Libero, 8 marzo 2018
Impressionisti, solo gli americani capirono gli «imbrattatele» europei
Erano passati solo pochi anni dalla prima mostra stroncata dalla critica e dal pubblico di Claude Monet, Edgar Degas, Alfred Sisley e Pierre Auguste Renoir presso lo studio del fotografo Felix Nadar a Parigi (15 aprile 1874) e a Philadelphia alcuni lungimiranti imprenditori, avvocati, dirigenti d’azienda già arredavano le loro lussuose case con le opere degli impressionisti. Nel vecchio continente erano considerati “imbrattatele”, pittori da strapazzo (qualche mese dopo la mostra da Nadar il gruppo organizzò una vendita delle opere per recuperare fondi ma fu un altro fiasco: riuscirono appena a coprire i costi delle cornici) mentre al di là dell’oceano, in quella città che insieme a Boston e New York era una delle più mature culturalmente, erano talmente ricercati e apprezzati che il Philadelphia Museum of Art organizzò una mostra completamente dedicata alla pittura impressionista.
Se pensiamo che i primi dipinti impressionisti entrarono nelle raccolte museali milanesi (precisamente alla GAM) solo nel 1958 grazie a Nedda Mieli che donò la collezione del marito Carlo Grassi, è facile comprendere quanto “occhio” ebbero e quanto furono sagaci i collezionisti americani. Che con grande generosità lasciarono poi il loro immenso patrimonio proprio al Philadelphia Museum of Art. Delle 240 mila opere lì conservate, cinquanta tra le più significative e riconoscibili sono esposte a Palazzo Reale di Milano nella mostra Impressionismo e Avanguardie che inaugura oggi.
L’ESPOSIZIONE
Dai luminosi paesaggi di Monet, di Sisley, di Pissarro, di Cézanne alle imperdibili scene cittadine di Renoir; dai magnifici ritratti di Manet, di Mary Cassatt, di Van Gogh, di Picasso, di Bonnard e di Matisse alle nature morte di Gauguin e di Braque; e poi le ballerine di Degas, le sperimentazioni di Kandinsky del periodo Bauhaus, il surrealismo di Miro e Dalí, Klee, Rouault, Chagall, fino alla bellissima scultura in pietra, Il Bacio (1916), di Brancusi e al bronzo di Rodin L’atleta che ritrae Samuel S. White III, uno tra i maggiori donatori del museo: l’esposizione offre al visitatore la possibilità di ammirare artisti che hanno rivoluzionato il linguaggio pittorico nel loro tempo. Ma non solo. La mostra milanese racconta anche dei collezionisti che hanno contribuito con le loro donazioni a fare del Philadelphia Museum of Art una delle mete imperdibili per gli appassionati di impressionismo e di avanguardie. Ecco allora Alexander Cassatt, fratello della pittrice e capo della Pennsylvania Railroad che per primo acquistò su suggerimento di Mary (che aveva abitato a Parigi e fece da tramite) le opere degli artisti francesi contagiando altri colleghi; Samuel Stochton White III che da giovane culturista pluripremiato fece da modello a Rodin durante un soggiorno a Parigi cominciando a collezionare gli impressionisti; l’avvocato Louise Stern che stabilì un legame particolare con Chagall arrivato negli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale; Walter e Louise Arensberg, amici di Duchamp, che si affidarono a lui per gli acquisti e in breve tempo riempirono casa di veri e propri tesori di arte moderna.
La mostra, prodotta MondoMostre Skira, si potrà visitare fino al 2 settembre.