Libero, 8 marzo 2018
Scandalo al casinò di Saint-Vincent: 21 ladri
Saint Vincent come il resto d’Italia, dove a essere in perdita (prima del giocatore senza freni), è la casa da gioco.
Al Casino dell’omonimo comune della Valle d’Aosta, l’emorragia era inarrestabile da anni. Ma nonostante il buco insanabile, 21 politici locali, hanno continuato a finanziare la struttura. Iniezioni di soldi pubblici (a danno del contribuente) con la consapevolezza che non sarebbe servito a rimettere in sesto il Casino agonizzante. Stando alla Corte dei conti, che ha calcolato un danno erariale di 140 milioni, i consiglieri (ed ex tali) di Regione e Comune, avrebbero falsificato i bilanci e ideato piani di sviluppo scientemente inattendibili.
Così ieri la Finanza ha notificato, ai 21 consiglieri ed ex consiglieri, il sequestro conservativo di beni immobili per 6,6 milioni di euro e 81 conti correnti rintracciati in 31 istituti di credito.
Il Casino di Saint Vincent è gestito al 99,955% da una società partecipata dalla Regione Valle d’Aosta e allo 0,044% dal Comune di Saint Vincent.
Già a marzo 2017, dopo l’approvazione della riforma Madia, la casa da gioco aveva rischiato di chiudere i battenti. Il provvedimento del ministro della Funzione pubblica (almeno in teoria) impedisce a un’amministrazione «di procedere con aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito o rilascio di garanzie» per quelle società partecipate «che abbiano registrato perdite per tre esercizi consecutivi». E il Casino di Saint Vincent questo traguardolimite lo ha sforato grandemente. Ma invece di tirare giù la serranda, ha continuato a ricevere soldi pubblici grazie ai 21 politici locali.
L’inchiesta contabile ha riguardato i finanziamenti erogati dalla Regione (di proprietà quasi totale del Casino), a partire dal 2012. Denaro utilizzato per ristrutturare la casa da gioco e costruire l’annesso resort costato circa 100 milioni di euro. Scrivono chiaro i finanzieri nella loro dettagliata informativa: «la società a totale partecipazione pubblica era da anni in crisi strutturale e in gravissima sofferenza finanziaria», e veniva «alimentata con denaro pubblico sulla base di piani di sviluppo consapevolmente inattendibili e bilanci falsificati da perdite di esercizio nascoste».
Le erogazioni multimilionarie sono state autorizzate «con specifiche delibere da parte delle Giunte e dei Consigli regionali in carica nel luglio 2012 (50 milioni di euro), settembre 2013 (10 milioni), ottobre 2014 (60 milioni) e dicembre 2015 (20 milioni)».
In tutto fanno (appunto) 140 milioni di euro. La casa da gioco, insomma, sarebbe stata inondata di milioni di euro di denaro pubblico nonostante fosse agonizzante e presentasse «palesi segnali di gravissima sofferenza, con indicatori di debolezza strutturale tali da compromettere irrimediabilmente l’attitudine alla autonoma sopravvivenza nell’immediato e che rendevano inverosimile ogni più benevola prospettiva di recupero nel futuro». I consiglieri non hanno certo aspettato l’azione della Corte dei conti, restando con le mani in mano. Molti dei conti correnti a loro intestati, sottolinea la Finanza, «risultano essere già stati spogliati delle disponibilità presenti in un momento successivo alle contestazioni erariali formulate dall’autorità giudiziaria contabile». Analogamente, «su parte degli immobili e terreni di proprietà degli amministratori pubblici, sono state fatte operazioni finalizzate a evitare i provvedimenti cautelari della magistratura».
Tra i beni sequestrati, 151 tra immobili e terreni sono nelle conservatorie dei registri immobiliari in Valle d’Aosta e nelle province di Sassari, Savona e Alessandria. Tutto per quel valore catastale di 6,6 milioni, che corrisponde a 20 come valore di mercato.