Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  marzo 10 Sabato calendario

La legge dell’affetto: bimba in adozione a una donna single

Una donna single ha ottenuto il via libera dal Tribunale dei minori di Napoli per l’adozione internazionale di una bambina bielorussa. Il decreto di idoneità depositato martedì è il secondo in due anni rilasciato dai giudici napoletani e riguarda una bimba di 11 anni che la donna, assistita dalle avvocate Marinella de Nigris e Laura Poziello, ha preso in affido a partire dal 2016 per quattro mesi all’anno, nell’ambito dei programmi per aiutare i bambini esposti alla radiazioni di Chernobyl. L’Italia vieta alle persone non sposate di diventare genitori adottivi a pieno titolo, ma sono sempre di più i single che ricorrono ai magistrati per vedere riconosciuto l’affetto e l’impegno di cura che li lega a bambini di cui si occupano. Lo strumento tecnico è l’«adozione in casi speciali» che dà una tutela parziale rispetto all’adozione comunemente intesa. Per potervi accedere occorre dimostrare che tra il futuro genitore e il bambini c’è già un rapporto affettivo. La novità degli ultimi anni è la globalizzazione degli affetti: grazie ai programmi internazionali di affido temporaneo, molti con i Paesi dell’Est, bambini che vivono in istituto all’estero possono costruire quei legami con gli aspiranti genitori italiani. Una volta che lo Stato italiano riconosce l’idoneità all’adozione (per «speciale» che sia) i Paesi stranieri che lo contemplano possono accettare anche i single. Così le maglie di una legge che ha ormai più di trent’anni – risale al 1982 – si allargano adattandosi alla realtà sociale ormai cambiata. Ma rimane un percorso complicato, costoso e legato agli orientamenti dei giudici, che possono essere molto diversi. Il rischio è continuare a escludere aspiranti genitori spesso desiderosi di prendersi cura anche dei bambini più fragili e altrimenti destinati a rimanere senza una famiglia.