Corriere della Sera, 10 marzo 2018
Il Niger ferma (di nuovo) la missione italiana
ROMA L a missione militare in Niger è ormai in stallo. Per la seconda volta il governo di Niamey dice no all’arrivo dei soldati italiani da impiegare contro l’immigrazione clandestina e il terrorismo. Nonostante la squadra di 40 specialisti inviati in Africa dopo l’approvazione della delibera di Palazzo Chigi (avvenuta in Parlamento il 17 gennaio scorso) abbia già effettuato il sopralluogo ricognitivo e di pianificazione in vista della prima partenza di 100 uomini prevista per giugno, tutto rischia di fermarsi. L’ultimo stop è stato comunicato ieri dal ministro dell’Interno, Mohamed Bazoum, che ha ripetuto quanto era già trapelato dal ministero degli Esteri due mesi fa sulla contrarietà all’invio del contingente, rilanciato dall’emittente francese Rfi. E proprio questo aveva accreditato l’ipotesi che dietro questa «chiusura» ci fosse il governo di Parigi, che ha un contingente presente in quell’area con un ruolo di primo piano, insieme con Stati Uniti e Germania. Una situazione che mette all’angolo l’Italia, anche se il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha due lettere di richiesta firmate dal collega Kalla Moutari e la nostra presenza in Niger viene ritenuta strategica.
«Solo esperti»Parla a Rainews il ministro Bazoum e definisce «inconcepibile» la missione. Sostiene di aver appreso la notizia dell’invio dei militari «dai media, perché non ci sono mai stati contatti in merito tra Roma e Niamey». In realtà Pinotti ha incontrato Moutari il 26 settembre scorso e poi ha consegnato al Parlamento due lettere datate 1° novembre 2017 e 15 gennaio 2018 con le quali le autorità del Niger chiedono all’Italia cooperazione «per l’addestramento per il controllo dei confini». Ma Bazoum ribadisce che si può pensare al massimo a una «missione di esperti, senza ruoli operativi» e in ogni caso esclude possano essere 470 come era stato deciso. La posizione dell’Italia era stata chiarita, dopo l’approvazione della delibera, dal ministro degli Esteri Angelino Alfano: «Il dispiegamento della missione non può che avvenire su richiesta delle autorità nigerine e sulla base di consenso per rispettare profondamente la sovranità del Niger. Sono ovvietà, ma nell’ambito del diritto internazionale è fisiologico che sia così».
Uomini e mezziA questo punto bisognerà stabilire quale sia la forza prevalente all’interno del governo di Niamey. Anche perché l’impegno prevede una presenza pure in Mauritania, Nigeria e Benin con l’invio di 120 persone nel primo semestre 2018 per arrivare a 470 soldati entro la fine dell’anno, 130 mezzi terrestri tra cui Lince e due velivoli C130. In particolare il progetto prevedeva l’invio di personale per lavori infrastrutturali; una squadra di rilevazioni contro le minacce chimiche-biologiche-radiologiche-nucleari (Cbrn); una unità di supporto e «force protection»; una unità per la raccolta informativa, sorveglianza e ricognizione a supporto delle operazioni (Isr). Il tutto per una spesa di circa 30 milioni di euro.