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 2018  marzo 12 Lunedì calendario

Ascensore d’acqua come a Panama. Ora torneremo a navigare sul Po

Isola Serafini ( Piacenza) Non esiste più la “dogana fluviale” di Isola Serafini, che impediva la navigazione del Po fino a Pavia e alla foce del Mincio. Da anni, la barriera costituita dalla diga Enel al confine tra Emilia e Lombardia era un ostacolo quasi invalicabile per barche e pesci, ma dal 23 marzo il grande fiume non sarà più spezzato da un salto d’acqua di 12 metri che ostacolava come un dazio turismo e transito di merci. Con 47 milioni investiti tra Europa (7) ed Emilia Romagna ( 40) è stata costruita la conca di navigazione che farà di Isola Serafini la “Panama padana”. Un “ascensore d’acqua” lungo 120 metri, largo 12 e profondo 10 consentirà a navi merci e da crociera di risalire il fiume.
La vecchia conca costruita negli anni 60 era fuori uso da tempo. Il Po ha il fondale in continua metamorfosi, per i depositi, ma anche per l’alveo che negli ultimi decenni si è abbassato di 5 metri, anche a causa dei massicci scavi eseguiti in passato, quando la sabbia del fiume finiva a tonnellate nei cantieri. Il tutto ha reso inservibile il vecchio impianto, con l’effetto di azzerare la navigazione e spostarne gran parte nel più moderno “Canal Bianco” che collega Ostiglia, nel Mantovano, a Rovigo. Una via alternativa che mantiene sempre la profondità necessaria grazie a 5 chiuse, ed essendo un corso d’acqua senza forti flussi in risalita dall’Adriatico consente di risparmiare tempo e carburante, non dovendo andare controcorrente.
Il funzionamento della conca è semplice. Due corridoi (mandracchi) a monte e a valle portano ad altrettanti sbarramenti, simili ad ante di armadio. Quando le barche si avvicinano dal lato a valle, il più basso, si apre la porta corrispondente, mentre l’altra resta sbarrata. Poi, la paratia si chiude e l’imbarcazione si trova in un bacino allagato gradualmente, attraverso condotti, dall’acqua a monte, 12 metri più alta. A riempimento concluso, l’imbarcazione è allo stesso livello del fiume dal lato sorgente: così, una volta aperta la paratia a prua, può proseguire verso Piacenza. La manovra contraria viene effettuata in direzione opposta, senza pompe e con un solo manovratore: riempimenti e svuotamenti avvengono per gravità. Finora, il passaggio poteva avvenire solo con piccole imbarcazioni, spostate da una parte all’altra con una gru. Il 23, invece, il nuovo impianto verrà tenuto a battesimo dalla motonave “Stradivari”, una delle pochissime che ancora muovono turisti tra Mantova e Piacenza. L’imbarcazione, attraccata a Boretto, nel Reggiano, è lunga 62 metri e sarà un banco di prova determinante.
Dal nuovo ascensore d’acqua ci si aspetta un’ascesa anche del turismo sul fiume. «Fino ai primi anni 2000, qui circolavano grandi motonavi, con crociere fluviali che partivano da Venezia – spiega il capitano della Stradivari, Giuliano Landini – C’erano armatori olandesi, tedeschi e francesi con imbarcazioni di 110 metri. Ma un po’ per le magre dopo estati caldissime, un po’ perché il fondale non viene dragato e soprattutto per lo sbarramento di Isola Serafini, che limitava i tragitti, hanno gettato la spugna».
Un indotto che invece potrebbe avere potenzialità simili ai grandi fiumi europei, vista la vicinanza di città d’arte come Parma, Mantova e Cremona e di territori con presenze culturali come quelle di Verdi, Ligabue e Zavattini, abbelliti da lasciti architettonici dei Gonzaga come Sabbioneta e Guastalla. Senza contare la gastronomia: a parmigiano, culatello, prosciutto, lambrusco ora si aggiungono i piatti di pesce d’acqua dolce visto che nel Po, finalmente in acque migliori, si rivedono arborelle, cavedani, lucci, anguille e persino storioni.
«Si potrà ricominciare», riprende Landini, che ha lanciato per aprile il programma naturalistico- gastronomico “Lambruschetta”, con la motonave che si muoverà per 30 chilometri tra Torricella (Parma) e Boretto, unendo degustazioni a bordo e pedalate sulla ciclabile che corre sulle strade alzaie. Da queste parti infatti passerà la ciclovia che dovrebbe unire Venezia a Torino.
Il rilancio della navigazione potrà interessare anche le merci, come quando il Po era un’autostrada d’acqua percorsa dalle petroliere che alimentavano le centrali elettriche di Porto Tolle, Sermide o Piacenza e dalle bettoline cariche di granaglie o profilati d’acciaio. Non poco, se si pensa che oggi una chiatta può portare fino a mille tonnellate, quanto 50 Tir.