Corriere della Sera, 10 marzo 2018
Sesso, la zona grigia
C’è un tema che divide uomini e donne forse ancor più di quello delle molestie sessuali, esploso dopo le denunce contro il produttore Harvey Weinstein e sostenuto dalla nascita del movimento #metoo. C’è un terreno di scontro molto più indeterminato di quello che riguarda la questione degli abusi sessuali caratterizzati, ormai dovrebbe essere chiaro, da un’asimmetria del rapporto di cui il più forte si serve per vincere una volontà espressamente contraria. Stiamo parlando del corteggiamento e delle sue nuove regole che sembrerebbero tutte da ridefinire. I due grandi filoni di dibattito s’intrecciano, entrambi avendo attinenza ai rapporti tra uomo e donna. Se un movimento neofemminista, più o meno compatto, ha denunciato l’inammissibilità di alcuni comportamenti prevaricanti maschili nel lavoro che prima sembravano acquisiti, potremmo dedurne che è cambiata la sensibilità femminile ma è più probabile che a mutare siano stati i rapporti di forza tra i sessi. E la reazione maschile a questa campagna, spesso rabbiosa e rivendicativa in privato, quasi assente o reticente nelle dichiarazioni pubbliche, rende l’idea.
Ma tutte le rivoluzioni hanno un prezzo e quello che oggi stiamo pagando nella vita vera, lontana dai riflettori di Hollywood, nei rapporti interpersonali dove è assente la dinamica del potere e del suo abuso, consiste in un totale disorientamento nella fase dell’approccio. Si può anche spiegare così il manifesto di Le Monde, firmato da centinaia di artiste e accademiche, tra le quali Catherine Deneuve, che mette in guardia contro le conseguenze di una sorta di puritanesimo di ritorno che, criminalizzando gli uomini, li riduce all’immobilismo nei confronti delle donne. «Date loro la libertà di importunarci» è lo slogan che ha fatto inorridire le giornaliste più giovani, raccogliendo commenti entusiastici maschili.
Come si vede, in questa campagna, più o meno consapevolmente, si confonde l’abuso di potere con le dinamiche del corteggiamento. Ma se l’equivoco trafigge le menti dell’intellighenzia, nelle nostre vite il caos regna sovrano e comporta l’irrigidimento nei rapporti tra sessi. Esiste, ammette il documento di Le Monde, una «zona grigia» nella fase dell’approccio che non può essere codificata allo scopo di renderla «corretta» e rispettosa delle rispettive sensibilità, altrimenti perderebbe il suo fascino, la sua animalità. In realtà il corteggiamento i suoi codici li ha sempre avuti. Il fatto è che evolvono, altrimenti le donne verrebbero ancora trascinate per i capelli in una caverna. Oppure non si farebbe sesso prima del matrimonio. O più banalmente non considereremmo un corteggiatore chi non seguisse il rituale che dovrebbe portarlo a presentarsi in famiglia. Roba d’altri tempi, si dirà. Appunto.
Ma quali sono i nostri tempi? Il ritmo del cambiamento nel corteggiamento moderno è stato impresso dall’emancipazione della donna, dalla sua liberazione sessuale. L’evoluzione fin qui ci è parsa un fatto naturale. Niente più lunghi preliminari, pari libertà di iniziativa, nessuna particolare aspettativa circa lo sviluppo di una relazione che si avventuri nella fase più intima. Alla libertà della donna di esprimere la propria sessualità senza essere giudicata (peraltro non ancora del tutto affermata) è corrisposto un arretramento delle sue pretese sentimentali: il corteggiamento ha smesso di essere l’anticamera di una possibile relazione per diventare più spesso quella del sesso.
L’accorciamento delle distanze ha reso necessaria una ridefinizione dei codici a partire dalla domanda: cosa esprime il consenso femminile all’atto sessuale? Le parole ovviamente, ma non è così semplice. La «zona grigia» del corteggiamento comprende una serie di azioni e reazioni, una sorta di muta trattativa che si può svelare con parole esplicite ma che più spesso si giova dell’indeterminatezza, perché è un gioco in cui ciascuno può cambiare idea, avanzare o meno sull’onda dell’emozione. È il suo bello. Ma anche il suo rischio, come dimostra il caso Ansari, l’attore indiano, vincitore del Golden Globe, la cui notte di sesso con una fotografa è stata raccontata dalla medesima su un sito come «la peggiore della sua vita». Il punto? Lei dice di aver perso il controllo della serata dopo esser salita a casa di lui e essere stata indotta a un rapporto sessuale non completo, malgrado le sue richieste di frenare. Lui in un comunicato ha replicato che dalla cena al sesso «tutto lasciava pensare che fosse completamente consensuale». Asari attribuisce ai comportamenti un peso superiore alle parole. Qualcuno potrebbe dire che nel gioco sessuale il negarsi a volte è una tattica per aumentare il desiderio, ma chi decide quando un «no» è un «no»?
Questo è il tema che il New York Times affronta con una newsletter per analizzare cosa sia la «zona grigia» del sesso. Per questo ha lanciato un appello agli studenti dei college americani dove, per arginare il fenomeno degli stupri, sono stati introdotti codici di corteggiamento con precisi step (perché, diciamolo, i tempi più lunghi aiutavano a chiarirsi le idee). Esiste persino un’app che permette alle parti di registrare il proprio preventivo consenso all’atto sessuale. Tutto questo non ha impedito a alcune ragazze consenzienti di denunciare il partner, essendosi sentite violate dalle modalità del rapporto, o avendo realizzato solo in un secondo momento che il proprio non era un consenso consapevole. E di consapevolezza parla il racconto Cat Person, apparso sulla rivista americana The New Yorker, scritto dall’esordiente Kristen Roupenian, che racconta della relazione tra la ventenne Margot e il 34enne Robert. Un flirt nato di persona e alimentato da una messaggistica WhatsApp che induce la ragazza a idealizzare Robert, a desiderarlo, a autoinvitarsi a casa sua malgrado un primo bacio deludente. E a farci sesso con una sensazione di profondo disagio, prima, durante e dopo, che la spinge a abbandonare il ragazzo che, ignaro, continuerà a cercarla.
Ne è nata una discussione che ruota ancora una volta intorno al consenso e alla legittimità di poterlo ritirare in qualsiasi momento, venendo ascoltate. Il che presuppone che salti un altro tabù sessuale, quello che sottintende una sorta di obbligo femminile a non umiliare il maschio (anche solo strategicamente per non perderlo). Un tabù che ha indotto le donne a fingere l’orgasmo e a considerarsi ormai in ballo una volta che il gioco sessuale è avviato. Ora è chiaro che poter ritirare il proprio consenso in qualsiasi momento rende l’app che lo registra preventivamente inutile e chiama in causa la sensibilità del compagno. Con questa discussione si è intersecata la campagna antimolestie che, come abbiamo detto, riguarda i rapporti asimmetrici, ma che va a cadere sempre sullo stesso punto: la capacità dell’uomo di relazionarsi rispettosamente con una donna. Messaggio che ora andrebbe riempito di contenuti positivi per evitare che gli uomini si arrocchino sulle proprie posizioni, sottraendosi del tutto al proprio ruolo nella schermaglia amorosa.