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 2018  marzo 12 Lunedì calendario

Ma la guerra commerciale spaventa l’Europa dell’auto

Uno spettro si aggira per l’Europa delle quattroruote. È il fantasma dei dazi che gli Stati Uniti di Donald Trump minacciano contro l’auto del Vecchio Continente. L’eventualità di una guerra commerciale spaventa l’industria automobilistica europea per le ripercussioni sui programmi più innovativi che si preparava a intraprendere. Sono in gioco programmi e investimenti miliardari sui motori elettrici e sulla guida autonoma che oggi vedono scambi e collaborazioni fra le due sponde dell’Atlantico. L’Acea (Associazione che riunisce i 15 maggiori costruttori europei di automobili) teme che questi programmi vengano messi in discussione, allontanando le possibilità di sviluppo del settore. Mentre a livello politico le cancellerie europee temono gli inevitabili contraccolpi sul fronte occupazionale di quella che rimane una delle più importanti attività industriali del continente. Anche perché gli Stati Uniti sono al primo posto tra i destinatari delle esportazioni di auto europee e italiane.
Il settore automobilistico rappresenta il 10% degli scambi commerciali complessivi fra Europa e Stati Uniti e gli Usa sono oggi il terzo grande esportatore di auto in Europa in termini di valore, pari al 15,4% delle importazioni europee nel 2017. Lo scorso anno gli Stati Uniti sono stati anche i primi destinatari delle esportazioni europee di automobili, sia in termini di unità (20,4%) sia di valore (29,3%). Senza contare il ruolo importante che i costruttori europei giocano nel mercato americano, tanto che alcuni di essi, come Bmw, hanno alcune tra le loro fabbriche più importanti proprio negli Usa.
Gli Stati Uniti sono molto importanti anche per l’industria automobilistica italiana, come indicano i dati dell’Anfia rilevati a novembre 2017: con un valore di 469 milioni, gli Usa rappresentano il primo Paese dell’export di autoveicoli per l’Italia.
Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles, nata dall’unione fra l’italianissima Fiat e l’americana Chrysler, oltre che numero uno della Ferrari, ha rivelato al Salone di Ginevra che i dazi costerebbero a Maranello 200 milioni di euro l’anno. Le ripercussioni sulla vendita della Rossa negli Usa sarebbero probabilmente quasi nulle, visto che chi compra Ferrari difficilmente fa una questione di prezzo, tanto che le richieste sono costantemente superiori all’offerta. Diverso il discorso per marchi come Alfa Romeo, Maserati, 500 e persino per la Jeep Renegade che viene prodotta a Melfi in Italia ed esportata negli States. Soprattutto per il futuro «polo del lusso» basato su Maserati e Alfa, il colpo potrebbe essere durissimo.
Marchionne è consapevole del rischio e, sempre a Ginevra, ha esortato l’Europa alla prudenza, a non infilarsi nel tunnel delle rappresaglie economiche. «Anche perché – ha detto – se si dovesse fare la guerra dei dazi alla fine vincerebbe l’America. Basta guardare la sua bilancia commerciale: importa più di quanto esporta». Prudenza invocata anche da Marco Tronchetti Provera, amministratore delegato della Pirelli: «È interesse di tutti far crescere in modo equilibrato l’economia».