Corriere della Sera, 9 marzo 2018
Il dramma di Antonietta. Lo psicologo le ha detto che le figlie sono morte
Antonietta Gargiulo non ricordava nulla. E quando ieri si è pienamente risvegliata da una settimana di profonda sedazione farmacologica, dopo i primi accenni di due giorni fa, ha trovato attorno a sé una delle sue due sorelle con suo marito, il fratello e tre persone con il camice da medico, che ha scoperto poi essere due psicologhe e un anestesista del San Camillo di Roma.
Così, un passo per volta, attraverso le parole calibrate di chi le era a fianco, la 39enne ha realizzato di trovarsi in un letto di ospedale, di essere seriamente ferita seppur in ripresa, di aver subito un’aggressione da parte del marito, Luigi Capasso, e soprattutto di aver perso per sempre le sue due figlie per mano del carabiniere che si è poi ucciso. Appresa la notizia, la donna colpita da tre proiettili una settimana fa, davanti alla sua casa di Cisterna di Latina, è rimasta impietrita. Dicono che non ha nemmeno pianto.
Che lei non avesse memoria di quanto accaduto era una delle ipotesi che lo staff di supporto del San Camillo aveva già messo in conto. Lo choc di trovarsi di fronte il marito armato all’alba di un giorno qualunque, le ferite, il lungo periodo di incoscienza avevano indotto la sua mente a cancellare la fotografia di quegli attimi, quando a terra davanti all’ingresso del box auto invocava l’aiuto dei vicini temendo per le sue figlie, Alessia di 13 anni e Martina di 7. Da qui è partito il racconto di medici e familiari, in un incontro durato oltre un’ora e che ha lasciato molto provati tutti i partecipanti.
A parlare per primo è stato l’anestesista. Ha fatto una panoramica sulle sue condizioni cliniche, le ha spiegato che lei non può aprire la bocca perché ha una mandibola immobilizzata in seguito all’intervento di ricostruzione a cui è stata sottoposta, le ha detto delle altre due ferite, meno gravi, all’addome e alla clavicola. Le ha detto che «va già meglio», che «il peggio – dal punto di vista medico – è ormai passato» e che presto potrà uscire dalla terapia intensiva. Così, assieme ai parenti, ha cominciato a parlare dell’origine di quel ricovero.
Gli psicologi l’hanno aiutata a ricordare gli ultimi burrascosi mesi col marito, che non viveva più a casa e che lei stessa aveva denunciato. E le hanno detto, mentre sorella e fratello le tenevano le mani, che a sparare era stato proprio quell’uomo. Infine, con la massima cautela, le è stato detto delle figlie.
E qui è stato decisivo il conforto dei familiari, che hanno cercato di tranquillizzarla. «Non resterai sola, ci siamo noi, saremo sempre con te», le hanno ripetuto più e più volte. Il ruolo della famiglia, arrivata al completo da Napoli (i genitori, l’altra sorella, parenti) è la chiave della fase che si apre ora per Antonietta.
Il loro supporto, la capacità di essere presenti e di trasmettere unità e vicinanza alla 39enne è stata lodata anche dagli psicologi che tengono in massimo conto l’ambito affettivo oltre che l’aspetto psichico per aiutarla a superare, per quanto possibile, il dramma che sta vivendo.
È stata la famiglia a chiedere che lei venisse aggiornata prima dei funerali delle bambine, in programma oggi a Cisterna. Anche se gli incontri sono resi complessi dalle rigidità della terapia intensiva, Antonietta non verrà lasciata mai sola.