la Repubblica, 10 marzo 2018
Hanno spento il Var, la fine delle certezze sul calcio trasparente
I conservatori hanno sfidato da tempo i progressisti, e la partita per l’uso della tecnologia nel calcio somiglia a uno scontro fra due mondi inconciliabili. L’ultimo episodio da moviola sotto gli occhi è il rigore negato alla Juventus a Wembley, per il fallo di Vertonghen su Douglas Costa: non c’era nessun Var, l’altra sera, a correggere la decisione che avrebbe cambiato la partita. E nessun monitor avrebbe salvato Buffon dal 2- 2 di Kane in evidente fuorigioco, se Barzagli non avesse spazzato sulla linea. Ma non è un problema di ritardi nell’innovazione: in Champions il Var non c’è e non ci sarà, per una scelta precisa. E a questa dimensione antica potrebbe tornare la Serie A se il Video assistant referee, che è al secondo anno di sperimentazione dopo una stagione di test off- line, non venisse confermato. Non è questa la linea tracciata: Federcalcio e Lega hanno fatto un investimento economico – circa 4 milioni – e d’immagine nel trasformare l’Italia in un uno dei Paesi pionieri della tecnologia. A fine stagione la Figc invierà una relazione all’Ifab con i risultati e poi attenderà istruzioni sul nuovo protocollo. Però il capo dell’Aia, Marcello Nicchi, ha lasciato spazio anche ai dubbi: «Non so ancora dire se il Var ci sarà nella prossima stagione, intanto lavoriamo per migliorarlo».
La realtà è che in Serie A si assiste da settimane a una crisi di rigetto per la novità, forse per il malessere diffuso di una parte degli arbitri che vogliono invece rivendicare la centralità del ruolo sul campo. Di sicuro il Var ha scalato una marcia e rallentato la velocità: dalla portata dirompente e rivoluzionaria del girone d’andata ha assunto ora una posizione più discreta e meno invasiva. A gennaio, nell’incontro con gli allenatori, gli arbitri avevano snocciolato i numeri parziali della sperimentazione: 1078 verifiche con la moviola, 60 decisioni corrette in 210 partite, 11 errori, di cui 7 decisivi ai fini del risultato. E illustrato le prime variazioni al protocollo, lasciando più discrezionalità ai guardalinee sul fuorigioco e chiedendo invece di rivedere al monitor ogni fallo di mano in area. Quello che è sotto gli occhi di tutti è che, adesso, gli stessi provano a fidarsi più del proprio occhio e ricorrono sempre meno al video. Anche a costo di sbagliare. Banti non è stato portato a rivedere i contatti sospetti su Dybala e su Lucas Leiva in Lazio-Juventus, come Pairetto ha deciso di negare al Benevento il rigore di Ranocchia su Cataldi. Nella prima metà del torneo, il Var ha assegnato 18 rigori in più e ne ha cancellati 7 già fischiati sul campo. Nel ritorno, fin qui ne ha “aggiunti” solo 4 in più e ne ha cassati altrettanti. Non è un caso: sulla valutazione dei contatti la discrezionalità del direttore di gara resiste ancora all’evidenza della tv. Il trend lo ha sottolineato anche l’ex internazionale Tiziano Pieri: «C’è un drastico calo dei rigori concessi, mentre sono aumentati i gol annullati e le espulsioni decise tramite il Var. L’ipotesi è che si stia cercando di farne un uso più attento affidandosi alla tecnologia solo nei casi eclatanti. Però sono aumentati gli errori evidenti».
Il telespettatore, ormai, prima di prendere posto sul divano s’informa sulle regole d’ingaggio: stasera che tipo di calcio si gioca? Italia- Svezia, la partita che a novembre ha escluso gli azzurri dal Mondiale dopo 60 anni, si è disputata senza alcun ausilio tecnologico, con quattro errori che hanno conservato lo 0-0 finale. Magari, fra tre mesi la stessa Svezia verrà salvata dal Var, che in Russia sarà adoperato. Dopo il via libera dell’International Board, che una settimana fa ha autorizzato la videoassistenza nelle competizioni ufficiali, il consiglio della Fifa venerdì prossimo a Bogotà ne formalizzerà l’impiego al Mondiale. L’Uefa, invece, ha già comunicato che non la utilizzerà in Champions: «Nessuno ancora sa esattamente come funziona. C’è ancora molta confusione», ha spiegato il presidente Ceferin, confermando dunque che le resistenze non sono legate solo a costi e di tempi, ma derivano da una diversa visione prospettica. Il presidente Fifa Infantino è invece entusiasta: “Si perdono solo 90 secondi a partita per il Var, contro i sette minuti sprecati per i falli laterali”. La stessa dialettica internazionale si era registrata davanti alla Goal line technology. La Fifa la testò alla Confederations Cup 2013 per poi introdurla al Mondiale in Brasile. L’Uefa, invece, vi ha ceduto solo due anni più tardi, e ha comunque difeso la figura dell’arbitro di porta. Cioè quel souvenir del passato che l’altra sera, a pochi metri dall’azione e con visuale sgombra, ha sbagliato la decisione sull’intervento del difensore belga del Tottenham. A lungo lo scontro è stato impersonato da Blatter e Platini, poi accomunati dalla fine politica. Adesso pure il vecchio Sepp si è schierato contro il Var in Russia: «Vi prego, non usate il Mondiale per fare esperimenti». Il dubbio in effetti c’è: una squadra eterogenea di arbitri dovrà essere formata in pochi mesi all’uso della videoassistenza che pochi hanno utilizzato online nel campionato di provenienza. La Liga la adotterà dal prossimo anno con l’ausilio di Media Pro. La Premier potrebbe aspettare un altro anno: «Siamo il torneo più ricco del mondo e dobbiamo valutare l’impatto della novità», ha spiegato Martin Glenn, capo della Football Association. I test in Fa Cup sono stati contraddittori: in Tottenham-Rochdale 6-1, 5 gol su 7 sono stati passati al setaccio della tv. «Così si uccidono le emozioni», ha detto Pochettino. Che contro la Juve ha benedetto il Var spento.