Il Sole 24 Ore, 13 marzo 2018
Napoli al dissesto, giovedì vertice a Palazzo Chigi. Dopo il nuovo stop di Corte conti, tegola da 114 milioni sul bilancio
Nei bilanci di Napoli il passato non passa, e la terza città d’Italia torna ancora una volta a un passo dal dissesto. L’emergenza eterna dei bilanci partenopei sarà di nuovo giovedì prossimo sui tavoli di Palazzo Chigi, in un vertice fra il premier Gentiloni e il sindaco De Magistris che tenterà l’ennesima soluzione di una sciarada sempre più complicata.
Dall’ultimo rattoppo, scritto per evitare la replica di un default già andato in scena con numeri da record a Napoli nel 1993, sono passati solo due mesi e mezzo. All’anti-vigilia di Natale, nello sterminato elenco di commi della legge di bilancio è stato approvato anche quello (il numero 888) che ha permesso al capoluogo campano di raddoppiare da 10 a 20 anni i tempi del risanamento. Ma a spingere di nuovo il Comune verso il dissesto è ora la Corte dei conti. Dopo mesi di battaglie con l’amministrazione, i magistrati contabili hanno stabilito che nel 2016 il pareggio di bilancio è stato rispettato solo sulla carta, mentre nella realtà il Comune si è fermato 114 milioni sotto. Milioni che ora andrebbero recuperati con un taglio equivalente ai fondi per l’anno prossimo, insieme al blocco di assunzioni e mutui, al taglio del 30% delle indennità degli amministratori e a un nuovo freno alle spese correnti. Ma in un quadro del genere scrivere il bilancio preventivo triennale, che Napoli come gli altri comuni deve approvare entro fine mese, rischia di essere impossibile. Il tutto mentre l’Anm, l’azienda dei trasporti in pre-concordato da gennaio, vede le dimissioni dell’amministratore unico a un mese dal termine per la presentazione del piano di rientro per provare a evitare il fallimento.
L’ultima bordata al comune, si diceva, arriva dal passato, in una storia che dice molto anche sui tempi infiniti di molta giustizia italiana. Il bilancio 2016 del comune ha rispettato formalmente l’obbligo di pareggio anche perché non ha riconosciuto un debito da 83 milioni nei confronti di un consorzio (il «Cr8») nato per la ricostruzione degli edifici colpiti dal terremoto dell’Irpinia. Il sisma è del 1980, il debito del 1981, e la sentenza d’appello che ne impone il pagamento e pignora i conti comunali è appunto del 2016.
Il Comune non l’ha riconosciuto, perché lo ha giudicato a carico dello Stato, come ha ribadito ancora ieri il sindaco De Magistris evocando su Facebook un «videogioco istituzionale crudele per farci andare in dissesto senza avere il coraggio di ammetterlo». La tesi non ha avuto fortuna in Corte dei conti, dove il debito nei confronti del «Cr8» si è sommato a quelli verso un altro consorzio («Cr10») e verso una società privata facendo fermare il pallottoliere 114 milioni sotto il pareggio. E fra due giorni si capirà l’accoglienza che otterrà a Palazzo Chigi.
Ma non sono solo gli effetti collaterali del terremoto dell’80 a segnare un ritmo del tempo che batte più lento del normale nelle vicende napoletane, ancora schiacciate anche dalle ricadute dell’emergenza rifiuti (chiusa ufficialmente nel 2009) e soprattutto dai buchi strutturali che non si riescono a chiudere. Nel 2012, quando il governo Monti si inventò la «procedura di riequilibrio finanziario pluriennale» per evitare una replica italiana dei dissesti locali a catena che in quei mesi stavano incendiando le finanze pubbliche spagnole, Napoli fu tra le prime città ad aderire. La cura avrebbe dovuto riportare i conti in equilibrio in 10 anni grazie a tagli di spese e aumenti di entrate. Ma anche quei piani sono inciampati più volte in Corte dei conti, fino all’intervento che ha permesso di raddoppiare il calendario del risanamento. Calendario che però rischia di essere infinito se non si accorcia un po’ la distanza che continua a separare le entrate scritte nei bilanci da quelle che finiscono davvero nelle casse del comune. Nel 2016, secondo l’ultimo consuntivo analizzato dalla Corte dei conti, Palazzo San Giacomo era riuscito a recuperare solo l’1,75% dei mancati incassi degli anni precedenti; e nello stesso anno si erano tenuti lontani dal pagamento 88 dei 109 milioni di multe scritte nei verbali dei vigili. Con buchi di queste dimensioni nel serbatoio, andare lontano è difficile per qualsiasi macchina.
gianni.trovati@ilsole24ore.com