come ammazzerò il resto del tempo? Otto mesi passati con gli evidenti rischi del mestiere (per esempio: lo slogamento dei pollici a forza di girarli vorticosamente).
Tutto ciò non merita forse un aumento di stipendio? Ma si capisce. Per cui, cari contribuenti, mano al portafoglio e alé: la retribuzione sia aumentata da 180 a 300mila euro l’anno. Centoventimila euro l’anno in più, avete capito bene. L’aver poco o nulla da fare dovrà pur essere ricompensato in qualche modo, non vi pare? E siccome una ricompensa tira l’altra, i tre esponenti del collegio sindacale, cioè i controllori dei conti, si sono subito mossi a rimorchio. Saremo forse da meno? Perché l’aumento non lo date pure a noi, oltre che ai consiglieri di amministrazione? Giusto, si capisce. I controllori dei conti di una società che ha accumulato 102 milioni di debiti, che è stata appena commissariata, e che è finita nel mirino di Procura e Anticorruzione, non meritano forse un premio speciale? Infatti: prendono 100mila euro netti l’anno ma ne vorrebbero altri 113mila. Cioè vorrebbero più che raddoppiare lo stipendio. Il motivo: dicono di svolgere «attività extra previste dal codice». E quali sono queste attività extra, di grazia? Forse i revisori dei conti, fra una riunione e l’altra, indossano la tuta e vanno a pulire le strade? Si danno da fare per svuotare i cassonetti? Purtroppo no. E pensare che ce ne sarebbe un gran bisogno, perché il servizio di nettezza urbana, da queste parti, in barba a una delle Tari più alte d’Italia, lascia parecchio a desiderare (alla fine però entrambi gli aumenti sono stati bloccati, ndr). Che ci volete fare? In provincia di Siena, Arezzo e Grosseto sono fatti così: negli ultimi anni, purtroppo, con la raccolta dei rifiuti zoppicano un po’. Con la raccolta di quattrini, invece, vanno sempre da dio. Qualcuno infatti si sarà domandato: ma perché la Sei nel marzo 2017 è stata commissariata? Semplice: perché alcuni mesi prima (il 3 novembre 2016) il vertice era stato decapitato da un’inchiesta della Procura di Firenze. Sei persone indagate e quattro arrestate: il gip, nel suo provvedimento, parla di un sistema illegale «disinvolto e spregiudicato», che «non presenta elementi di occasionalità» ma invece «tratteggia un illecito consolidato». Un «mercimonio», insomma. In cui si distingue l’«imbarazzante fame di denaro» dei protagonisti. Uno in particolare risulta affamato di denaro: è Andrea Corti, direttore generale dell’Ato Toscana Sud, l’ente pubblico regionale formato da tutti i Comuni delle tre province e incaricato di gestire gli appalti per i rifiuti. Per far vincere la società predestinata (la Sei), Corti si sarebbe fatto pagare da quest’ultima tangenti in ogni modo, comprese le consulenze affidate alla moglie. Che, essendo esperta d’arte, ha fornito preziose collaborazioni sui parchi eolici e sulle traduzioni in tedesco. A prima vista potrebbe apparire una gara taroccata come in Italia, purtroppo, ce ne sono tante, seppur particolarmente onerosa per le tasche dei contribuenti. E invece in questo caso c’è qualcosa di più: non solo per l’entità della cifra (3,5 miliardi di euro: tanto quanto basterebbe a risistemare buona parte delle cadenti scuole italiane) e per la durata del contratto appaltato (20 anni), ma per la rete di potere che si nasconde dietro questa vicenda. Non voglio annoiarvi con reticoli azionari, incroci e rimandi, ma vorrei arrivare al punto: come funziona questo meccanismo perverso? Proviamo a semplificare: la legge regionale obbliga i Comuni (tutti) delle tre province a formare l’Ato, l’ente pubblico della Toscana del Sud. L’Ato assegna gli appalti (per 20 anni) a una società, la Sei per l’appunto. E da chi è formata la Sei? Dai medesimi Comuni, oltre che dalle coop rosse (Cooplat, Ecolat, ecc.) e dalle banche (Monte Paschi e, finché è esistita, Banca Etruria). Quindi in pratica i Comuni (che stanno nel Consorzio) assegnano l’appalto a Comuni-banche-coop (che stanno nella Sei): possono essere anche molto generosi, se vogliono, non credete? Tanto è tutta una gestione in famiglia. Chi dà è per buona parte lo stesso che riceve. E chi è che trae vantaggio alla fine da tanta generosità? Non è difficile da capire. Basta osservare quel che succede. L’appalto alla Sei, giudicato irregolare da Gip e Autorità Anticorruzione, resta comunque valido fino al 2033. Ma il servizio com’è? Non certo eccellente. Molti in zona si lamentano, diffondono foto-denuncia, cassonetti pieni, cassonetti mancanti, strade non ripulite. In compenso la tassa sui rifiuti è una delle più alte d’Italia: secondo la Confcommercio, la Tari è aumentata secca del 10 per cento da quando è cominciata la gestione Sei. E quest’ultima può farsi bella con fatturati da record (171 milioni di euro nel 2016) e utili importanti (1,5 milioni di euro nel 2016). Ora domandatevi: i Comuni possono essere davvero soddisfatti di una società che produce utili e fatturati da record attraverso gare irregolari e servizi scadenti? Possono essere contenti di tartassare i cittadini ricevendone in cambio le loro proteste? E se non sono contenti, perché continuano a tollerare questo sistema? Forse per far felici i soci di minoranza della Sei, cioè banche e coop rosse? Forse perché questo è uno dei meccanismi attraverso cui si soddisfano gli appetiti di quei soggetti privati, foraggiandoli con abbondante denaro pubblico? Ma sì: è evidente che qui non siamo di fronte soltanto a una gara taroccata. Siamo di fronte a un intero sistema marcio, fin dalle radici. Siamo di fronte a un meccanismo congegnato apposta per far transitare denari dalle tasche dei cittadini ai privati, in questo caso il sistema delle banche e delle coop (...).