Corriere della Sera, 10 marzo 2018
Meglio cronologica o seguendo i colori? Il rebus delle librerie
Se potessero parlare, cosa direbbero i libri? Se lo immagina Ambrogio Borsani, autore del divertente pamphlet «L’arte di governare la carta. Follia e disciplina nelle biblioteche di casa» (Editrice Bibliografia).
Chiederebbero di non essere mai messi in alto (il paradiso, per loro, è ad altezza occhi), e per la stessa ragione rivendicherebbero il diritto alla prima fila (in seconda si rischia l’oblio). Rifiuterebbero la posizione orizzontale (estrarne uno diventa complicato, anche se l’effetto della biblioteca dello stilista Karl Lagerfeld, sessantamila testi sdraiati uno sopra l’altro, è sorprendente), e l’ordine alfabetico (per non rischiare, come l’Autodidatta di Sartre, di emergere da delicati versi di poesia e inciampare, subito dopo, in un trattato sulle fogne).
E allora, come si fa? Il problema della sistemazione dei volumi sugli scaffali di casa riguarda tutti. Proprietari di librerie domestiche da poche centinaia di testi, e collezionisti con immensi patrimoni librari. A volte è il caos: in certe abitazioni i libri sembrano dotati di ali, svolazzano di continuo da un ripiano all’altro senza trovare pace. Casi estremi.
Chi legge, compra, prova piacere a sfogliare, cerca un ordine. «Che riflette il suo schema mentale e il suo rapporto con l’oggetto libro», osserva la psicologa della Statale di Milano, Ilaria Cutica. «Organizziamo i libri in modo che ci facciano stare bene».
Più libri si hanno, più (in teoria) la consultazione dovrebbe risultare difficile. Una libreria da centomila volumi, lunga un chilometro (gli scaffali sono stati misurati uno per uno), getterebbe chiunque nel panico. Non il suo proprietario, Cesare De Michelis, che dichiara tranquillo: «Vado a colpo sicuro ogni volta che cerco un testo». La biblioteca dell’accademico, presidente della Marsilio, è interamente dedicata alla cultura letteraria italiana: narrativa e poesia (senza limiti: De Michelis precisa di aver accolto anche i testi più commerciali), e poi filosofia, storia, sociologia, critica. La bussola per orientarsi di fronte alla vastità è proprio l’ordine. «Ne ho uno semplicissimo, scelto solo perché mi corrisponde: il cronologico. Ogni secolo ha una sua sezione che cumula i testi di tutto quel periodo, e al suo interno gli autori sono in ordine alfabetico».
Intorno al cronologico c’è diffidenza. Perché bisogna avere un’ottima memoria, o una solidissima base culturale, per ricordare la collocazione storica di ogni scrittore o saggista. Eppure sembra essere la scelta preferita dagli editori. Anche Massimo Vitta Zelman, ad di Skira, ha organizzato i suoi ventitremila libri seguendo l’ordine temporale. Corre voce che il filo conduttore sia la data di nascita dell’artista. Smentisce divertito: «Non arrivo a tanto». E spiega: «Una grande parte della collezione riguarda le arti figurative, divise in sezioni. La pittura parte dal Trecento e arriva fino al contemporaneo, con gli artisti accorpati in correnti seguendo la successione cronologica. Stessa regola per architettura, design, fotografia, cinema». Un’unica eccezione, nella narrativa: gli Adelphi, i Supercoralli di Einaudi e i Feltrinelli, sono tutti insieme, separati dagli altri. «Un omaggio di chi lavora nel settore e apprezza gli sforzi», dice.
Non c’è invece nessun ordine logico nella libreria del designer Luigi Farrauto, che ha disposto i volumi in sequenza cromatica, basandosi sul colore della costa di ogni libro. La scelta, confessa, è contestata da amici e clienti. «Andrà a finire che dovrò dimostrare di non essere un ossessivo compulsivo», ironizza. «Io la trovo bella, anche come elemento decorativo, e mi basta un colpo d’occhio per trovare quello di cui ho bisogno. Cerco solo di non inserire un libro nuovo prima di aver familiarizzato con la copertina».
Nessuna scelta netta, radicale, nella libreria dell’art director Daniele Cima, costruita apposta con ripiani distanziati per accogliere i grandi formati. «Sono tutti libri di lavoro, che fortunatamente coincide con la mia passione», dice. «Molti testi in lingua originale, soprattutto degli anni ’70 e ’80, suddivisi solo per aree tematiche: pubblicità, grafica, lettering, tipografia, fotografia. Del resto sono tutti volumi da guardare».
Moderna bibliofila, Paola Trifirò ha iniziato la sua collezione trent’anni fa. «Diciamo aspirante bibliofila, al confronto del mio maestro, il giurista Cesare Grassetti, io sparisco», sottolinea pronta.
La sua biblioteca culinaria, comunque, regala emozione: non solo per la ricchezza, quattromila volumi, fra cui esemplari antichi e rari (quindici sezioni: dalla cucina italiana a quella nel mondo, i grandi chef, il cibo nell’arte, il galateo), ma anche per la disposizione nella originale libreria semicircolare.