Il Sole 24 Ore, 13 marzo 2018
Da Urumqi a Napoli, ecco il primo treno di pomodori cinesi
In questo momento, dovrebbero trovarsi da qualche parte nelle acque del Mar Nero. E se tutto andrà come previsto e il meteo sarà clemente, a metà della prossima settimana sbarcheranno a Napoli. Quarantaquattro container, saliti sul treno alla stazione di Urumqi e pieni di salsa di pomodoro cinese destinati alla patria per eccellenza della pummarola.
Una contraddizione in termini? No, semplicemente una fra le innumerevoli rotte commerciali che l’export cinese ha deciso di aprire sotto il grande ombrello della nuova Via della Seta. Il treno merci – secondo quanto confermano l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua e il sito del governo dello Xinjiang – è partito dalla stazione di Urumqi, capitale della regione autonoma dello Xinjiang, il 26 febbraio. Per percorrere 10.500 chilometri e arrivare a destinazione impiegherà circa 25 giorni, ma non tutto il suo viaggio si dipana su rotaia: passato il confine tra Cina e Kazakhstan all’altezza di Khorgos, ha viaggiato verso Ovest attraverso le steppe fino al porto di Kuryk, sul Mar Caspio. Qui i container sono saliti sulla nave, per sbarcare a Baku in Azerbaijian e poi, attraversata la Georgia nuovamente su rotaia, si sono imbarcati al porto di Poti, sul Mar Nero. E poi dritti, fino a Napoli.
La Coldiretti ha appreso la notizia leggendo l’agenzia Xinhua, e non la vede di buon occhio: «Nei primi 11 mesi del 2017 il nostro Paese ha importato dalla Cina 136mila tonnellate di concentrato triplo di pomodoro – ricorda Lorenzo Bazzana, responsabile economico della confederazione degli agricoltori italiani -. Nonostante le quote siano diminuite, rispetto al 2016, si tratta pur sempre dell’equivalente di quasi un milione di tonnellate di pomodoro fresco. E se consideriamo che l’Italia produce circa 5 milioni di tonnellate di pomodoro all’anno destinato alla trasformazione industriale, significa che dalla Cina arriva il 20% della salsa di pomodoro lavorata in questo Paese». Troppa, secondo i produttori italiani.
La linea Urumqi-Napoli è operata dalla Xinjiang Xintie International Logistics Company e quello partito quindici giorni fa è il primo treno con destinazione il Suditalia. Ma non è il primo convoglio partito in assoluto: sul pallottoliere della compagnia logistica cinese è il numero mille, tra quelli diretti in Europa, da quando è stata istituita la rotta da Urumqi quasi due anni fa, nel maggio del 2016. Lo Xinjiang, la terra della minoranza uiguri, è la regione più occidentale della Cina. Una delle aree a più recente industrializzazione. E anche la più vicina all’Europa: il vantaggio di far partire le merci da Urumqi è proprio quello di metterci metà tempo, rispetto alla rotta tradizionale, interamente via mare.
I vertici della Xinjiang Xintie International Logistics Company hanno dichiarato alla stampa piani pomposi: contano di chiudere il 2017 con 1.400 viaggi diretti in Europa, e sono pronti a replicare con cadenza periodica la tratta per Napoli, se alla fine dell’esperimento si rivelerà una tratta di successo. Dentro 44 i container diretti al porto partenopeo non viaggia solo la salsa di pomodoro, ma ci sono anche componenti elettronici, parti meccaniche e altri beni di consumo. «Voglio vederla come un’opportunità – ammette lo stesso Bazzana di Coldiretti – possiamo sempre pensare di riempire quegli stessi container, nel tragitto di ritorno, con prodotti agroalimentari italiani destinati al mercato consumer cinese».
Intanto, però, chi ci sta guadagnando di più da queste rotte su rotaia, è la Cina: a fronte di 311mila tonnellate di merci che nel 2016 hanno viaggiato verso Ovest, dirette in Europa, soltanto 200mila tonnellate hanno percorso la strada inversa verso Est. I treni partono più vuoti, dal Vecchio Continente. Eppure, secondo i dati di Pechino, da quando è stata annunciata la Nuova Via della Seta cinque anni fa, il traffico merci fra la Cina e l’Europa è quintuplicato. Soltanto la China Railway Express, nel 2017, ha compiuto più di 3.600 viaggi tra le principali stazioni della Repubblica popolare e le città del Vecchio Continente. La metà di questi – per la precisione il 48% – era diretta in Germania. Tra i Paesi più scaltri, in Europa, a cogliere le opportunità derivanti dal maxi-progetto della Belt and Road Initiative.